«Cell XX (Portrait)» (2000) di Louise Bourgeois (particolare)

Foto; Christopher Burke. © The Easton Foundation/Licensed by Siae, Italy and Vaga at Artists Rights Society (Ars), NY

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«Cell XX (Portrait)» (2000) di Louise Bourgeois (particolare)

Foto; Christopher Burke. © The Easton Foundation/Licensed by Siae, Italy and Vaga at Artists Rights Society (Ars), NY

La Borghese ora è diventata Bourgeois

Venti opere della scultrice franco-americana sono allestite accanto a Bernini, ma anche nei Giardini segreti e nell’Uccelliera

Dal 21 giugno al 15 settembre, la mostra «Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria» dissemina negli ambienti ricolmi d’arte e di storia della Galleria Borghese 20 lavori della scultrice franco-americana nata nel 1911 e morta nel 2010. La curatela è di Cloè Perrone, Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith. Non si tratta solo di tessere i rapporti tra antico e contemporaneo, ma di far tornare un’artista in un luogo da lei molto amato. 

Visitandolo nel 1967, rimase folgorata dalle sculture di Bernini, come in genere dalla bellezza del luogo, che peraltro si chiama come lei, Borghese-Bourgeois. L’amore si espanse a tutta Roma, che attraversò con passione, come narrato in toccanti lettere al marito in America. A farla da protagonista, tra le opere ora esposte anche nei Giardini segreti e nell’Uccelliera disegnata da Girolamo Rainaldi, sono le «Cells», le celle-gabbia che racchiudono, in ricettacoli chiusi da griglie metalliche, microcosmi fatti di oggetti trovati, sue sculture, sedie sospese, specchi, o scale a chiocciola. È il caso di «Cell (The Last Climb)», tra le ultime opere realizzate, installata sotto la volta dipinta del salone d’ingresso del casino di Scipione Borghese: la scala elicoidale qui rappresenta, come in altre opere sovente d’assetto biomorfico di Bourgeois, la dinamica spiraliforme della vita e della psiche. 

L’arte della scultrice affonda nelle contraddizioni dell’inconscio, combinando in singoli oggetti le polarità opposte di tenerezza e aggressività, costruzione e distruzione, passato e presente. Soprattutto il passato, che affonda nell’infanzia, è stato per lei una fertile persistenza in cui pescare intuizioni estetiche, come quelle che prendono corpo nelle teste di stoffa in mostra, realizzate con ritagli di antichi arazzi dalle fantasie floreali: un omaggio ai genitori, restauratori di arazzi medievali e rinascimentali. La madre è da lei arcanamente simboleggiata nel bronzeo ragno gigante posto nei Giardini del Casino Borghese, il celebre «Maman», reiterato in monumentali allestimenti urbani. 

Riferimenti all’infanzia determinano anche la scelta degli oggetti disposti nella cella «Passage dangereux». Le «Cells» rappresentano il mondo separato e inalterabile del ricordo. In «Janus fleuri», la doppia direzione allusa nel dio Giano, rivolto al contempo al passato e al presente, è realizzata con la contrapposizione di due falli in bronzo. Per altri lavori l’artista ha scelto il gesso, il lattice, il marmo, la cera o il caucciù. Tutti materiali adottati per dar forma all’idea di metamorfosi, come nell’esposta «Topiary», una fanciulla che si trasforma in fiore, o in «Spiral woman», una donna che inizia ad avvolgersi su sé stessa. Ogni opera è un affondo in una psiche tormentata che trova il riscatto nell’arte, in modo speculare a Scipione Borghese, che concepì non meno autobiograficamente il suo Casino delle delizie, ma per un riscatto esteriore e sociale.

Guglielmo Gigliotti, 20 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

La Borghese ora è diventata Bourgeois | Guglielmo Gigliotti

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