I capolavori di Antonio Canova, Francesco Hayez, Pellizza da Volpedo, Tranquillo Cremona, Gaetano Previati e Giovanni Segantini, che occupano i saloni della Gam-Galleria d’Arte Moderna di Milano, dal 13 settembre all’8 dicembre sono posti in dialogo per tutto l’autunno con sculture contemporanee al contempo familiari e misteriose, create da Kelly Akashi (Los Angeles, 1983), artista protagonista della sesta edizione delle Furla Series, progetto della Fondazione Furla curato da Bruna Roccasalva, che dal 2017 si focalizza su protagoniste femminili del contemporaneo in collaborazione con importanti musei italiani. «La mostra ospitata al primo piano della Galleria d’Arte Moderna ha un significato speciale per diversi motivi, dichiara Bruna Roccasalva. Innanzitutto, pur essendo la quarta collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna, è la prima esposizione ospitata al primo piano della collezione permanente, creando un dialogo intimo tra arte contemporanea e opere dell’800. La mostra è composta quasi interamente da nuove produzioni, create appositamente per dialogare in modo esplicito con la collezione, con la struttura architettonica e gli elementi decorativi dello spazio, dai pavimenti agli stucchi, di Villa Reale, di cui abbiamo scelto le sale più ornate».
Il percorso inizia con «Converging Figures» (2019), che dà il titolo alla mostra e che riassume la pratica dell’artista; Akashi esplora la manualità e l’attenzione al fare fisico, utilizzando una combinazione di sculture di materiali ed elementi diversi. Coniugando le sue origini americane e giapponesi, Akashi nel guardare si pone con attenzione e calma, riflettendo su un tempo che supera la transitorietà. «Kelly è molto contemplativa e interessata a dimensioni che trascendono una visione antropocentrica, piuttosto che focalizzarsi su temi femminili o femministi, che non sono al centro della sua ricerca», aggiunge Roccasalva. «Il mio lavoro è passato attraverso diverse fasi e sperimentazioni, con materiali e tecniche diversi, precisa Kelly Akashi. Sono stata molto influenzata dagli studi fatti a Francoforte, un’apertura improvvisa rispetto a Los Angeles dove avevo vissuto. Inizialmente, ho lavorato con la fotografia, soprattutto documentaristica. Questo ha influenzato la mia pratica scultorea, che si concentra sulla testimonianza dell’impermanenza. Nel 2017, la prima mostra museale ha rappresentato una sfida nell’approccio allo spazio, e segnato l’inizio della mia esplorazione con il bronzo, la pietra e il vetro. Ho iniziato a fondere candele di cera in bronzo, le sculture in cera possono essere delicate ed effimere, mentre quelle fuse in bronzo trasformano momenti fugaci in sculture permanenti, un processo che considero simile alla fotografia per la capacità di fissare momenti temporanei. Poi ho iniziato a utilizzare l’acqua, sostanza che trovo particolarmente eccitante per la sua materialità e per gli aspetti collaborativi che comporta, specialmente quando si lavora in gruppo per la soffiatura del vetro. Mi interessano le tecniche e i processi storici, come la creazione di specchi antichi in ossidiana o bronzo lucidato, e cerco di reinterpretare le intenzioni dei creatori del passato nei miei lavori contemporanei».
Nella pratica di Akashi è comparso anche il ricamo al tombolo, tecnica tradizionale che richiede l’uso di piccole bobine per intrecciare i fili; ha iniziato a sperimentare con piccoli pezzi, riconoscendo la sfida e la delicatezza di questa tecnica, un ulteriore modo per esplorare la materialità, l’impermanenza e le tecniche artigianali tradizionali, con la volontà di integrare queste pratiche nel suo lavoro scultoreo. La scala dei lavori della Akashi varia, ma la maggior parte delle opere è progettata in scala uno a uno con il corpo umano; se un’opera rappresenta una mano, sarà di dimensioni reali, in particolare quella dell’artista, elemento ricorrente nella sua pratica: «Le mani non mentono, scandiscono e raccontano il tempo che passa, afferma l’artista. Questo permette alle opere di stabilire un contatto diretto e immediato con i visitatori, rendendo l’esperienza più personale e coinvolgente».
«Tuttavia c’è un’installazione che rappresenta il cuore della mostra, situata nella sala da ballo, di scala maggiore rispetto alle altre opere, un punto focale significativo all’interno dell’esposizione, conclude Roccasalva. Questo contrasto tra opere di dimensioni umane e installazioni più grandi contribuisce a creare una dinamica interessante e variegata all’interno della mostra».