Siamo sicuri che, come ha sostenuto Eric Hobsbawm, il Novecento sia stato un «secolo breve»? Ed è proprio vero, come affermò Francis Fukuyama nel 1989, che la caduta del Muro di Berlino ha segnato «la fine della storia»? Se lo domanda, confutando l’asserzione, Stefano Castelli che nota, invece, come tanti nodi irrisolti del XX secolo continuino a condizionare il presente, ma (più ancora) evidenzia, per l’ambito dell’arte, come il Novecento continui a essere «un riferimento prezioso per molti autori, anche giovanissimi, che guardano all’estetica di quel secolo per trarne nuove sperimentazioni oppure rileggono momenti storici fondamentali come spunto per commentare il presente». A conferma, riunisce nella mostra «Novecento. Il secolo lungo», che ha curato per la sede milanese della Galleria Giovanni Bonelli (dal 12 settembre al 19 ottobre), una decina di artisti del nostro tempo nel cui lavoro si avverte la ricerca da loro condotta sul ’900 pittorico in una chiave non citazionista ma, all’opposto, del tutto sperimentale.
Così accade con le atmosfere metafisiche di Giorgio Silvestrini e Andrea Di Marco (lui, scomparso prematuramente nel 2012) e con gli echi da Depero nei materici dipinti di Mattia Barbieri. Mentre Andrea Mirabelli attinge ai punti di svolta della storia del XX secolo, Davide Volpi lavora sull’immagine e sul significato simbolico della divisa, entità capace di condizionare anche chi la indossa. E se Jacopo Martinotti nel suo video trasforma sarcasticamente le posture dei dittatori in movimenti coreografici, il duo bn+Brinanovara presenta un ironico non-monumento in cui la scultura s’intreccia con la pittura. Da parte sua, Umberto Chiodi ha scelto d’intervenire sulla vetrata della galleria con pattern decorativi nel cui intrico risuona però la protesta di un imperioso «No». Alle spalle dei loro lavori c’è la ricerca di un artista come Andrea Salvino, lui nato nel 1969, che nei suoi dipinti riflette su utopie e disillusioni del XX secolo, mentre il giovane Jacopo Mazzonelli si serve simbolicamente di una ormai arcaica macchina per scrivere cui ha strappato tutti i tasti fuorché quelli che compongono la parola «Noise», colonna sonora del nostro tempo. Oltre a Salvino (della generazione di mezzo) sono poi presenti alcune delle «fonti» precedenti di questi giovani artisti, che guardano a quelle figure allora rivoltose, rivoluzionarie anche nella forma, come Claudio Costa (1942-95), con il suo anti-eurocentrismo tradotto in immagini di fortissima intensità anche poetica, Gastone Novelli (1925-68) qui rappresentato da un’opera precoce in cui la sua scrittura ancora sta coagulandosi, Tancredi (1927-64), con la sua forma aperta ai cambiamenti sociali, pur nell’astrazione, e le due artiste femministe Milli Gandini (1941-2017) e Mariuccia Secol (1929), la prima con il suo rifiuto del lavoro domestico espresso con performance attraversate dall’ironia, la seconda con i suoi abiti sghembi. Tutti i viventi sono presenti con opere inedite, chi è scomparso con lavori rari. Ma agli inediti si aggiunge anche il testo in catalogo di Aldo Nove.