«Leaps, gaps and overlapping diagrams» (letteralmente salti, divari e diagrammi sovrapposti) sono quelli che Loris Cecchini distribuisce negli spazi di Ca’ Rezzonico, il Museo del Settecento Veneziano che ospita la mostra dell’artista milanese dal 20 settembre a marzo 2025. «Se dovessimo trovare un punto di connessione tra i lavori scelti, il titolo della mostra e il luogo che la ospita, dovremmo risalire al principio della pratica modulare a cui Loris Cecchini si dedica da una quindicina di anni, spiega Luca Berta, curatore della rassegna insieme a Francesca Giubilei. La pratica modulare è diventata l’ossatura portante del suo lavoro, ispirandosi ai nuovi software di modellazione tridimensionale utilizzati in architettura. Questa sperimentazione diventa il volano per raggiungere l’obiettivo da lui perseguito fin dalle sue origini, quello di sfondare la scatola euclidea della scultura». Ed è su questo crinale che, secondo i curatori, Loris Cecchini entra in sintonia con i pittori che 300 anni fa hanno lavorato nelle stanze di Ca’ Rezzonico: Giambattista Tiepolo, Jacopo Guarana, Giovanni Battista Crosato e Gaspare Diziani.
«Quello sfondamento geometrico dello spazio architettonico, spiegano, Loris Cecchini lo cerca nella scultura, ricorrendo a risorse diverse». Nel tema della nuvola, centrale nell’apertura delle stanze attraverso i cieli dipinti, si trova il punto di contatto tra i pittori di allora e l’artista oggi: «Per i frescanti del ’700 e per Loris Cecchini la nuvola, spiega Francesca Giubilei, è l’elemento intermedio di passaggio tra reale e virtuale, e del resto la nuvola è stato il soggetto di una delle prime opere di Cecchini. Ma più in generale la nuvola per lui corrisponde all’idea di scultura modulare che si propaga nello spazio in modo organico e libero, adattandosi allo spazio stesso e al luogo». Una decina le opere, suddivise in tre gruppi di installazioni, distribuite tra il piano terra, il salone da ballo, la sala di Tiepolo e il portego di Ca’ Rezzonico e costruite a partire da un modulo di base, simile a un atomo o un elemento strutturale della materia, già utilizzato dall’artista, ma composto qui in forme strettamente in relazione all’ambiente, «dando luogo di volta in volta, spiega Giubilei, a ramificazioni o propagazioni diverse nello spazio»