Adriano Pedrosa e Roberto Cicutto. Foto di Andrea Avezzù. Cortesia della Biennale di Venezia

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Adriano Pedrosa e Roberto Cicutto. Foto di Andrea Avezzù. Cortesia della Biennale di Venezia

Una Biennale di «Stranieri ovunque»

Il curatore Adriano Pedrosa ha presentato, insieme con il presidente Roberto Cicutto, la 60ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte di Venezia, in agenda dal 20 aprile al 24 novembre 2024

«Stranieri Ovunque-Foreigners Everywhere». È con questo titolo che il 20 aprile 2024 si aprirà la 60ma Mostra Internazionale d’Arte di Venezia (in calendario fino al 24 novembre). Nel solco de «Il Latte dei Sogni» di Cecilia Alemani e del «Laboratorio del Futuro» di Lesley Lokko, il curatore Adriano Pedrosa, direttore del Museo di San Paolo del Brasile (Masp) si inserisce in una linea di continuità (oramai imprescindibile?) delle ultime edizioni che rivaluta, quasi a risarcimento, culture, aree geografiche, personalità sino ad ora neglette. Dopo la donna, l’Africa e la diaspora dei «practitioners», è ora la volta dello straniero (altrimenti estraneo, stranger, étranger) incarnato dall’artista immigrato, espatriato, diasporico (ancora una volta), esiliato e rifugiato, seguendo una traiettoria che nuovamente si sposta tra Sud e Nord del mondo.

Pedrosa, primo curatore proveniente dall’America Latina a una Biennale d’Arte, mutuando il titolo da alcuni lavori del collettivo Claire Fontaine, parte dal registrare una realtà globale permeata da crisi multiformi (e fors’anche permanenti, come quella captata dai giovani del collettivo Fosbury, protagonisti del Padiglione Italia alla Biennale Architettura di quest’anno). Esse si concretizzano in differenze e disparità per identità, cittadinanza, genere e razza, sessualità e distribuzione della ricchezza.

Al centro della prossima edizione dobbiamo quindi aspettarci l’artista queer, l’outsider, l’autodidatta, il folk, e persino l’indigeno trattato come straniero nella propria terra. Un concetto di alterità che porta alla marginalizzazione e che la prossima Biennale forse si propone di risarcire attraverso una visibilità internazionale.

Le opere non saranno suddivise in specifiche sezioni, come abitualmente accade, bensì in due grandi nuclei, per un totale di circa 200 artisti (la definizione dei partecipanti è ovviamente in itinere): un nucleo Contemporaneo e un secondo nucleo Storico. All’interno di questo, una selezione di artisti provenienti da America Latina, Africa, Asia, Mondo Arabo (un modernismo del Sud del mondo, insomma, attraverso il punto di vista curatoriale di chi da lì proviene) ma anche una parte esclusivamente dedicata a quegli italiani trasferitisi nel corso del XX secolo in Africa, Asia e America Latina, integratisi con le culture locali e che seppero «contribuire a una narrazione del Modernismo al di fuori della Penisola».

A chi gli chiede se questa edizione non abbia una chiara implicazione politica, Pedrosa risponde positivamente, anche se intesa come inevitabile riflesso della contemporaneità, concetto ribadito anche dal presidente Roberto Cicutto. È allo sguardo globale del curatore brasiliano che Cicutto punta, uno sguardo che anche stavolta, come nel caso di Lesley Lokko, sposta a sud il punto d’osservazione per interpretare un presente sempre più instabile e complesso.

Adriano Pedrosa e Roberto Cicutto. Foto di Andrea Avezzù. Cortesia della Biennale di Venezia

Veronica Rodenigo, 22 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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