Una veduta dell’Islamic Arts Biennale 2023 al Western Hajj Terminal dell’aeroporto internazionale di King Abdulaziz

Cortesia della Diriyah Biennale Foundation

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Una veduta dell’Islamic Arts Biennale 2023 al Western Hajj Terminal dell’aeroporto internazionale di King Abdulaziz

Cortesia della Diriyah Biennale Foundation

L’Islamic Arts Biennale al Terminal dell’aeroporto di Gedda

Dal prossimo gennaio la seconda edizione della rassegna dedicata al divino nell’esperienza del mondo materiale: un dialogo tra cultura islamica e linguaggi del contemporaneo. Anche l’italiano Sassolino tra gli autori delle 500 opere di venti Paesi

«E Dio ha creato i Cieli e la Terra e tutto ciò che in mezzo si trova»: sono le parole del Corano che hanno ispirato il titolo di quest’edizione dell’Islamic Arts Biennale, «And all that is in between», una celebrazione del divino nell’esperienza del mondo materiale, attraverso il dialogo fra la cultura islamica e i linguaggi del contemporaneo.

Visitabile dal 25 gennaio al 25 maggio 2025, viene rinnovata la sede della scorsa edizione, il Western Hajj Terminal dell’aeroporto internazionale di King Abdulaziz, Gedda. Un luogo che, al di là dell’alto valore architettonico (progettato da Skidmore, Owings & Merrill, ha vinto l’Aga Khan Award nel 1983), rappresenta un simbolo di altissimo valore spirituale, in quanto accoglie i pellegrini musulmani che si apprestano ai pellegrinaggi di Hajj e Umrah a Mecca. Una sovrapposizione di spazi, seppur temporanea, che si pone come interessante spazio di discussione sul senso di appartenenza della comunità e su come un luogo emotivamente sentito per una ragione così intima qual è la fede, possa facilitare l’apertura emotiva e intellettuale a fruire con curiosità contenuti di diversa natura che, in realtà, possono non essere così distanti.

Che le premesse di questa narrazione poggino saldamente su un senso comunitario è dimostrato su più fronti. Le istituzioni che hanno prestato le oltre 500 opere hanno sede in oltre venti Paesi. Fra queste, il contributo dall’Italia, con i prestiti della Biblioteca Apostolica Vaticana e della genovese Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica.

Ma, soprattutto, il team curatoriale è strutturato per offrire uno sguardo articolato. È infatti composto da undici studiosi di arte antica e moderna, sotto la direzione artistica dello storico Absul Rahman Azzam, Julian Raby (è stato direttore del National Museums of Asian Art dello Smithsonian Institution di Washington), Amin Jaffer (direttore de The Al Thani Collection e, in passato, Senior Curator al Victoria and Albert Museum di Londra), a cui si aggiunge Muhannad Shono. Shono ha partecipato alla scorsa edizione in quanto artista (la sua ricerca è sensibile al tema della spiritualità e del ruolo dell’immaginazione nel plasmare la realtà) e ora ha il compito di accompagnare lo sguardo sul contemporaneo, con oltre 20 commissioni realizzate per l’occasione. Fra gli artisti invitati Nour Jaouda, Charwei Tsai, Slavs and Tatars, Fatmah Abdulhadi e anche l’italiano Arcangelo Sassolino.

Da sinistra: from left: Wen Wen, Sarah Al Abdali, Amina Diab, Rizwan Ahmad, Marika Sardar, Masa Al-Kutoubi, Heather Ecker, Bilal Badat, Joanna Chevalier, Faye Behbehani e William Robinson. Cortesia della Diriyah Biennale Foundation

Veniamo alle sezioni della Biennale: sono cinque le «aree di esplorazione» per oltre 10mila metri quadrati, fra spazi interni ed esterni. La prima è «AlBidaya» («Inizio»), dedicata alla contemplazione del sacro attraverso la materialità degli oggetti, in un invito a cercare la verità oltre il mondo tangibile. Segue «AlMadar» («Orbita»), un’esplorazione attraverso la navigazione astronomica e la matematica, per mostrarci come la numerazione nell’Islam sia sempre stata un modo per comprendere il Creato e dare ordine, simmetria e bellezza alla quotidianità. Con «AlMuqtani» («Omaggio») l’attenzione è rivolta al patronage che sostiene le importanti collezioni di arte islamica oggi. Se nella prima edizione la Biennale aveva tributato Sheikh Nasser Al-Sabah, fondatore della collezione al-Sabah, ora sono poste al centro le collezioni di Sheikh Hamad bin Abdullah Al Thani e Rifaat Sheikh El Ard. La prima si caratterizza per la preziosità dei materiali e il virtuosismo delle tecniche di oreficeria; la seconda è dedicata alla cultura cavalleresca radicata in tutto il mondo islamico. È noto come l’Arabia Saudita abbia il ruolo di guardiano per le sacre città. Da qui la decisione di dedicare a Mecca e Medina due padiglioni. «Makkah al-Mukkaramah» («L’onorato») e «Al-Madinah al-Munawwarah» («L’illuminato») instaureranno un dialogo volto a comprendere e approfondire le differenze fra le due mete, attraverso le voci di storie vissute.

A queste sezioni si accompagnano gli spazi esterni. Il primo è «AlMathala» («Il Baldacchino») con quattro commissioni legate al tema del giardino, uno spazio centrale in questa cultura, sia per la sua funzionalità (in climi particolarmente aridi è il luogo del ristoro), sia per il suo valore simbolico di Paradiso terrestre. Anche in mostra tale identità sarà rispettata, offrendo ai visitatori l’intimità spaziale per la riflessione, l’apprendimento, la meditazione e la socialità. Il secondo, «AlMusalla», è dedicato all’architettura, in virtù del ruolo centrale che questa disciplina ha fra le forme espressive della cultura islamica. Il vincitore del neoistituito AlMusalla Prize realizzerà uno spazio di preghiera («musalla», appunto) attivo durante l’intero periodo della manifestazione.

D’altronde la piattaforma Biennale ha nel suo scopo quello di essere uno spazio da vivere, di confronto e creazione. Un’identità forte che risponde alla mission istituzionale della Diriyah Biennale Foundation, l’ente che ha creato e gestisce la manifestazione. Una fondazione con un’identità bifronte (dirige infatti anche l’omonima biennale, che ha luogo a Riyadh in anni alterni a quella islamica di Gedda) che ha ben chiaro come porre armoniosamente in dialogo le due narrazioni.

Come chiarisce il ceo Aya AlBakree: «Ci sono numerose biennali d’arte contemporanea nel mondo, ma solo una è dedicata all’arte islamica e proprio questa è la pioneristica qualità della nostra biennale e ciò che l’ha portata al grande successo della prima edizione, con gli oltre 600mila visitatori, con la richiesta popolare di estendere la durata della biennale stessa. La Biennale di Arte Islamica unisce artefatti storici con lavori contemporanei e questo parla direttamente alle tradizioni, alla cultura, alla vita quotidiana delle persone in Arabia Saudita e alla comunità più ampia nel mondo. Mentre la nostra Biennale di Arte Contemporanea attira un pubblico più focalizzato, con oltre 200mila visitatori. Entrambi gli eventi contribuiscono significativamente al panorama culturale dell’Arabia Saudita e al suo posizionamento».

Micaela Deiana, 07 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

L’Islamic Arts Biennale al Terminal dell’aeroporto di Gedda | Micaela Deiana

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