Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliEco raffinata della grande Atene, potenza commerciale del mare Adriatico, crocevia di culture del mondo mediterraneo, tesoro di rara ricchezza: questo era l’antica Spina etrusca, una città potente, dimenticata per secoli e inaspettatamente ritrovata in un territorio «marginale» del ferrarese, in un’area valliva che, esattamente un secolo fa, quasi inaspettatamente scopriva di essere di grande importanza per l’archeologia italiana.
Fondata dagli Etruschi sulla sponda destra dell’Eridano, antico corso del Po, attorno alla metà del VI secolo a.C., Spina divenne il porto privilegiato di Atene nel nord Adriatico, assumendo il controllo dei traffici verso l’intera valle padana e un’importanza tale da ottenere uno dei massimi onori per il mondo antico, quello di possedere un «tesoro» nel grande santuario di Delfi.
Sulla fine del IV secolo a.C., con la calata delle popolazioni celtiche, l’espansione di Siracusa e il tramonto dell’influenza greca, la città inizia il suo declino e l’insediamento etrusco cade nell’oblio, mentre i mutamenti geomorfologici trasformano il paesaggio deltizio, finché se ne perde ogni riferimento. La vicenda del suo ritrovamento inizia nel 1922 con l’avvio delle bonifiche del territorio vallivo comacchiese, quando nell’area di Valle Trebba si scopre la prima tomba della necropoli.
Un’avventura che porta alla scoperta di oltre 4mila tombe e che culmina nel 1956 con il ritrovamento del sito dell’antico abitato, sul quale ancora oggi sono in corso indagini. Iniziano dunque proprio a Comacchio, tra i canali e gli scorci della pittoresca città dei pescatori, le celebrazioni di un centenario identitario e profondamente sentito, promosso dal Ministero della Cultura e dalla Direzione Generale Musei, che si articolerà in una serie di iniziative editoriali, convegni ed esposizioni.
«Spina 100. Dal mito alla scoperta» è infatti la prima di una serie di tre mostre (le prossime saranno al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, tra dicembre 2022 e aprile 2023, e al Museo di Villa Giulia a Roma, nella primavera 2023), intorno alle quali si concentreranno per un anno le narrazioni di questa storia affascinante, che continua a offrire prospettive di sviluppo anche in relazione a temi attuali, come il rapporto tra cultura e ambiente e la salvaguardia del patrimonio.
Coinvolgente il percorso espositivo, una sequenza di ambienti che accompagna la visita dell’antica città etrusca e del suo prezioso tesoro, tra cui spicca una grande varietà di corredi vascolari. Un suggestivo viaggio nel tempo alla scoperta delle origini di un mito, coordinato da un nutrito comitato scientifico e da Caterina Cornelio Cassai, direttrice del Museo Delta Antico di Comacchio.
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