Gianfranco Meggiato all’Heydar Aliyev Center, Baku

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Gianfranco Meggiato all’Heydar Aliyev Center, Baku

Il mistero dei Quanti nelle sculture di Gianfranco Meggiato

Nell’Heydar Aliyev Center, progettato nel 2012 a Baku, in Azerbaijan, da Zaha Hadid per trasformare il Paese in un punto di riferimento per la grande arte contemporanea internazionale, la prima mostra dedicata a uno scultore italiano, con 39 opere delle quali 19 inedite e site specific

Classe 1963, veneziano, Gianfranco Meggiato è uno scultore nel senso classico del termine. Anche se le sue opere sono astrazioni tese verso la modernità, il suo approccio è monumentale e poetico, rivela «una raffinatezza di gusto e una linea scultorea che sembrano derivare dallo studio della tradizione orafa. Artista e alchimista in egual misura, è cresciuto con un’educazione convenzionale, prima di intraprendere un percorso creativo personale, che lo ha portato a ideare strutture di intrigante complessità nel caldo e dorato materiale del bronzo», per dirla con le parole di Vittorio Sgarbi. Bronzo, marmo e pietra diventano tra le sue mani l’eco sottile della metamorfosi che attraversa l’universo intero, l’animo umano, le invenzioni tecnologiche, le spirali delle galassie. Le sue raffinate e filiformi sculture astratte sono come le «Linee dell’Invisibile», non a caso titolo della mostra che l’Heydar Aliyev Center di Baku, dedica a Meggiato fino al 26 ottobre. È uno degli importanti appuntamento attraverso cui la capitale dell’Azerbaijan punta a rafforzare la sua presenza sulla scena artistica contemporanea internazionale, una volontà che ha al suo centro l’edificio culturale progettato da Zaha Hadid nel 2012 e che ha ospitato opere e mostre di alcuni fra gli artisti più importanti al mondo, come Anish Kapoor, Yayoi Kusama e Tony Cragg. Quella di Meggiato è la prima personale che il museo diretto da Anar Alakbarov dedica a un’artista italiano vivente, è curata da Amina Melikova ed è composta da trentanove sculture, tutte esemplari unici, di cui diciannove realizzate appositamente per questo luogo straordinario, dislocate tra il grande parco esterno, l’ingresso, a hall al piano terra e una sala del museo. 

«Respiro Quantico» di Gianfranco Meggiato

Nei suoi lavori ricorre spesso la forma della sfera, aggrovigliata in elementi che ricordano strutture labirintiche, organiche e biomorfe, che fluttuano leggere come anemoni o posidonie immerse nelle profondità del mare o come scie luminescenti in viaggio nel cosmo. Sono lo specchio delle misteriose leggi che governano la materia, l’ordine e il caos, gli abissi della distruzione e le vette della creazione. La complessità della scultura classica viene condensata nell’essenzialità delle sue linee, dei suoi chiasmi, delle sue torsioni, spinte, equilibri e proporzioni, diventando una manifestazione di luce ed energia. Significativi anche i titoli dei lavori, «Sfera Atman», una sfera in bronzo dorato racchiusa tra intricate spire bianche, atman in sanscrito significa essenza, soffio vitale, e poi ancora, «Germinazione», «Colpo d’ala», «Sfera quantica». Le sue sculture sono una proiezione dell’infinito, l’infinitamente piccolo, verso l’interno della sfera, e l’infinitamente grande, verso l’esterno della sfera. 

Gianfranco Meggiato, qual è il rapporto tra il suo lavoro e lo spazio progettato da Zaha Hadid?

«Credo molto nell’idea di futuro» ha affermato Zaha Hadid. Questo centro con le sue forme fluide e armoniche definito «l’incredibile trasformazione dell’Arzebaijan» ha reso tangibile un sogno, il sogno di cambiamento e modernizzazione di un Paese, e ha realizzato il futuro. Io credo che abbiamo ancora bisogno di credere che i sogni si possano realizzare. L’arte ha una grande missione, quella di rendere visibili i sogni, di ispirare e materializzare quello che si credeva impossibile ed è per questo che l’architettura di Zaha Hadid e le mie sculture condividono gli stessi ideali di fondo». Zaha Hadid nel realizzare questo centro si è ispirata al simbolo dell’infinito e io credo che questo spazio sia in realtà come una sorta di preghiera. Mi sento molto in sintonia con queste architetture perché anche per me fare scultura è una forma di preghiera.

