Brian Maguire

© 2024 Laurence J

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Brian Maguire

© 2024 Laurence J

La pittura di Brian Maguire è lotta di classe

Nella Hugh Lane Gallery di Dublino 24 grandi tele dell’artista irlandese che mette la propria arte a servizio dell’impegno politico e delle cause sociali prive di altre risorse

Un corpo galleggia nell’azzurro burrascoso del mare, le onde testimoni di una tragedia che non possiamo vedere ma che ci tocca da vicino: si tratta di «Over our heads the hollow seas closed up», un’opera del 2016, parte della mostra «Brian Maguire: La Grande Illusion», visitabile fino al 23 marzo 2025 nella Hugh Lane Gallery di Dublino.

La mostra non è soltanto una raccolta dei lavori che l’artista ha prodotto tra il 2007-24, ma è anche la celebrazione di una figura particolarmente rilevante per l’arte e per la società irlandese. Come testimoniano la calda partecipazione del pubblico, i sinceri discorsi tenuti da Michael Dempsey, curatore della mostra, Barbara Dawson, direttrice della galleria e cocuratrice, e da amici di lungo corso, come il cantante folk Christopher «Christy» Moore, Brian Maguire è un artista ben radicato nella società e nel presente, che vede nella pittura un’arte da mettere a servizio della lotta di classe e delle cause che non hanno altre risorse a disposizione.

La mostra accoglie il pubblico con grandi pannelli in gaelico: «L’idea è quella di spiazzare i visitatori facendoli sentire spaesati, per dare loro un assaggio di che cosa significhi arrivare in un posto e sentirsi respinti, come i migranti nelle nostre società», spiega Michael Dempsey. La mostra riunisce 24 opere di grandi dimensioni provenienti da collezioni private ed è suddivisa in cinque sezioni. In «The invisible becomes visible» Maguire cerca di trasformarci da spettatori a testimoni di quelle vite normalmente ignorate e ci costringe ad analizzare il contesto di classe, di genere e gli effetti del colonialismo. Lo fa andando oltre all’automatizzazione della fotografia, perché, dichiara l’artista: «Credo che il disegno non abbia tempo e tutti lo conoscono e lo accettano: in Camerun o in mezzo all’Amazzonia. Tutti sanno che cosa sta succedendo e questo mi dà legittimità. E dal disegno alla pittura il passo è breve. Penso che un dipinto abbia la capacità di comunicare perché è fatto a mano e nell’opera trovi il conforto della presenza e del gesto umano, a prescindere dal luogo e dal tempo».

Questo è ben visibile nella seconda sezione, «Remains», dov’è esposta anche «Arizona 5» (2020). Andando oltre all’immediatezza del reportage fotografico, Maguire non ha raccontato le morti di un caso specifico, ma ha lavorato con un archivio forense che ha individuato 400 cadaveri: «Non dovevo essere lì a scoprire i corpi, perché è un processo che è avvenuto nel corso degli anni, ma dovevo essere lì davanti a quei 400 documenti. Questo mi ha colpito e mi ha dato l’energia per tornare a casa e lavorare sui dipinti». 

Nella sezione «War changes its address» Maguire porta i temi della guerra, della corruzione e delle eredità coloniali, mettendo al centro i conflitti periferici che raccontano il lato più vergognoso del nostro benessere.

In «The clock winds down» un’intera parete è dedicata alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, perché l’obiettivo della mostra è rendere la Hugh Gallery uno spazio di attivazione del discorso pubblico, intenzione regolata da un fitto programma di eventi (alcuni dei quali prevedono la presenza stessa dell’artista), affinché il lavoro di Maguire sia il punto di partenza per una discussione profonda.

La mostra si conclude con la sezione «Blood rising», in cui opere come «Nature morte (4)» e «Nature morte (6)» ritraggono la violenza dei cartelli della droga di Ciudad Juarez.

La violenza dei temi, tuttavia, non è mai gratuita, perché per Maguire «nella pittura l’invisibile diventa visibile. E se è abbastanza buono, l’opera trasmette speranza». Una delle opere che meglio indica questo aspetto è «Child Living From the Waste Food on the City Dump (São Paulo 2003)» del 2022. «Mi è stato chiesto di dipingere quello che avevo imparato in tutti i miei viaggi. E tra tute le cose orribili che ho visto, mi era rimasta impressa questa: un bambino che cerca la sua colazione tra i rifiuti fumanti della discarica di San Paolo. Mi tormentava. Ma poi le politiche di Lula hanno cambiato la situazione per queste persone, e ora ci ho fatto pace».

Il titolo della mostra fa riferimento al film di Jean Renoir, in cui la solidarietà umana viene soggiogata dalla classe di appartenenza in un campo di prigionia della Prima guerra mondiale, ma anche al saggio di Norman Angell (1909) in cui si teorizza l’irrazionalità economica e sociale della guerra. Questo a sottolineare come l’impegno politico di Maguire lavori su casi specifici, ma con un chiaro quadro teorico, radicato nella lotta di classe.

Nato a Co. Wicklow, Irlanda, nel 1951, fin da giovane ha sostenuto il movimento di resistenza e ha vissuto in prima persona gli anni dei Troubles (il conflitto nordirlandese che si svolse tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta, Ndr), ha poi lavorato a lungo nelle prigioni di tutto il mondo per poter restare a contatto dei gruppi più emarginati, al di là dei concetti di colpa. Nel suo lavoro è stato ispirato dal pensiero di Primo Levi sull’importanza dell’empatia e sul rischio di disumanizzazione quando i valori materiali prevalgono su quelli umani.

Quando Maguire parla della sua presenza a Frieze London 2024 ride pensando alle sue lotte contro le istituzioni classiche e conclude dicendo: «È tutto terreno da prendere». Ma tra le sue più grandi soddisfazioni professionali continuano a svettare i momenti comunitari, in cui i famigliari delle vittime ricevono tramite le sue opere un’attenzione e una dignità che la società continua a negare loro, come in uno dei suoi ultimi progetti «Missing and Murdered Indigenous People (M&Mip)», una serie di ritratti commemorativi di giovani donne scomparse o trovate uccise tra le comunità native del Montana.

«Over Our Heads the Hollow Seas Closed Up» (2016) di Brian Maguire. Cortesia di Kerlin Gallery, Dublino. © Brian Maguire

Giulia Grimaldi, 10 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

La pittura di Brian Maguire è lotta di classe | Giulia Grimaldi

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