Una veduta della mostra «Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo» a Palazzo Pitti

Image

Una veduta della mostra «Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo» a Palazzo Pitti

La pittura senza età di Carlo Maria Mariani

Nell’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti 16 dipinti ripercorrono oltre 50 anni dell’attività di un pittore che lavorò, secondo Sgarbi, alla «ricomposizione di un mondo perduto attraverso un’anastilosi della pittura»

Fino al primo dicembre l’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti a Firenze accoglie la mostra «Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo» a cura di Clayton Calvert, direttore della «The Carlo Maria Mariani and Carol Lane Mariani Foundation» con sede a New York, e di Vittorio Sgarbi. Una scelta attenta di 16 opere, provenienti da istituzioni pubbliche e da collezioni private, ripercorre la carriera dell’artista fin dal 1968 cui risale il drammatico «Gesù» crocifisso su uno sfondo nero acceso dai fulmini, con echi seicenteschi, tra cui Velázquez, dipinto per il monastero di Santa Scolastica a Subiaco (e insieme a una «Madonna»). Si prosegue con gli anni Settanta, ai quali già introduce il dipinto all’ingresso della mostra, «Iniziazione» (1972), suggestivo nell’invenzione, che vede l’artista, in abiti moderni, steso accanto al gisant in marmo, e nei rimandi, da Mantegna a Domenico Gnoli. Di quel decennio sono anche diverse opere di chiara ispirazione neoclassica, tra cui l’«Autoritratto immaginario di Angelica Kauffman» e la «Scena allegorica» del 1977.

Negli anni Ottanta il sogno antico ispira vari dipinti, tra cui il «Ciparisso», «Mythilias» o «Numero sette», con la suggestione della vasca che sembra qui evocare quelle del giardino di Boboli fuoristante, a siglare un dialogo col museo ospitante caro al curatore Calvert, il quale sottolinea il carattere di «pittura senza età» dell’arte di Mariani. Le sue opere lasciano intendere quanto la gabbia del Citazionismo e dell’Anacronismo, correnti di quel decennio in cui Renato Barilli volle collocarlo, possa stare invece molto stretta all’artista, come ribadito da Antonio Martino. Infatti, il dialogo con Canova, Winckelmann, con Raffaello e i Greci, si svolge per Mariani su un piano ben più concettuale e a volte ci sono perfino punti di contatto col lavoro di Giulio Paolini. Mariani asseriva che la stesura del colore secondo metodi antichi fosse per lui il risultato di un’operazione tutta teorica; nella sua tensione verso la dinamica dello spirito classico, accoglie suggestioni da Giorgio de Chirico, ben leggibili in alcuni dipinti in mostra. «Non è più un ritorno all’ordine, nota Sgarbi, è la ricomposizione di un mondo perduto, un’anastilosi della pittura [..] il suo neoclassicismo è ricostruito alla luce del Surrealismo».

Mai si coglie una volontà passatista: non la copia di un modello, ma uno scavo più profondo, nel quale nostalgia e malinconia si declinano nel sogno, ma sono anche ben consapevoli della frattura della realtà. Negli anni che vedevano in Italia due vie opposte, quella dell’Arte Povera e della Transavanguardia, Mariani trova una via espressiva originale, spiazzando i giudizi e sfuggendo a facili etichette di ammiratori o detrattori. È significativo che proprio al centro della mostra si trovi il gigantesco cartone per «La costellazione del leone (La Scuola di Roma)», chiaro rimando al precedente raffaellesco, proveniente dalla collezione di Gian Enzo Sperone. Il celebre gallerista è ritratto dietro Mariani, il quale siede al centro, circondato da tanti personaggi paludati all’antica, in cui si riconoscono le fattezze di Kounellis, Mario Merz, Luigi Ontani (nell’angelo), Francesco Clemente, Sandro Chia, Cy Twombly e altri artisti, galleristi e critici: tra questi, sulla sinistra, il narcisista per eccellenza, Achille Bonito Oliva. Un’opera del 1980 che è veramente il suggello di un’epoca ed è curioso ritrovare tra le figure della Scuola un putto che copre il proprio volto con una maschera antica, come si vedrà in una performance di Kounellis degli stessi anni, quando appunto anche i maestri dell’Arte Povera (e lo stesso Paolini) compiranno dialoghi con l’antico. Due sono le opere della maturità di Mariani, morto nel 2021 all’età di 90 anni: l’«Autoritratto» del 2019, in cui il volto dell’artista è intrappolato nello scolabottiglie, ironico omaggio a Marcel Duchamp, ma anche il «Week end alle logge vaticane», dove la Fornarina e Raffaello sono ritratti come in uno scatto fotografico occasionale, e una mano misteriosa irrompe nella tela ad accendere la sigaretta del Sanzio. ll catalogo bilingue (Sillabe) è curato dallo stesso Calvert ma si ricorda per l’artista il catalogo generale delle opere edito da Allemandi a cura di Emanuela Termine (2021). 

Una veduta della mostra «Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo» a Palazzo Pitti

Laura Lombardi, 25 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

La pittura senza età di Carlo Maria Mariani | Laura Lombardi

La pittura senza età di Carlo Maria Mariani | Laura Lombardi