«Mani legate» (2024) di Giusy Pirrotta

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«Mani legate» (2024) di Giusy Pirrotta

Al Mef i sogni degli artisti tra passato e presente

Nel museo torinese le opere di Odonchimeg Davaadorj, Edi Dubien, Julia Haumont e Giusy Pirrotta, accomunate dall’uso della ceramica, riflettono una dimensione tra il nostalgico e l’onirico

Molti ricorderanno quel passo di Dalla parte di Swann in cui Marcel Proust descriveva esattamente che cosa provava nell’assaporare «uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati madeleine, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di san Giacomo». Il piacere dato dal gusto della madeleine aveva immediatamente annullato ogni sentore negativo e quell’ansia esistenziale tipica dell’età adulta nell’autore. La gioia, infatti, di ritrovare il calore di un vecchio ricordo, stimolato in quel caso da un sapore familiare, può attivare l’esigenza di un luogo mentale in cui il dolce passato, quello legato all’infanzia, sia intimamente custodito. Tra chi ha vissuto l’età dell’innocenza e chi l’ha solo immaginata permane in maniera più o meno evidente il desiderio di poterla vivere ancora o per la prima volta, come quando capita di sognare immagini confortanti ma obnubilate dal tempo. 

Odonchimeg Davaadorj, Edi Dubien, Julia Haumont e Giusy Pirrotta, quattro autori appartenenti a tre generazioni diverse, ricercano quello «stato di grazia» attraverso opere che riflettono una dimensione tra il nostalgico e l’onirico. Le loro ricerche, legate dall’utilizzo comune della ceramica, sono esposte dal 12 settembre al 15 dicembre al Mef-Museo Ettore Fico nella mostra «Sogni»

Davaadorj, classe 1990, originaria della Mongolia, è ispirata dalla sua terra natìa, da una memoria emotiva che la fa tornare sempre sui temi della maternità, del paesaggio e del desiderio sessuale. Disegni a china, acquerelli e filo su tessuto o su carta dialogano con ceramiche attraverso la presenza di personaggi che ne generano altri, in una continua emanazione di corpi. Se da una parte emerge l’idea che i legami umani persistono e si moltiplicano spontaneamente, dall’altra è evidente una storia che torna sotto forma di immagini irreali, elucubrazioni fantastiche che mescolano storie familiari e mitologie. 

Il francese Edi Dubien (1963) pare sposare quel «pensiero magico» tipico dei più piccoli che credono nella presenza di emozioni e pensieri negli esseri animati quanto negli oggetti. La scultura, le sue tele e i disegni esemplificano una narrazione personale quanto generale: «Sono legato alla natura dalla storia della mia infanzia che ritrovo attraverso essa. Parlo di un animale così come di me stesso, parlo di una pianta così come di me stesso, parlo di nascita e di sconvolgimento. Parlo di un’esistenza da tutelare: dei bambini ma anche della natura, degli animali, di una parte di noi», dichiara. 

Un’altra artista francese, Julia Haumont, trasla invece le foto dei suoi cari in dipinti e incisioni. D’altra parte le sue composizioni tessili rinunciano alla figurazione a favore di materia, linee e colori. Strappati e riassemblati, questi lavori, fragili nell’aspetto, includono giustapposizioni di perline, ricami e paillette tipici dell’infanzia. 

Giusy Pirrotta (1982), l’unica italiana del gruppo, utilizza media diversi, ceramica, film, video, fotografia, carta da parati e tessuti, per le sue installazioni immersive dove l’esperienza tattile è parte fondamentale della fruizione dell’opera, dalle sculture allo spazio stesso. Con totale libertà espressiva, l’artista mischia i linguaggi per creare ambienti abitati da strani oggetti e personaggi e «per esplicare fenomeni ottici o narrare delle storie». Le sue ceramiche, slegate da codici predefiniti, annullano i confini tra le discipline creative. Il percorso, con la sua suggestiva eterogeneità, proietta una comune volontà di immergersi in una dimensione altra, che vagamente si conosce, e in cui si può trovare rifugio da un futuro incerto. 

«Senza titolo (incisione n. 24)» (2024) di Julia Haumont

«Senza titolo» (2023) di Edi Dubien

Monica Trigona, 09 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

Al Mef i sogni degli artisti tra passato e presente | Monica Trigona

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