«Senza titolo» (2002) di Mario Merz, Fundación Proa, Buenos Aires

Foto: Ana Cambre / Marcelo Setton

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«Senza titolo» (2002) di Mario Merz, Fundación Proa, Buenos Aires

Foto: Ana Cambre / Marcelo Setton

Mario Merz: un secolo di circolarità e linearità del tempo

Nella sua Fondazione si celebra il centenario dell’esponente dell’Arte Povera. Nella circostanza compare il primo volume del catalogo ragionato dell’opera

Quasi cento anni fa, l’1 gennaio 1925, nasceva a Milano Mario Merz (1925-2003). Cresciuto a Torino, dove aveva frequentato per due anni la Facoltà di Medicina, è stato tra i più importanti esponenti dell’Arte povera. Imprigionato nel 1945 per avere partecipato a proteste antifasciste, inizia la propria carriera d’artista nell’immediato dopoguerra, con disegni geometrici dal tratto continuo ispirati alla natura. Dopo un breve periodo in cui sperimenta il versante di una pittura espressionista, nella seconda metà degli anni Cinquanta abbandona la pittura per dedicarsi allo studio e alla sperimentazione dei materiali, ferro, cera, legno, tubi, neon, anticipando molte delle questioni che attraverseranno l’Arte povera sin dalla sua nascita, avvenuta ufficialmente nel 1967 sotto l’etichetta del critico Germano Celant

A ripercorrere la parabola di Mario Merz è la seconda parte della mostra «Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola», con cui la Fondazione Merz celebra il centenario della nascita dell’artista, «padrone di casa» insieme alla moglie Marisa Merz (1926-2019). «La frase che dà il titolo all’esposizione, estrapolata da uno scritto di Mario Merz, si ricollega alla necessità di guardare alla natura e allo scorrere del tempo per poter raggiungere un senso di leggerezza concettuale, che si ritrova nel nucleo di opere presentate», spiegano dal museo. 

La circolarità e la linearità del tempo, il mistero della nascita e della morte, il concetto di infinito, le armoniche proporzioni che ricorrono in molte forme e leggi dell’universo sono il linguaggio universale individuato che ricorre nell’opera di Mario Merz. Tra le opere esposte l’igloo «Senza titolo (foglie d’oro)» del 1997, l’assemblamento dei «Quattro tavoli in forma di foglie di magnolia» del 1985, per la prima volta in Europa, e l’imponente lavoro pittorico «Geco in casa» del 1983. «Come un iconico virtuosismo pas de deux tra la tela e il coccodrillo con i numeri di Fibonacci, antica presenza in fondazione, le opere rimbalzano da una parte all’altra dello spazio espositivo collegandosi le une con le altre in un’atmosfera da favola», aggiungono dal museo. Accompagna la mostra Mario Merz. Igloo, il primo volume del catalogo ragionato dell’opera dell’artista, dedicato interamente agli igloo, forma legata al carattere nomade dell’artista e dell’esistenza umana, all’incontro con la natura e al tentativo di dominarla. 

Jenny Dogliani, 24 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Mario Merz: un secolo di circolarità e linearità del tempo | Jenny Dogliani

Mario Merz: un secolo di circolarità e linearità del tempo | Jenny Dogliani