«Passaggio del Mar Rosso» (1935) di Corrado Cagli

Image

«Passaggio del Mar Rosso» (1935) di Corrado Cagli

Al Meis gli ebrei fascisti e antifascisti

La mostra in corso a Ferrara imbastisce un lungo racconto del XX secolo dal punto di vista sia della storia sia dell’arte sia degli aspetti di vita quotidiana delle comunità italiane

«Perché gli ebrei italiani non avrebbero dovuto essere fascisti? Lo sono stati proprio come gli altri italiani», disse anni fa Tullia Zevi (1919-2011), indimenticata figura della cultura, rispondendo a una domanda che le era stata rivolta. Lo ricorda la storica Anna Foa nel suo saggio La percezione del fascismo, il consenso al regime e la scelta antifascista: percorsi individuali e sentimenti collettivi, nel catalogo che accompagna la mostra «Ebrei nel Novecento italiano», allestita fino al 6 ottobre al Meis - Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, a cura di Mario Toscano e Vittorio Bo

Prosegue Foa: «Ma quale è stato il momento in cui il mondo ebraico italiano si è avvicinato a quella che sarà destinata a diventare l’ideologia del fascismo, trasformando in un’accesa esaltazione nazionalistica la tutta diversa adesione all’idea di Patria che aveva caratterizzato la sua partecipazione al Risorgimento italiano, pervasa invece di mazzinianesimo e di istanze universalistiche? Si trattò di un brusco cambiamento o di un lento e progressivo mutare di ideologie e mentalità? E si trattò di un percorso diverso da quello intrapreso dal mondo non ebraico, o possiamo individuare in esso caratteristiche simili a quello della maggioranza degli italiani?». 

Se intorno a questi fondamentali quesiti storici e intellettuali riflettono in maniera approfondita, un contributo altrettanto importante lo dà, visivamente, la mostra in corso a Ferrara, che imbastisce un lungo racconto del XX secolo dal punto di vista sia della storia sia dell’arte sia degli aspetti di vita quotidiana degli ebrei italiani, compresi i terribili anni delle leggi razziali, volute nel 1938 da Mussolini, e della Shoah. La mostra si compone di numerosi oggetti tra cui un dipinto di Rudolf Levy (1875-1944) proveniente dalla Galleria degli Uffizi, un ritratto di Olga Modigliani, la tazza di Sylvia Sabbadini, una corona donata alla comunità di Addis Abeba, una macchina da scrivere con caratteri ebraici, una maschera di Emanuele Luzzati (1921-2007), una foto di Vittorio Foa del casellario giudiziario. 

Molti oggetti sono esposti su un ampio tavolo centrale su cui sono composti e ancora sul tavolo e sulle pareti laterali sono esposti filmati e testimonianze documentarie sui materiali suddivisi nelle varie sale in sette sezioni: «I risultati dell’integrazione 1900-22», «Dalla fine della libertà alla vigilia delle leggi razziali 1922-37», «La persecuzione degli ebrei 1938-43», «La persecuzione degli ebrei 1943-45», «Liberazione, Repubblica, Costituzione 1945-48», «Una democrazia in cammino: dalla promulgazione della Costituzione all’applicazione dell’articolo 8 1948-87», «Identità, memoria e rappresentazione 1988-2000». 

Il Meis, oggi punto di riferimento internazionale per lo studio della cultura e storia ebraiche italiane, nasce grazie a una legge del 2003-06 nelle ex carceri ferraresi di via Piangipane. La Fondazione, presieduta da Dario Disegni e diretta da Amedeo Spagnoletto, è stata istituita dal MiC con soci partecipanti la Regione Emilia-Romagna, il Comune di Ferrara e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei).  

Stefano Luppi, 28 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Al Meis gli ebrei fascisti e antifascisti | Stefano Luppi

Al Meis gli ebrei fascisti e antifascisti | Stefano Luppi