Veduta della mostra «Laurent Grasso. Clouds Theory», Abbaye de Jumièges, Normandia

© Laurent Grasso Adagp, Parigi, 2024. Foto: Tanguy Beurdeley. Cortesia di Perrotin

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Veduta della mostra «Laurent Grasso. Clouds Theory», Abbaye de Jumièges, Normandia

© Laurent Grasso Adagp, Parigi, 2024. Foto: Tanguy Beurdeley. Cortesia di Perrotin

Normandia, quant’è contemporaneo l’Impressionismo

Giunto alla quinta edizione, il Festival dedicato al movimento che quest’anno celebra il 150mo anniversario si espande con un programma che abbraccia l’arte dei nostri giorni

Al Musée des Beaux-Arts di Rouen, la mostra «Whistler. L'effet papillon» (Whistler. L'effetto farfalla) riassume lo spirito di questa stagione del Festival Normandie Impressionniste, mettendo l'accento sull'influenza del movimento impressionista sull'arte contemporanea. La prima sala è dominata da un magistrale ritratto a figura intera, «Rosso e nero: il ventaglio» (1889-1896), un'elegante donna vestita di rosso, con un ventaglio tenuto da una mano fasciata in un lungo guanto nero. Nell'ultima sala della mostra, chiude l'esposizione un dipinto di Mark Rothko nelle stesse tonalità di rosso e nero in prestito dalla Tate Modern di Londra. «A partire dagli anni Cinquanta, si legge nel cartellino,  i critici americani sottolinearono il legame tra [James Abbott McNeill] Whistler e l'Espressionismo astratto di New York, un movimento in cui gli artisti si esprimevano attraverso il gesto, il colore e la materia. Mentre Whistler rimane un artista letterario che sperimenta l'annullamento della figura, [Mark] Rothko attacca la sua pittura solo a sé stessa, offrendo l'esperienza spirituale di un'immensità senza limiti». L’esposizione di Rouen dedicata a un pittore considerato il precursore dell'Impressionismo americano, mostra per la prima volta le numerose influenze che ha avuto sui suoi contemporanei e non solo. Fino al 22 settembre.

Nell'ambito del festival della Normandia, in primavera  (dal 29 marzo al 30 giugno), il Musée des Impressionnismes di Giverny ha proposto «L'impressionismo e il mare», con dipinti di Claude Monet, Gustave Courbet, Eugène Boudin, Camille Pissarro e Paul Gauguin. Dall’invenzione della fotografia, però,  il litorale è stato uno dei soggetti preferiti dagli appassionati di questa nuova tecnica. Fino al 22 settembre, con «Fotografare in Normandia (1840-1890). Un dialogo pionieristico tra le arti», il Musée d'Art Moderne André Malraux-MuMa a Le Havre svela un'eccezionale collezione di stampe. Curata da Sylvie Aubenas, Benoît Eliot e Dominique Rouet, la mostra mette in luce il «focolaio della fotografia in Normandia», una regione che non ha eguali nello sviluppo dell'immagine fissa e della pittura impressionista. La mostra, che riunisce più di 200 opere, alcune delle quali mai esposte prima, dimostra che gli operatori di entrambi i settori si sono talvolta occupati dei medesimi soggetti, come nella sezione dedicata alle grandi opere e allo sviluppo delle ferrovie. Ma sono soprattutto il mare, la spiaggia e i porti ad affascinare questi creatori di immagini, come Gustave Le Gray che fotografa le barche che lasciano il porto di Le Havre nel 1856, sedici anni prima che Claude Monet dipinga «Impression, soleil levant», il quadro che dà il nome al movimento. Anche i fotografi hanno immortalato le scogliere lungo la costa, da Étretat alla zona di Dieppe.  A queste immagini si contrappone un dipinto di Claude Monet presente nelle collezioni del MuMa, «Les Falaises de Varengeville» (1897). È proprio in questo luogo che il pittore contemporaneo Marc Desgrandchamps, che prima non conosceva la costa normanna, è venuto a lavorare per la sua mostra alla Galerie Duchamp di Yvetot. «Sono molto sensibile ai paesaggi di montagna, afferma l'artista. Nelle scogliere ho trovato qualcosa dell'ordine della verticalità e allo stesso tempo una monumentalità piuttosto sorprendente grazie al loro materiale gessoso. Hanno un aspetto solido e imponente, ma allo stesso tempo fragile, anzi fragilissimo, perché si sgretolano e tendono talvolta a crollare. Questo si ricollega un po' alla mia idea di visibile, di mondo, nel senso di una materialità pervasiva. Ma è anche indebolito e scosso dall'interno». I spirandosi a una figura acefala scolpita su una colonna nel sito dell'Aître Saint-Maclou a Rouen, in alcuni dei suoi dipinti il pittore raffigura una statua che sembra muoversi lungo la scogliera.

A Varengeville, Laurent Grasso sta facendo costruire dallo Studio KO architects una casa-studio. Sempre nell'ambito del festival, l'artista ha allestito una grande mostra  («Clouds Theory», fino al 29 settembre) presso l'Abbaye de  Jumièges, le cui rovine furono immortalate nel XIX secolo dal fotografo Helmuth Lepel-Cointet, che nel 1852, pochi mesi prima che il padre del fotografo, Aimé Lepel-Cointet, acquistasse il sito, scattò la prima fotografia della chiesa abbaziale di Jumièges; un'immagine presentata al MuMa. È in questa maestosa rovina che Laurent Grasso è intervenuto, mettendo in discussione il magnetismo del luogo. Le nuvole di rame sul pavimento di «Cloud Theory» interagiscono con l'architettura a cielo aperto dell'ex abbazia, mentre le pareti sono punteggiate da luci al neon, occhi, fiamme e date, come l'841 (il saccheggio e l'incendio dell'abbazia da parte dei Vichinghi) e il 1795 (la vendita dell'abbazia). «Ho letto nelle rovine il periodo molto complesso che stiamo attraversando, la nozione di crollo, commenta Laurent Grasso. I pavimenti sono leggermente anneriti, come se fossero stati ricoperti di cenere. L'idea è anche quella di vedere nelle rovine un portale che ci ricordi tutti i disastri del passato, così come quelli del presente e quelli che verranno». Nella dimora che domina il sito, sono presentate opere più tradizionali dell'artista, dai tre film «OttO» (2018), «Artificialis» (2020) e «Orchid Island» (2023) al nuovo arazzo «Studies into the Past» tessuto presso la Manufacture Robert Four di Aubusson.

 Anche il Musée des Beaux-Arts di Rouen espone le ultime opere prodotte nella regione dall'ormai normanno David Hockney utilizzando le nuove tecnologie, in particolare l'iPad. Oliver Beer, invece, ha inventato un modo originale di dipingere: si serve di vibrazioni sonore per far circolare i pigmenti sulla tela. Il suo lavoro si basa su una registrazione di suoni catturati nella piscina di Claude Monet a Giverny. Queste interpretazioni contemporanee delle «Ninfee» illuminano il centro d'arte contemporanea Hangar 107 di Rouen e interagiscono con il corso della sottostante Senna. E sempre con i suoi riflessi scintillanti.

«La Vénus d'Ille» (2023) di Marc Desgrandchamps. © Marc Desgrandchamps. Cortesia della Galerie Lelong, Parigi

«Resonance Painting (Lucid Dreams)» (2024) di Oliver Beer. © Oliver Beer

Philippe Régnier, 25 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

Normandia, quant’è contemporaneo l’Impressionismo | Philippe Régnier

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