PRIMATTORI

A 92 anni l’artista tedesco è uno dei più ricchi e più imitati del mondo. I suoi ammiratori lo indicano come l’unico erede possibile degli antichi maestri, un pittore il cui vero soggetto è la pittura stessa, ma c’è anche chi sospetta che il suo trasformismo stilistico sia una strategia commerciale capace di sfruttare e di estetizzare anche l’Olocausto

Queer, donna, nera, parzialmente africana. L’astrazione ha permesso che la bambina fuggita dall’Etiopia a sette anni venisse dichiarata ufficialmente genio. Ma neanche lei è riuscita a riscattare l’arte non figurativa dalle accuse di essere pura decorazione. O, peggio, «Lobby Art»

Nel 1968, a 33 anni, moriva il geniale artista pugliese. E mentre, 56 anni dopo, la Fondazione Prada lo celebra con una retrospettiva, lui continua a esercitare il suo maggior talento: la libertà di non potere e dovere essere etichettato in nessuna tendenza, tantomeno l’Arte povera

Nel 2025 cadrà il centenario della nascita di un artista cardine del XX secolo. Sarà forse l’occasione per tentare una più precisa identificazione del «patriarca» dell’Arte povera: se è stato l’interprete più «iconico» del Concettualismo o, come sostenne Harald Szeemann accostandolo a Joseph Beuys, uno degli ultimi grandi visionari, capace di mostrarci «il lato in ombra di logos e ratio»

Le controversie di un’artista idolatrata da ormai settant’anni

Artista, bibliotecario, insegnante privato di francese, organizzatore e geniale allestitore di mostre: il suo celebre orinatoio capovolto è stato considerato l’opera più influente del XX secolo. Usava lo sberleffo contro la seriosità delle avanguardie storiche, e intanto continuava a scandagliare temi come il corpo, l’erotismo e il ruolo dello spettatore

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Nel cinquantenario dalla morte, il prossimo anno Picasso verrà di nuovo messo in discussione. Innovatore o prosecutore della storia della pittura occidentale? Instancabile creatore o «liquidatore finale» di un’illustre tradizione? Genio o provocatore?

È diventato l’artista vivente più ricco al mondo imponendo il suo brand anche ai galleristi e trasformando l’arte da bene speculativo a prodotto di lusso

Entrato in scena nel 1980, il gallerista californiano ha creato il più vasto network multinazionale mai esistito e ora deve vedersela con una concorrenza sempre più aggressiva. Ha perso l’esclusiva su Gorky e Koons, ma ha ottenuto quella su Donald Judd e Brice Marden.

Da quasi quarant’anni uno storico dell’arte geniale e straripante è sulla scena (non solo televisiva) della politica e della cultura. Lui dice che di Sgarbi ce ne sono due, ma l’impressione è che siano molti di più, a volte in contraddizione tra loro

Hans Ulrich Obrist, famoso per le sue interviste e la sua ubiquità è stato il simbolo della generazione post Szeemann: non più un demiurgo ma un «facilitatore degli artisti». Ma ora c’è un problema: gli artisti, forse, non sanno più che farsene dei curatori

Non solo è ancora il re assoluto della Pop art, ma è il capostipite di un presente in cui dominano gli artisti che diventano il brand di sé stessi e una strategia estetica in cui è la confezione che afferma il prodotto. Oggi i suoi colleghi di maggior successo sono quelli che gli somigliano di più

L’artista americano, il più quotato tra i viventi, imperversa per la seconda volta in pochi anni a Firenze mietendo il solito consenso di un pubblico che lui vuole liberare dalle inibizioni provocate da un’arte contemporanea troppo «difficile». Un figlio di Warhol? No, un devoto nipote di Dalí

Apparso sulla scena alla fine degli anni Novanta, l’artista non più troppo misterioso oggi è un brand di successo, anche se ora le sue opere sembrano quelle di un «indignato moderato». E intanto la Street art, rinunciando alla sua anima clandestina, sta diventando una nuova specie di arte di Stato

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