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PRIMATTORI
Sin dall’inizio l’artista britannica lavora su un unico soggetto: sé stessa, il suo corpo, i suoi desideri, il suo dolore. Eppure, l’ex (?) bad girl riesce a parlare a tutti, forse più di quanto non facciano molte ambiziose opere politicamente corrette esposte alle «etnobiennali» di oggi
Il recente boom di mercato dell’artista ne rivaluta, a sorpresa, i dipinti più provocatoriamente convenzionali e commerciali che fecero storcere il naso ai critici. Ora se ne parla paragonandolo a de Chirico e a Morandi e i suoi colleghi oggi più in voga lo citano come un modello e un precursore
Modelli, modelle e amanti del «diavolo divino della pittura britannica» sfilano alla National Portrait Gallery di Londra. Ma la «human presence» di questa mostra non è solo autobiografia e gossip: attraverso la figura umana, tema e rovello di tutta l’arte europea, Bacon riannodò il filo spezzato dalle avanguardie storiche e, ultimo pittore «antico», anticipò quella che sarebbe diventata l’«ossessione corporale» dell’arte contemporanea, da Nan Goldin a Damien Hirst
Artista, bibliotecario, insegnante privato di francese, organizzatore e geniale allestitore di mostre: il suo celebre orinatoio capovolto è stato considerato l’opera più influente del XX secolo. Usava lo sberleffo contro la seriosità delle avanguardie storiche, e intanto continuava a scandagliare temi come il corpo, l’erotismo e il ruolo dello spettatore
A 92 anni l’artista tedesco è uno dei più ricchi e più imitati del mondo. I suoi ammiratori lo indicano come l’unico erede possibile degli antichi maestri, un pittore il cui vero soggetto è la pittura stessa, ma c’è anche chi sospetta che il suo trasformismo stilistico sia una strategia commerciale capace di sfruttare e di estetizzare anche l’Olocausto
Queer, donna, nera, parzialmente africana. L’astrazione ha permesso che la bambina fuggita dall’Etiopia a sette anni venisse dichiarata ufficialmente genio. Ma neanche lei è riuscita a riscattare l’arte non figurativa dalle accuse di essere pura decorazione. O, peggio, «Lobby Art»
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Prosegue l’ascesa dell’artista francoamericana nata il 25 dicembre 1911 e scomparsa nel 2010. Un mito autoalimentato, un’icona creata dalla più conformista correttezza politica o una scultrice la cui influenza si è estesa ben oltre il ghetto dell’«arte donna»?
Ha le stesse iniziali del suo grande modello americano e ha inventato il «Pop attivismo». Ma l’artista, architetto e regista cinese è talmente autoreferenziale che finisce con l’attutire le reazioni che vorrebbe provocare
Nel cinquantenario dalla morte, il prossimo anno Picasso verrà di nuovo messo in discussione. Innovatore o prosecutore della storia della pittura occidentale? Instancabile creatore o «liquidatore finale» di un’illustre tradizione? Genio o provocatore?
È diventato l’artista vivente più ricco al mondo imponendo il suo brand anche ai galleristi e trasformando l’arte da bene speculativo a prodotto di lusso
Entrato in scena nel 1980, il gallerista californiano ha creato il più vasto network multinazionale mai esistito e ora deve vedersela con una concorrenza sempre più aggressiva. Ha perso l’esclusiva su Gorky e Koons, ma ha ottenuto quella su Donald Judd e Brice Marden.
Da quasi quarant’anni uno storico dell’arte geniale e straripante è sulla scena (non solo televisiva) della politica e della cultura. Lui dice che di Sgarbi ce ne sono due, ma l’impressione è che siano molti di più, a volte in contraddizione tra loro
Hans Ulrich Obrist, famoso per le sue interviste e la sua ubiquità è stato il simbolo della generazione post Szeemann: non più un demiurgo ma un «facilitatore degli artisti». Ma ora c’è un problema: gli artisti, forse, non sanno più che farsene dei curatori
Non solo è ancora il re assoluto della Pop art, ma è il capostipite di un presente in cui dominano gli artisti che diventano il brand di sé stessi e una strategia estetica in cui è la confezione che afferma il prodotto. Oggi i suoi colleghi di maggior successo sono quelli che gli somigliano di più