Graziella Melania Geraci
Leggi i suoi articoliTiziana D’Angelo, direttrice del Parco Archeologico di Paestum e Velia, ci ha raccontato l’evolversi della scoperta. «Nel giugno 2019, nell’ambito di un progetto di restauro e messa in sicurezza della cinta muraria di Paestum con la pulitura della fitta vegetazione appena all’interno delle mura, iniziarono a emergere in superficie frammenti architettonici come metope e rocchi di colonne. Era da molto tempo che non si indagava quella zona in cui vi sono alcuni metri di rispetto all’interno e all’esterno della cinta muraria e non tutto il terreno che si trova nel perimetro è di competenza del Parco: svariati terreni appartengono a privati e molti altri sono campi agricoli.
L’area in cui stiamo scavando è in parte costituita da campi i cui segni di aratura sono diventati visibili nel corso dello scavo stratigrafico insieme ai danni provocati sullo stilobate del tempio. Da ciò si è evinto che il basamento si trovava in una posizione superficiale del terreno. Hanno iniziato a emergere frammenti a decine, poi centinaia e sono iniziate ulteriori indagini grazie all’utilizzo della fotografia aerea, ma soprattutto prospezioni geofisiche che hanno confermato, tra la fine del 2019 e l’inizio 2020, l’esistenza di una struttura templare. L’avvio di una campagna stratigrafica, precedentemente programmata, fu immediatamente sospesa a causa della pandemia».
Quando è ripartito lo scavo?
Nell’agosto 2022 e ciò che è emerso è il basamento (o crepidoma) del tempio con parti dello stilobate: si conoscono le misure dell’edificio, 15,60 m di lunghezza per 7,50 m sulle facciate corte con un colonnato di 4 colonne sul fronte e 7 sul lato. I frammenti dorici e le decorazioni fittili del tetto suggeriscono una datazione intorno all’inizio del V secolo a.C., in un momento particolare per la città che era colonia magnogreca nel periodo di transizione tra età arcaica ed età classica, fase di forte crescita e di importante monumentalizzazione.
Il tempio può far luce su questo periodo e sullo sviluppo del dorico che inizia ad acquisire forme classiche; è quasi un tempio di transizione tra i due templi dorici arcaici e il tempio di età classica di Paestum. Le dimensioni risultano essere quasi un quarto del tempio di Nettuno e anche l’altezza si ipotizza sia stata inferiore ai 3 m, con più o meno lo stesso orientamento degli altri templi pur trovandosi in una zona completamente diversa. Gli altri erano in una zona pubblica della città mentre questo tempietto è in una zona liminare, di confine, anche se la cinta muraria attuale è successiva al V secolo a.C. il tempio è appena all’interno delle mura e nei pressi del mare la cui linea di costa era molto più vicina di adesso. Resta da indagare quanto la presenza del mare fosse fondamentale per il culto.
La posizione ha tutelato il tempietto da spoliazioni. Quali reperti sono venuti alla luce?
A parte i danneggiamenti su alcuni punti dello stilobate, il contesto risulta non disturbato. Sono stati trovati circa 250 frammenti architettonici tra triglifi, metope e capitelli, ma la maggior parte dell’alzato del tempio non è sopravvissuto probabilmente a causa del riutilizzo dei materiali anche in epoca successiva all’abbandono del tempio.
C’è un altare in asse con il tempio, a una distanza di 9 m a est, ben conservato e con ampie porzione di decorazioni, una pietra inclinata posta di fronte all’altare con una scanalatura al centro che doveva servire per i liquidi sacrificali. Stiamo procedendo stratigraficamente e la fase che abbiamo indagato fino ad ora appartiene all’ultimo periodo di frequentazione del tempio, quindi si tratta di materiali del III-II e I secolo a.C., la fase coloniale latina (Paestum diventa colonia nel 273 a. C.). Quello che leggiamo dall’evidenza archeologica è una continuazione d’uso del santuario dall’edificazione in età greca fino al I secolo a.C.
Nella sua ultima fase, nell’area di circa 60 metri quadrati tra il tempio e l’altare, sono state sistemate centinaia di ex voto che rappresentano animali, offerenti e molteplici divinità tra cui Afrodite, Apollo e Dioniso, una varietà normale ma che in questa fase non facilita l’individuazione della divinità a cui è dedicato il santuario. Abbiamo terminato l’indagine di questo strato, rimosso i materiali ex voto, quindi ci aspettiamo di indagare negli strati più profondi il IV e poi il V secolo a.C., l’epoca greco-lucana.
È già stato avviato il restauro dei reperti rinvenuti? Quando sarà possibile esporli?
Delle 180 cassette di materiali si è proceduto alla loro documentazione, alcuni reperti sono in fase di restauro come materiali fittili, sime e gocciolatoi, e vi sono molti frammenti da ricomporre. Siamo pronti per inaugurare la prima parte del nuovo allestimento del Museo Archeologico Nazionale probabilmente tra maggio e giugno, all’interno del nuovo allestimento sono previste delle vetrine che saranno dedicate a nuovi scavi e ricerche.
Saranno come esposizioni temporanee in cui vogliamo raccontare i progetti in corso, scavi, restauri, materiali dei depositi e lo faremo a rotazione nelle vetrine costantemente riallestite. La prima di queste mostre sarà dedicata proprio al tempietto dorico quindi ci sarà già modo di vedere alcuni di questi materiali, raccontando il dietro le quinte, quello che stiamo facendo, le domande ancora aperte, per condividere con il pubblico i nostri dubbi e i progressi che stiamo facendo.
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