«Musealizzazione delle mura di cinta» (2020) di Höller & Klotzner Architetti

Foto: Damian Pertoll

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«Musealizzazione delle mura di cinta» (2020) di Höller & Klotzner Architetti

Foto: Damian Pertoll

In Alto Adige gli edifici sono umanizzati

Nel Kunst Meran Merano Arte il quarto capitolo del progetto che sta conducendo «un’autoindagine per ricostruire il quadro di una provincia italiana con l’architettura più significativa»

Ventiquattro anni di architettura: è l’arco temporale documentato dal progetto «Architetture recenti in Alto Adige» che, dopo le edizioni del 2006, 2012 e 2018, ora vede il suo quarto capitolo in mostra nel Kunst Meran Merano Arte dal 27 ottobre al 16 febbraio 2025. Il progetto, realizzato dalla kunsthalle di Merano insieme alla Fondazione Architettura Alto Adige e al Südtiroler Künstlerbund, prevede anche la pubblicazione di un catalogo per rendere più duratura questa operazione di inventariazione, frutto di un’indagine, duratura e continuativa, che prosegue da un quarto di secolo, e non di un premio. La selezione, all’interno di più di 240 progetti pervenuti, è avvenuta a cura della giuria composta dal curatore Filippo Bricolo, architetto e docente al Politecnico di Milano, Elisa Valeria Ramos, docente di architettura alla Escuela Técnica Superior de Aquitectura dell’Università di Granda, e da Annette Spiro, docente di architettura e costruzione all’Eth di Zurigo. 

A essere scelti sono stati due gruppi di 28 progetti ciascuno. Come spiega Bricolo nel catalogo, il progetto ruota intorno a due domande: esiste un’architettura in Alto Adige? E, se sì, in che cosa consiste? «L’aspetto più interessante è proprio il fatto che non si tratti di un premio. Intendiamoci: i premi sono importanti e significativi, ma qui si fa un’operazione diversa, un’autoindagine condotta da una giuria internazionale, composta da persone che provengono da culture diverse, e accompagnata da cataloghi che in questi 25 anni hanno consentito di ricostruire il quadro all’interno di una provincia che è diventata quella italiana dall’architettura più significativa».

Procedendo non più secondo un principio geografico, ovvero suddividendo la ricerca per vallate, in questa edizione si sono evidenziati dei principi ricorrenti: «Non parliamo di tipologie di edifici, continua Bricolo, ma di “famiglie” caratterizzate, al di là delle singole personalità progettuali o delle diverse destinazioni d’uso, da similarità e approcci comuni, nel rapporto con il suolo, nella reinterpretazione della tradizione, nel dialogo con la natura».

Il modo di condurre questa operazione ha portato a esiti inattesi: «Affiora un aspetto poetico e onirico molto evidente, conclude Bricolo. È emersa l’importanza dell’Alto Adige come presidio strategico di una contemporaneità umanizzata rispetto a quella che vediamo in grandi città come Milano, caratterizzate da una modernità veloce e vorace. Qui si trova invece una lentezza direi necessaria: osservare l’Alto Adige mi fa dire che la contemporaneità vera non è nell’isteria delle città, ma nella provincia che ne rappresenta un antidoto. Quando parliamo di rigenerazione urbana, ci dimentichiamo che esiste una grande architettura che popola la provincia».

«Knottnkino³. Sentiero tematico Rock carvings» (2019) di Messner Architects. Foto: Oliver Jaist

Camilla Bertoni, 25 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

In Alto Adige gli edifici sono umanizzati | Camilla Bertoni

In Alto Adige gli edifici sono umanizzati | Camilla Bertoni