«Il Volo» e «Attimo fuggente» di Gianfranco Meggiato

Come si è sviluppato il progetto della mostra e il suo percorso?

«Linee dell’Invisibile» è il titolo di questa grande mostra qui a Baku, dove la sfida era proprio quella di porre a fianco del capolavoro di Zaha Hadid, 39 opere, 19 delle quali inedite, che potessero entrare in dialogo con questa architettura. In effetti, osservando le linee delle sculture, soprattutto di quelle monumentali poste all’esterno, si vede come entrino davvero in dialogo con le curve e i movimenti dell’architettura. Il rispetto verso il sito è stata la chiave che ha determinato il percorso espositivo e questo, secondo me, è il modo più corretto di rapportarsi a uno spazio, che sia la Valle dei Templi, la Piazza dei Miracoli o un grande gioiello dell’architettura contemporanea come quello di Baku, cercando cioè sempre un dialogo costruttivo tra opere e location. Durante la posa delle grandi sculture all’esterno, è scattata immediatamente l’affinità e la compenetrazione energetica tra le mie opere bianche e le linee architettoniche del centro.

Quali sono le opere realizzate appositamente per il luogo?

Una delle opere simbolo realizzate per questa mostra è «Mistral rossa», alta 4 metri, che come una lingua di fiamma fluttuante nel vento, sembra unire due elementi: fuoco e vento: rappresentano idealmente l’essenza della cultura del paese, Baku è la città dei venti e l’Azerbaigian è la terra del fuoco eterno. L’opera più alta della mostra è sicuramente «Germinazione», alta 6 metri e posta all’esterno del museo: un concatenarsi di quattro elementi abbracciati, che solo uniti possono germogliare, riportandoci alla vita. Noi siamo tutti foglie di uno stesso albero, siamo tutti cellule di uno stesso organismo, siamo tutti parte dell’Uno. Finché l’uomo non farà propri quei concetti di unità, fratellanza e di superamento del duale, non potrà mai esserci la pace e il rispetto per la natura che ci circonda di cui noi facciamo parte.

«Mistral» di Gianfranco Meggiato

Come sono realizzati tecnicamente i suoi lavori?

Riguardo alla realizzazione pratica di tutte le mie opere non parto mai da un disegno o da un progetto precostituito, ma preferisco modellare di getto la cera calda, mi piace l’idea di libertà che mi dà andare alla mattina a lavorare senza mai sapere quello che farò.

Che rapporto ha la sua arte con la materia?

Tutte le opere esposte seguono il filone della materializzazione dell’invisibile, secondo le teorie della moderna fisica dei Quanti, la materia come la intendiamo noi, solida, in realtà non esiste, ma tutto sarebbe costituito da questi microsistemi solari chiamati atomi. Max Planck, padre della fisica dei Quanti e premio Nobel nel 1918, affermava che dallo studio della materia si evince come la stessa sia in realtà energia e vibrazione e che esista una coscienza intelligente che tiene insieme tutto l’universo. Paradossalmente l’invisibile secondo queste teorie sarebbe molto più reale del visibile. Sono teorie sconvolgenti che secondo me l’arte ha il dovere di fare proprie.

Che impressione ha avuto dell’Azerbaijan?

L’Arzebaijan a me è piaciuto, ho trovato molta disponibilità e cordialità, sicuramente un Paese in forte sviluppo materiale e culturale, in questo senso l’attività incessante del centro è stata fondamentale per creare una sensibilità all’arte contemporanea con mostre dei grandi della scultura da Tony Cragg a Yayoi Kusama a Anish Kapoor. Devo ringraziare l’Heydar Aliyev Center di Baku per avermi concesso per questa grande mostra i migliori spazi espositivi a disposizione, dal grande spazio situato al secondo piano, proprio nel cuore del centro, alla presenza di sculture monumentali nella hall e in tutti gli spazi esterni della struttura.

Jenny Dogliani, 10 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

Il mistero dei Quanti nelle sculture di Gianfranco Meggiato | Jenny Dogliani

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