Una veduta della mostra «Baselitz: Naked Masters» (2023), Vienna, Kunstistorisches Museum

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Una veduta della mostra «Baselitz: Naked Masters» (2023), Vienna, Kunstistorisches Museum

A Vienna il vecchio Baselitz si mette a nudo tra i maestri antichi

Gli audaci accostamenti tra i dipinti dell’artista tedesco e quelli degli antichi maestri sono provocatori ed elegiaci

Dieci anni fa, la mostra «Storie di sfondo» al Castello di Dresda aveva abbinato dipinti di Georg Baselitz con opere della vicina Gemäldegalerie Alte Meister. Invece degli originali, tuttavia, dipinti come la «Madonna Sistina» di Raffaello (1512-13) erano stati mostrati attraverso gigantesche riproduzioni digitali. Si era trattato di una soluzione audace e stimolante al problema di accostare l’arte contemporanea agli antichi maestri, inserendo i dipinti di Baselitz in un «musée imaginaire» a grandezza naturale.

La mostra «Baselitz: Naked Masters», in corso al Kunstistorisches Museum di Vienna fino al 25 giugno, è un altro confronto con dipinti antichi, ma questa volta l’incontro è reale. Cinque grandi sale e gli spazi circostanti sono stati allestiti con dipinti di Baselitz degli ultimi cinque decenni. Accanto e sotto alle sue tele è esposta una quarantina di opere del XVI e XVII secolo, tra cui tele di Tiziano e Correggio, e molte di Bartholomeus Spranger, artista fiammingo che lavorò alla corte di Rodolfo II a Praga.

Non sorprende sapere che la mostra è stata curata e allestita per la maggior parte dallo stesso Baselitz. Nella prima sala, l’atmosfera è data da un’enorme tela spruzzata di colore che sovrasta un delicato «Adamo ed Eva» (1485 ca) di Hans Memling, la parte superiore di una pala d’altare, mentre «Lot e le sue figlie» (1537) di Albrecht Altdorfer è affiancato da tre dipinti di figure capovolte di Baselitz dei primi anni Settanta.

Una veduta della mostra «Baselitz: Naked Masters» (2023), Vienna, Kunstistorisches Museum

A prima vista, sembra che ci sia poca corrispondenza tra i nuovi e gli antichi maestri, mentre la sequenza delle sale dimostra piuttosto la loro completa differenza e inconciliabilità. I dipinti contemporanei sono leggeri, ariosi e privi di cornice, mentre quelli più antichi hanno tonalità più cupe con pesanti cornici. Le scene tradizionali dei dipinti antichi, con storie più o meno familiari, formano un netto contrasto con le opere contemporanee che parlano di desideri e traumi personali. Baselitz dipinge figure a testa in giù, rinunciando alla gravità. Gli antichi maestri tengono i piedi ben saldi a terra. Tre grandi dipinti maturi di Tiziano, le cui superfici sono lavorate e rifinite al massimo grado poetico, sono abbinati a tele quasi completamente astratte, senza alcun riferimento a fonti mitologiche o bibliche tradizionali.
 

Nuove connessioni

Nulla è fuori posto: nemmeno i cinque grandi dipinti raffiguranti mani d’oro, come zampe di Mida, appesi intorno all’unico dipinto troppo grande per essere spostato, la «Resurrezione di Cristo» del Garofalo (1520). Ciò che emerge è un dialogo tra vecchio e nuovo che non si svolge a livello di superficie o di somiglianza formale, ma piuttosto a un livello più profondo dell’atto del dipingere e della pittura stessa, il tipo di connessioni che possono prendere forma solo negli occhi e nella mente di un artista. Anche le combinazioni più scioccanti, come il ritratto nudo e rovesciato di Johanna Elke Kretschmar, moglie di Baselitz, accanto al famoso ritratto della moglie di Rubens Helena Fourment, che tenta vagamente di coprire il proprio corpo con una pelliccia, presentano un’inaspettata e commovente affinità.

Il tema dei «maestri nudi» si sviluppa in tre sale al centro della mostra. Nella prima vediamo la strana ossessione di Baselitz per l’idea che Duchamp abbia «rubato» la composizione di «Nudo che scende una scala» (1912) a un Picasso («Donna in poltrona», 1910), dando vita a una serie di dipinti recenti in cui Duchamp viene presentato come un libertino sessuomane, con la composizione di due figure che copulano basata su una stampa pornografica del XVIII secolo. Con loro è appeso «Giove e Antiope» di Spranger (1596 ca), che mostra le divinità nude che si avvinghiano in un bosco.

