La mostra di Gosia Turzeniecka allo Studio 515, curata da Olga Gambari, (fino al 2 giugno) nasce da un incontro con lo spazio, dall’idea di un allestimento site specific per raccontare vent’anni di lavoro attraverso una scelta di opere note insieme ad altre quasi inedite. Le sue donne soprattutto, che formano una parete irregolare di ritratti a china e acquerelli, grandi fogli di carta liberi, fissati con due spilli, dove un cosmo femminile osserva, sogna, ricorda. Una galleria di donne potenti nella loro naturalezza e intimità. Corpi, volti e identità che vibrano di sentimenti che sono la fierezza, la dolcezza, l’abbandono, la sensualità, la malinconia, la gioia, la rabbia. Sono loro a osservare noi, non il contrario. Ognuna una storia, che potrà conoscere chi si saprà mettere in ascolto. Ma come sono sempre le storie che l’artista polacca raccoglie (nel suo diario personale del mondo tutto è importante, ha la sua presenza e il suo posto), variano e hanno una natura aperta al possibile, perché così è la condizione della vita, che è mutevole, in divenire e relativa.
E così è la natura della memoria. La sua cifra è sempre quella della leggerezza di una visione mobile, di una lieve poeticità surrealista con cui coglie atmosfere, sentimenti e sensazioni da luoghi, persone, animali. Sono le sfumature che capta e fissa con un fare rapido e incisivo, affine al calligrafismo orientale nell’intuire e coagulare in pochi tratti il senso. Come se ne fermasse l’impronta, la traccia vitale. Ma non c’è minimalismo. Al contrario, c’è un’emozione, anche spirituale. Il coro di donne si rispecchia e gioca con un’altra opera corale dove mondo animale, umano e vegetale si frantumano in un caleidoscopio compositivo che sceglie il registro del piccolo formato per creare una polifonia visiva di voci, suoni, rifrazioni, echi, scoppiettii, flash.
Dal gruppo, alcuni piccioni letteralmente prendono il volo, trasformandosi in sculture di cartapesta in scala naturale. Opere recentissime. Il segno si fa materia in un’installazione che si dispone su elementi architettonici dello spazio, un gruppo di uccelli che osserva dall’alto, con lo stesso sguardo ironico e di poesia surreale dell’artista, che cerca il contatto e la complicità con il pubblico. L’idea di site specific si radica poi ulteriormente nell’installazione che si sviluppa sulle vetrate del giardino d’interni, dove il metallo dei rettangoli diventa un filo ideale su cui si depositano piccioni dipinti direttamente sul vetro. E lo spazio si trasforma nell’atelier, al tempo stesso reale e immaginifico, dell’artista, dove ci invita a entrare e a muoverci, a conoscere il suo mondo di mondi.