Lungi dall’essere una forma convenzionale di dialogo o addirittura di omaggio, la mostra «Passioni condivise. Da Basquiat a Édith Piaf», fino al 23 settembre al Mucem-Musée des Civilisations de l’Europe et de la Méditerranée di Marsiglia, è stata brillantemente coordinata da François Quintin, direttore della Collection Lambert da settembre 2023, e da Pierre-Olivier Costa, presidente del museo. L’esposizione porta l’attenzione su opere d’arte che, messe a confronto con manufatti artigianali, rivelano echi fecondi e nuove affinità. Una celebrazione della cultura mediterranea che ha segnato profondamente il destino del gallerista Yvon Lambert, il cui nome e la cui storia sono in sintonia non solo con le ricchezze culturali della Provenza, ma anche con artisti le cui opere sono contraddistinte da impegno e libertà di pensiero.
Nato nel 1936, «Yvon Lambert è uno dei galleristi e mercanti d’arte più influenti della seconda metà del XX secolo. Ha scoperto e sostenuto importanti artisti contemporanei, con cui ha anche stretto solidi legami di amicizia», spiega Marie-Charlotte Calafat, cocuratrice della mostra e direttrice delle collezioni del Mucem, per poi aggiungere: «La sua sensibilità artistica per le avanguardie si è sviluppata durante l’infanzia a Vence, dove hanno gravitato artisti come Raoul Dufy, Henri Matisse e Paul Cézanne».
Il collezionista, che per oltre sessant’anni ha rivelato e difeso le opere degli artisti suoi contemporanei, tra cui Jean-Michel Basquiat, Nan Goldin, Louise Lawler, Robert Combas e Christian Boltanski, nel 2012 ha donato allo Stato francese 600 opere, costituendo la Collection Lambert di Avignone: 50 di queste, accuratamente selezionate, sono qui presentate insieme ad altre 150 provenienti dai depositi del Mucem, museo che vanta una straordinaria collezione di arte popolare.
All’inizio del percorso si è attratti da un confronto apparentemente ovvio tra una scultura di Daniel Dezeuze intitolata «Arme de jet» (Arma da lancio) e un oggetto ottocentesco di forma analoga raccolto in Camargue dall’archeologo Émile Marignan, amico dello scrittore Frédéric Mistral. Un altro esempio eloquente è fornito da un costume di un «gardian» della Camargue a cavallo, esposto di fianco alla fotografia di Andres Serrano che ritrae un cowboy della serie «America» dedicata allo studio degli stereotipi americani.
L’installazione di Nathalie du Pasquier, realizzata per l’occasione, rimane uno dei punti salienti della mostra. Membro fondatore del gruppo Memphis, la designer ha creato una cabina la cui architettura è disseminata di forme geometriche dipinte e colorate, tutte destinate a ospitare i progetti delle cappelle di Vence realizzate, nel 1994 su invito di Yvon Lambert, da Sol LeWitt, Jean-Michel Othoniel e Jean-Charles Blais, insieme a Robert Barry e Niele Toroni. Le pareti esterne della cabina, diventata a tutti gli effetti reliquiario, sono ornate da oggetti religiosi quali scatole da oratorio, croci della passione, ex-voto e rami di palma.
La mostra copre un’ampia gamma di temi che si fondono con sensibilità, tra cui il rapporto tra il popolare e il quotidiano, l’uomo e la natura, la poesia e la letteratura, l’intimità e l’esistenza. Le opere di Christian Marclay, prevalentemente costituite da vinili 33 giri, trovano posto accanto al disco d’oro degli Iam, gruppo hip-hop di Marsiglia.
Altri accostamenti meno evidenti invitano lo spettatore a guardare opere e oggetti con occhi nuovi. In questo modo le forme elementari sviluppate nei lavori di Daniel Buren, Sol LeWitt e Niele Toroni, tutte volte a demistificare la pittura, vengono messe in dialogo con i fondamenti dell’arte popolare, come il motivo del rosone.
La messa in luce di queste corrispondenze assume toni poetici di fronte alla corrosione bluastra del metallo della scultura «Blue Moon III» (2011) di Kiki Smith che fa eco all’ammasso emerso durante uno scavo subacqueo nel porto di Villefranche-sur-Mer (Alpi Marittime). Affiancati, questi due oggetti collegano cielo e mare, evocando l’effetto del tempo sulla materia. Lo stesso vale per il maestoso polittico di Cy Twombly che, presentato accanto a un flauto di Pan, attinge alla forza simbolica dei grandi miti per raccontare, attraverso frammenti, macchie e schizzi, la storia della ninfa Siringa trasformata in canne per sfuggire all’ardore del dio.
Il paziente lavoro del collezionista è supportato dall’occhio attento del mercante: Lambert ha infatti selezionato dai depositi del museo marsigliese oggetti di uso quotidiano capaci di indurci a guardare in modo diverso il suo corpus di opere contemporanee. Come sottolinea Stéphane Ibars, direttore artistico della Collection Lambert e cocuratore della mostra, alcune di queste scoperte hanno permesso di «rivelare una dimensione plastica o semplicemente di ricordare l’essenziale: l’immancabile rapporto che gli artisti hanno con il loro ambiente quotidiano».
«Passioni condivise» propone quindi una prospettiva molto stimolante in cui il pensiero concettuale degli artisti contemporanei celebra i manufatti artigianali dell’uomo, documenti del nostro rapporto con la storia e il passato e patrimonio che rivive nella produzione artistica più recente.