Il Museo Marino Marini, ospitato nell’ex chiesa di San Pancrazio e dedicato all’omonimo scultore novecentesco per iniziativa della Fondazione Marini San Pancrazio, racchiude, nel suo percorso, anche un capolavoro di architettura rinascimentale, la Cappella Rucellai, dove si trova il sacello del Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti, ispirato, in scala ridotta, a quello nella basilica costantiniana di Gerusalemme. Ha quindi particolare senso che proprio questo museo ospiti, dal 13 settembre al 7 gennaio 2025, una mostra incentrata sulle opere commissionate dalle corti cattoliche europee per essere donate proprio a quella basilica, catalogati dall’Ordine dei Frati Minori fin dal 2013.
«Il tesoro di Terrasanta al Museo Marini. La bellezza del sacro: l’Altare dei Medici e i doni dei Re» riunisce infatti oltre un centinaio di oggetti religiosi, gioielli, ornamenti e paramenti sacri, codici e baldacchini di secoli diversi provenienti dalla Custodia di Terrasanta, tutelata da oltre cinque secoli dai frati francescani (che faranno ritorno a Gerusalemme nel 2026 per l’istituzione «Terra Sancta Museum Art and History» nel Convento di San Salvatore) e da alcuni musei internazionali. Il titolo della mostra, curata da Jacques Charles-Gaffiot e con la curatela esecutiva di Leyla Bezzi, fa riferimento a un pezzo di eccezione, l’«Altare del Calvario» di cui fa parte l’«Ornamento» in bronzo argentato, donato da Ferdinando I de’ Medici, realizzato da Domenico Portigiani, dal Giambologna e da Pietro Francavilla nel convento fiorentino di San Marco, tra il 1588 e il 1590, testimonianza della devozione della città medicea, ma anche espressione del potere e del prestigio della Signoria fiorentina a quel tempo.
L’altare, che ha lasciato Gerusalemme per la prima volta dalla sua creazione per essere restaurato ed esposto a Firenze, è di forma allungata perché in origine avrebbe dovuto custodire la Pietra dell’Unzione. Dei sei pannelli decorativi che narrano la «Passione di Cristo», i due raffiguranti l’«Unzione del Cristo morto» e la «Sepoltura» sono stati scolpiti a bassorilievo dal Giambologna, mentre gli altri quattro («Innalzamento della Croce», «Crocifissione», «Deposizione dalla Croce» e «Resurrezione») sono opera dell’allievo Pietro Francavilla. In origine i rilievi formavano un ciclo narrativo continuo che si svolgeva, come di consueto, in senso antiorario, ma dal 1856 quel manufatto, ora nella cappella dei Francescani, è posto su un supporto di ferro battuto a fungere da altare; così le formelle un tempo sulla parte posteriore, sono state incorporate sul nuovo basamento per esser visibili ai pellegrini, causando alterazioni alla lettura iconografica. Esternamente, le quattro armi medicee poste sulle lesene d’angolo sono sormontate dalla corona granducale e da un cappello cardinalizio: infatti il mecenate Ferdinando I, ordinato porporato all’età di 13 anni, il 14 dicembre 1588 rinunciò al titolo ecclesiastico per sposarsi e dare un erede alla dinastia e quindi, al momento della commissione dell’«Ornamento», egli era sia cardinale che granduca.
Il percorso della mostra è suddiviso in tre sezioni tematiche: un’escursione nella storia della basilica costantiniana rievocato dal tempietto dell’Alberti, un pellegrinaggio geografico attraverso incisioni tratte, ad esempio, dal Libro delle Cronache di Breydenbach, e un viaggio attraverso i capolavori dei Re, la collezione arricchita dalle donazioni dei reali di Spagna, Francia, Portogallo e Sacro Romano Impero, e dai tesori italiani provenienti da Venezia, Genova, Granducato di Toscana e Regno di Napoli. Di quest’ultimo sono in mostra il paliotto d’altare in argento e oro, realizzato in 1731 dell’orafo napoletano Gennaro De Blasio, e altre opere inedite, tra cui le due tele settecentesche di Francesco De Mura raffiguranti san Francesco d’Assisi e sant’Antonio da Padova.