Nel capoluogo meneghino, Ugo Mulas era arrivato a vent’anni, da Pozzolengo nel Bresciano, dov’era nato, per frequentare Giurisprudenza. Era il 1948. Ma la folgorazione per la città si manifestò in lui tra il 1951 e il 1952 quando, continuando a studiare (ma senza poi laurearsi), divenne assiduo del bar Jamaica in via Brera, allora luogo d’incontro degli ingegni più vivaci della città: artisti (moltissimi: per tutti, Piero Manzoni), scrittori come Luciano Bianciardi, poeti come Eugenio Montale, famosi giornalisti del vicino «Corriere della Sera» come Dino Buzzati e lo stesso Montale. Proprio il bar Jamaica, con il suo quartiere, diventerà l’oggetto dei suoi primi scatti fotografici, quelli con cui inizierà il percorso che, a dispetto della morte prematura, a 45 anni soltanto, nel 1973, lo porterà a diventare uno dei grandi protagonisti del mondo della fotografia.
Maestro nel realizzare ritratti di artisti, architetti e designer, scrittori e intellettuali (per citarne alcuni soltanto, oltre a Buzzati e Montale, Salvatore Quasimodo e Arthur Miller e poi Gio Ponti, Gae Aulenti, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Vittorio Gregotti; Giorgio Strehler; Giorgio De Chirico, Marcel Duchamp, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Louise Nevelson, Andy Warhol e su tutti il grande amico Fausto Melotti...) ma non meno a suo agio con la fotografia di moda, teatro, spettacolo, come con le immagini urbane e con il nudo, Ugo Mulas è stato un fotografo «totale», guidato dalla consapevolezza che la fotografia non sia una semplice documentazione bensì un’interpretazione critica della realtà: un linguaggio sorretto da un sistema di pensiero attraverso il quale condurre, come sosteneva, «un’autentica operazione conoscitiva». Non gli interessava infatti cogliere l’attimo eccezionale, straordinario, ma preferiva dare vita a un’«operazione fotografica».
Di qui il titolo «Ugo Mulas. L’operazione fotografica» (come già quello della mostra, diversa, presentata nelle Stanze della Fotografia a Venezia nel 2023) scelto da Denis Curti, direttore di Le Stanze della Fotografia a Venezia, e da Alberto Salvadori, direttore dell’Archivio Ugo Mulas, curatori della grande retrospettiva presentata dal 10 ottobre al 2 febbraio 2025 da Palazzo Reale con Marsilio Arte, in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas e con il sostegno di Fondazione Deloitte e Deloitte Italia. La compongono oltre 250 immagini, molte mai esposte prima, con scatti vintage, documenti e filmati che ripercorrono per intero la sua produzione, in un itinerario che da Palazzo Reale si dipana nei luoghi di Milano da lui più amati, tra la Pinacoteca di Brera e il Poldi Pezzoli (qui nel 1963 fotografò Joan Miró accanto alla «Dama» del Pollaiolo), il Museo del Novecento, la Fondazione Marconi e Deloitte Gallery, che espongono una scelta di suoi scatti. Perché se da un lato la mostra rende omaggio alla serie concettuale delle «Verifiche» (1968-1972), riflessione in 14 immagini (qui con i loro studi) sulla storia della fotografia, dall’altro è una dichiarazione d’amore per Milano, con cui Mulas sviluppò un’osmosi profonda tanto da volerle dedicare un suo «archivio fotografico».