Una veduta della mostra «Baselitz: Naked Masters» (2023), Vienna, Kunstistorisches Museum

In questa sala, dedicata alla decadenza e al desiderio, l’accostamento più audace è rappresentato da «Picture-thirty-two» (1994), un’immagine di donna (sempre Elke), ritratta a testa in giù e accovacciata, disegnata con una spessa vernice nera su fondo oro, con una cornice pittorica interna di terra di Siena bruciata. L’opera è appesa sopra due nudi sdraiati un po’ kitsch di Dirck de Quade van Ravesteyn. La pesante Elke dorata sembra comprimere i due corpi levigati di Ravesteyn in un quadro doppiamente brutto. Accanto, «Ade Nymphen» (1998) di Baselitz mostra due nudi femminili rosati che fluttuano intorno al bordo della tela, come se stessero decomprimendo i Ravesteyn. Quello di Baselitz è un quadro stranamente bello, con i suoi colori sgargianti, la sua goffaggine, le sue labbra rosse e i suoi genitali color terra, il suo fondo sporco e grigio carbone, punteggiato da dischi bianchi (ricavati dai barattoli di vernice che Baselitz usa per mantenere la tela stesa mentre dipinge).

Altre due sale sono dominate dagli spettrali dipinti a figura intera rovesciata, realizzati con un pigmento lucido e metallico su una superficie nera, che da qualche anno costituiscono il «Bildmodell» di Baselitz. Sembrano emergere dal buio come divinità eteree, dense costellazioni di luce incandescente. È certamente un gesto audace appendere una di queste apparizioni celesti, «Senza camicia e senza casa» (2018), sopra due Correggio («Il ratto di Ganimede» e «Giove e Io», entrambi del 1530 ca) e la «Danae» di Tiziano (1564), ma l’effetto è piuttosto quello di gettare un’attenzione inaspettata sui dipinti più antichi: la grande tela di Baselitz diventa più uno sfondo, più legata all’architettura della sala. Come dice lui stesso, come «carta da parati» intorno agli antichi maestri.

Qui la verità dei «maestri nudi» diventa chiara. Il soggetto non è la nudità erotica, o semplicemente la figura non vestita, ma piuttosto la nuda vulnerabilità dell’età e del dramma del pittore che invecchia, confrontando la realtà della mortalità con l’urgenza di creare arte e il rapporto sempre difficile con la tradizione della pittura a olio occidentale.

Una veduta della mostra «Baselitz: Naked Masters» (2023), Vienna, Kunstistorisches Museum

La «Ninfa e il pastore» di Tiziano (1570 ca), un poetico omaggio all’amore corporeo dai toni cupi, è appesa accanto al «Cupido che fa l’inchino» di Parmigianino (1534 ca) e a una copia realizzata da Joseph Heintz il Vecchio nel 1603, che ironizza piuttosto su dove tutto, cioè l’amore, ha avuto inizio. In alto, la doppia composizione di figure celesti «Wohin» (2017) di Baselitz mostra i corpi rovesciati di Georg ed Elke, realizzati quando l’artista aveva più o meno la stessa età di Tiziano all’epoca in cui dipinse la sua «Ninfa e il pastore». Wohin? E adesso dove?

La stessa domanda potrebbe essere posta alla mostra nel suo complesso, che ha un tono al tempo stesso provocatorio ed elegiaco. Nella grandiosità dell’allestimento e in un museo spudoratamente dedicato alla gloria dell’arte, si tratta di una sorta di incoronazione per Baselitz. Ma è anche qualcosa di più personale: l’esplorazione di un artista che si sofferma sulle origini della sua pittura che si collocano nelle sue prime esperienze nei musei. Ma anche nella vita privata e nei sentimenti, in particolare nell’amore per Elke e nella crescente consapevolezza della mortalità in età avanzata. È una provocazione con uno scopo. Possiamo non essere sempre d’accordo con ciò che Baselitz dice, sia nell’arte sia nella vita, ma la sua pittura ci ricorda costantemente l’importanza di difendere la libertà degli artisti di esprimere la propria opinione senza ostacoli. «Baselitz: Naked Masters» è una cosa molto rara: una mostra che è essa stessa un’opera d’arte impressionante e memorabile.

John Paul Stonard, 10 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

A Vienna il vecchio Baselitz si mette a nudo tra i maestri antichi | John Paul Stonard

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