«Giver» (2023) di Odonchimeg Davaadorj (particolare)

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«Giver» (2023) di Odonchimeg Davaadorj (particolare)

I primi 10 anni del Museo Ettore Fico

Il direttore Andrea Busto racconta i progetti, i cambiamenti e le mostre del museo torinese, che diventerà sempre più attento agli artisti emergenti

Il Mef-Museo Ettore Fico compie dieci anni. Ne parliamo con Andrea Busto, che sin dall’inizio ne ha seguito la nascita e la direzione, come museo dedicato alla figura di Ettore Fico (1917-2004) e insieme esplorazione della scena contemporanea italiana e internazionale.

Qual è il suo bilancio come direttore e quale il suo sguardo sul futuro del museo?
Il bilancio è positivo, a parte gli anni del Covid che sono stati una catastrofe per tutti. Avevamo dovuto rivedere programmi, tematiche, gestione, modo di operare. È stato devastante chiudere e riaprire in un clima di incertezza completa. Fino alla pandemia avevo fatto una programmazione con mostre di arte moderna e incursioni anche nell’arte antica, spaziando in diversi campi. Con il passaggio di boa al post-Covid, mi sono solo dedicato ai giovani artisti, coinvolgendo scene diverse, da quella africana a quella italiana. Anche la mostra «Sogni» (in corso fino al 15 dicembre, Ndr) è composta da giovani, anagraficamente o alle prime esperienze nell’arte: per esempio Julia Haumont non ha mai avuto una personale, mentre Edi Dubien è giovane ma è presente alla Biennale di Lione e ha già esposto al Centre Pompidou di Metz. Il mio obiettivo è far conoscere voci nuove del panorama internazionale all’Italia, per un Mef molto giovane che abbia un’attenzione rivolta al futuro più che al passato.

Come prosegue il lavoro di valorizzazione dell’opera di Fico ora che la Fondazione omonima, da cui è nato proprio il Mef, è stata chiusa?
Si è appena conclusa una mostra a Museo Macc di Calasetta. L’anno prossimo a Venezia ci sarà una mostra alla Marina Bastianello Gallery e abbiamo avviato un rapporto di collaborazione su Fico con Ca’ Pesaro. Sono solo alcune delle progettualità realizzate e future a cui mi sono dedicato, perché Fico rimane la figura principale della mia attività. Cerco di portarlo in Italia e all’estero e sono contento perché viene molto apprezzato, con un occhio serio e fresco sul suo lavoro. 

L’Archivio Fico?
Continuo a gestirlo, l’ho realizzato io stesso, era stato un desiderio della moglie Ines. Mi piacerebbe lasciare alla città il corpus di opere di Ettore Fico, così come vorrei che il museo restasse a Torino. 

L’idea del sogno è il tema e il titolo della collettiva in corso: una fuga? 
Ci mancano i sogni ultimamente, abbiamo solo delle grandi guerre e quindi quando si va in un museo sarebbe importante riuscire a rilassarsi e a riflettere, non tanto sulla quotidianità, ma su quello che potrebbe essere il futuro. Una scappatoia e una possibilità per vedere il domani in modo più felice. Il mondo dell’arte mi sembra ce la stia mettendo tutta in questa direzione. Io, sicuramente.

Gli artisti che ha scelto hanno gli stessi sogni?
Hanno una doppia visione, sul mondo e su sé stessi. Uno sguardo introspettivo su una dimensione parallela assolutamente non di stampo surrealista. È come se si estraniassero dal mondo e riflettessero su di sé per riflettere, in realtà, sul mondo stesso, su possibilità diverse da quelle che la quotidianità ci offre. Ma sono dei desideri più che dei sogni, in effetti. Come vorrei essere, come vorrei fosse la mia famiglia, e il mondo, come vorrei fosse naturale stare in equilibrio con gli animali e le piante, con il cosmo. C’è un comune desiderio esistenziale, un po’ leopardiano direi, di equilibrio, di una vita equilibrata, che ognuno interpreta in modo molto personale.

Insomma, una mostra intimista e poetica.
Sì, è vero, è una mostra un po’ nascosta, ci sono quadri e sculture, ma bisogna andare dietro al vissuto degli artisti per capirne le opere. Una mostra in cui gli artisti si mostrano e al tempo stesso ci celano, raccontando storie personali.

Olga Gambari, 24 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

I primi 10 anni del Museo Ettore Fico | Olga Gambari

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