Con un centinaio di gallerie nella nuova sede del padiglione D della fiera di Vienna (Halle D, Messe Wien), con un budget di 1,7 milioni di euro, e soprattutto con una nuova direzione, tra il 12 e il 15 settembre la fiera di arte contemporanea viennacontemporary cerca il rilancio. A guidare la manifestazione nata nel 2005 col nome Viennafair, e poi mutata via via fino ad assumere l’assetto attuale, è stata chiamata Francesca Gavin. Nonostante il nome dagli echi italiani, la curatrice, giornalista, autrice e conduttrice radiofonica non è italiana: «Ho radici russe, polacche, armene, irlandesi e lettoni. Insomma: sono europea», dichiara. Ha conosciuto Vienna attraverso il gruppo Gelitin mentre co-curava «Manifesta 11» a Zurigo nel 2016 e se ne è innamorata, tornando più e più volte: «A dire il vero ormai è un po’ come se lavorassi per l’Ente del Turismo: dico a tutti quanto sia bello qui», spiega ridendo. Dopo un rodaggio l’anno scorso come curatrice della sezione Zone1 di viennacontemporary, dall’edizione 2024 ha preso le redini dell’intera gestione artistica della manifestazione, succedendo a Boris Ondreicka. «È stata, per così dire, un’evoluzione naturale. Dato il mio background curatoriale e editoriale, trovo che dirigere ora questa fiera sia una felice fusione delle mie competenze».
La visione di Gavin di viennacontemporary è ambiziosa: «Vorrei che settembre diventasse il mese in cui gli operatori di settore e il pubblico mettessero in agenda Vienna come città in cui convergere, dove fare scoperte e trovare opportunità. Basta guardare all’esplosione del mercato dell’arte in Polonia negli ultimi anni per capire che è possibile anche qui». Al momento non rimpiange la sua base londinese e nemmeno Berlino, dove ha vissuto per qualche tempo: «Qui un artista può davvero permettersi di vivere; ci sono molti più project spaces che in qualsiasi altro posto, ci sono fermenti artistici e c’è un buon gruppo di galleristi giovani emergenti. L’arte e la cultura sono facilmente accessibili. Londra è una continua lotta: è estremamente costosa se ci vuoi vivere, ma anche se vuoi gestire una galleria. È certamente molto internazionale ma è molto, troppo grande, mentre a Vienna raggiungi tutto in venti minuti». Fuori luogo sarebbe comunque per Gavin un confronto fra le due città dal punto di vista di volumi e quote delle transazioni d’arte. «È evidente che con viennacontemporary non cerchiamo di competere con quel livello del mercato dell’arte, sarebbe sciocco e del resto non è necessario: io credo vi sia spazio per una forte fiera di carattere regionale, con opere che non trovi altrove, e dove senti di poter trovare delle novità. Se penso a Londra, ho potuto osservare come una fiera forte quale è Frieze sia stata in grado di attivare un’intera città per gli appassionati dell’arte, per cui il risultato è che, a Londra, ottobre è diventato un mese entusiasmante. Ecco: in una scala più piccola è quello che vorrei accadesse anche qui».
Nonostante un pregresso di viennacontemporary, non sempre positivo, Gavin è convinta del potenziale offerto dalle infrastrutture viennesi e dalla posizione geografica tra l’est e il sud est europeo: «Finora un terzo delle gallerie partecipanti è sempre stato dall’est europeo e io voglio mantenere questo focus, perché mi pare un orientamento interessante. Però vorrei anche ampliare il raggio di azione alla Germania, all’Italia e alla Svizzera, insomma agli altri Paesi attorno all’Austria. In questo senso abbiamo già avuto un incremento delle gallerie italiane. Per quest’edizione 2024 circa un terzo delle gallerie è austriaco, un terzo viene dall’Est Europa e un terzo da altri Paesi, comunque in maggioranza dal Vecchio Continente». La scelta delle gallerie che espongono a viennacontemporary è una sintesi di contatti nati da visite di Gavin alle gallerie, e di domande presentate autonomamente dagli operatori, vagliate poi dal consiglio direttivo. La selezione mira a realizzare una fiera accessibile a tutti gli interessati alle novità in campo artistico, aperti e mossi dalla curiosità di aggirarsi in una fiera nella quale non conoscono tutti gli autori esposti: «Naturalmente vogliamo innanzitutto che le gallerie siano soddisfatte, che i curatori possano fare nuove scoperte e che i comitati di acquisto delle istituzioni trovino opere interessanti. Vorrei anche fortemente coltivare un pubblico locale, regionale».