«Autoritratto» (1889), di Vincent van Gogh (particolare). Parigi, Musée d’Orsay. Foto Patrice Schmidt. © Musée d’Orsay, Dist. Rmn-Grand Palais

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«Autoritratto» (1889), di Vincent van Gogh (particolare). Parigi, Musée d’Orsay. Foto Patrice Schmidt. © Musée d’Orsay, Dist. Rmn-Grand Palais

Riuniti gli ultimi dipinti di Van Gogh

Le mostre di Amsterdam e Parigi sono le prime a focalizzarsi sugli ultimi, frenetici mesi di attività dell’artista ad Auvers

Durante il periodo sorprendentemente produttivo che va da maggio a luglio 1890, nel villaggio di Auvers-sur-Oise, che si trova a 30 km a nord-ovest di Parigi, Vincent van Gogh completò un quadro al giorno. Poi, il 27 luglio, si sparò e due giorni dopo morì. «Van Gogh ad Auvers. I suoi ultimi mesi», al Van Gogh Museum di Amsterdam dal 12 maggio al 3 settembre (dal 3 ottobre al 4 febbraio 2024 si trasferirà nel Musée d’Orsay di Parigi) è la prima mostra completa dedicata al periodo di Van Gogh ad Auvers e intende dimostrare che questa sua produzione fu importante quanto i suoi quadri più noti dipinti nella soleggiata Provenza.

Prestiti eccezionali
Il Van Gogh Museum e il Musée d’Orsay sono riusciti a ottenere in prestito 48 dei 74 dipinti che Van Gogh ha realizzato ad Auvers, insieme a 25 dei 57 disegni (ha anche riempito un piccolo taccuino di schizzi). I prestiti di Van Gogh sono sempre molto difficili da ottenere, quindi questo rappresenta un successo sorprendente. Tra i principali quadri in mostra figurano «Ritratto del dottor Paul Gachet» e «Chiesa di Auvers» (Musée d’Orsay), «Fattorie ad Auvers» (Galleria Nazionale Finlandese di Helsinki) e «Campo di grano con corvi» (Van Gogh Museum), cui si aggiungono anche prestiti rari da collezioni private, come «Vaso con garofani» e «I campi».

L’eccezionalità è che il Musée d’Orsay presta ad Amsterdam tutti i Van Gogh donati dal figlio di Paul Gachet nel 1949-54: secondo le volontà del donatore, questi quadri non vengono praticamente mai prestati. Oltre ai sette quadri di Gachet, il museo francese presta anche il più bell’autoritratto di Van Gogh, dipinto nel 1889 in manicomio e successivamente presentato al medico.
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Anni di ricerca
Nel corso della sua vita, Van Gogh ha realizzato solo 13 grandi dipinti «a doppio quadrato», di 1 metro per 50 centimetri, tutti a Auvers. Undici di questi sono riuniti nella mostra, tra cui «Radici d’albero», oggi ritenuto il suo ultimo dipinto, realizzato poche ore prima di spararsi.

I preparativi per la mostra hanno richiesto anni di ricerche, durante i quali è stata definita la migliore stima possibile delle date di tutti i 74 dipinti. Ciò contribuirà enormemente all’arricchimento degli studi e la mostra dovrebbe fornire una vivida impressione di come il lavoro di Van Gogh si sia evoluto durante le ultime settimane della sua vita. È stata individuata anche la maggior parte dei luoghi in cui sono stati dipinti i quadri: anche se Van Gogh realizzò ritratti e nature morte floreali, fu con i paesaggi che eccelse. Le sue vedute panoramiche dei campi di grano sopra la valle dell’Oise sono tra le sue opere più memorabili.

Nonostante le difficoltà legate a sentimenti di fallimento, solitudine e malinconia, Van Gogh ha sempre continuato a lavorare perché la pittura rappresentava una forma di terapia e gli dava uno scopo nella vita. Purtroppo, durante la sua vita, i suoi sforzi non furono riconosciuti, almeno in termini di vendite. Si sa che in tutta la sua carriera ha venduto un solo quadro identificato. Com’è diverso oggi: «Vaso con papaveri e margherite», in prestito, è stato venduto per 62 milioni di dollari nel 2014.

Il catalogo della mostra affronta la recente teoria secondo la quale Van Gogh non sarebbe morto suicida ma sarebbe stato assassinato. In una dettagliata confutazione, i curatori liquidano questa teoria come «del tutto infondata», sostenendo che «quando una persona si sente costretta a porre fine alla propria vita, il minimo che merita è di essere ascoltata con empatia».

Auvers conserva nelle sue stradine gran parte della sua caratteristica atmosfera ottocentesca. La locanda dove alloggiò Vincent, oggi Maison de Van Gogh, ha appena riaperto ai visitatori per la stagione turistica. Si può entrare nella stanza vuota della soffitta dove l’artista lavorò e morì. Salendo i gradini, si pensa inevitabilmente all’ultima volta che Vincent ha arrancato fino al suo letto, in preda al dolore per la pallottola conficcata nell’addome e stanco della vita.

«Chiesa di Auvers» (1890), di Vincent van Gogh. Parigi, Musée d’Orsay. Foto Patrice Schmidt. © Musée d’Orsay, Dist. Rmn-Grand Palais

Martin Bailey, 09 maggio 2023 | © Riproduzione riservata

Riuniti gli ultimi dipinti di Van Gogh | Martin Bailey

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