Alla fine del XIX secolo Parigi è l’effervescente capitale della Belle Époque. La città inizia la sua corsa verso la modernità: i colossali lavori del barone Haussmann, le grandi opere pubbliche, l’arrivo dell’elettricità, i nuovi mezzi di trasporto trasformano il paesaggio urbano. E nasce anche una nuova forma d’arte, che diventa velocemente anche un fenomeno di società: le affiche, i manifesti illustrati che invadono le vie cittadine e catturano lo sguardo dei passanti per il loro impatto visivo.
Dal 18 marzo al 6 luglio il Musée d’Orsay di Parigi, usufruendo anche delle ricche collezioni della Bibliothèque nationale de France (Bnf), presenta un’ampia mostra sull’età d’oro dell’affiche, dal titolo «L’arte nelle strade». Curata da Sylvie Aubenas, conservatrice al dipartimento delle Stampe della Bnf, e Christophe Leribault, presidente dell’ente pubblico che gestisce la Reggia di Versailles, la mostra è stata concepita come «un’immersione sorprendente nell’universo visivo della città del XIX secolo». In particolare il Musée d’Orsay ricorda la figura di Jules Chéret (1836-1932), pittore e pubblicitario, padre del manifesto moderno. Chéret, che da estimatore di Gianbattista Tiepolo e Antoine Watteau privilegiò le figure femminili, seppe cogliere l’interesse dell’immagine al di sopra del testo e trasformò la tecnica della litografia da strumento artigianale ad artistico.
Il museo allestisce più di 300 opere, con una ricca selezione di manifesti concepiti dai grandi maestri dell’epoca, primo fra tutti Henri de Toulouse-Lautrec, che immortalò la vivace vita notturna di Montmartre e i suoi teatri affollati, e ovviamente Alphonse Mucha, Théophile Alexandre Steinlen, illustratore del famoso manifesto per il cabaret dello «Chat noir», Eugène Grasset ed esponenti del gruppo dei Nabis, come Pierre Bonnard, Henri-Gabriel Ibels, Edouard Vuillard o ancora Félix Vallotton. In mostra anche fotografie, dipinti, disegni e oggetti d’arte che evocano il mondo in continuo fermento della strada in questo periodo storico unico, in cui arte, progresso e innovazione si fondono e in cui si pongono le basi della futura società del consumismo e della cultura di massa. «Il manifesto, scrive il museo in una nota, è il luogo di affermazione di pratiche recentemente liberalizzate: frequentazione dei cabaret, apparizione dello sport, femminilità esacerbata. Offerto a tutti in virtù della sua esposizione al centro della strada, può esprimere un’ambizione sociale e diventare il mezzo privilegiato dell’arte per tutti». I manifesti diventano una moda o persino una mania. Finiscono per tappezzare la città e si ritrovano sulle famose e tipiche colonne Morris per la promozione degli spettacoli, ancora oggi presenti nel paesaggio parigino, vere testimonianze di un’epoca, ma anche nelle edicole, sui muri dei palazzi e nel metrò, e persino sugli orinatoi dispersi un po’ ovunque in città. In questo periodo nasce la figura dell’«uomo sandwich», letteralmente «vestito» da cartellone pubblicitario.

Jules Chéret, Imprimerie Chaix (Paris) Olympia, «anciennes Montagnes russes. Boulevard des Capucines», 1892. Foto: BnF

Pierre Bonnard, Imprimerie Edward Ancourt (Paris), «La Revue blanche», 1894. Foto: BnF