Enrico Tantucci
Leggi i suoi articoliUn Tiziano prima giovane e poi maturo al lavoro sull’«Annunciazione» conservata nella Scuola Grande di San Rocco a Venezia. È quanto emerge dal restauro del celebre dipinto, finanziato dal comitato di salvaguardia statunitense Save Venice con il generoso contributo di Richard K. Riess, che viene presentato in una mostra, ora in corso fino al 3 giugno, visibile da vicino prima della sua ricollocazione su uno degli arconi del pianerottolo dello Scalone della Scuola Grande.
Fu il primo dipinto a decorare gli ambienti della Scuola Grande, oggi nota soprattutto per lo strepitoso ciclo tintorettiano, ma che conserva molte altre opere di grande importanza. Fu un membro della Confraternita di San Rocco, il «dottor avvocato» Melio, a donare il dipinto all’istituzione nel suo testamento (31 ottobre 1555) in un momento in cui lo stesso Tiziano, anch’egli confratello, la frequentava.
Lodata, copiata e riprodotta a stampa dal Seicento all’Ottocento, nel Novecento l’«Annunciazione» è stata invece oggetto di interrogativi sulla sua datazione e autografia. Manca infatti un documento di commissione, mentre la sua collocazione cronologica varia dal 1515 al 1540 circa, e qualcuno vi ha ravvisato l’intervento della bottega. Questa complessa fortuna critica, insieme a problemi di conservazione (primo tra tutti quello del manto della Vergine, divenuto quasi nero, forse a causa di un’antica alterazione irreversibile) ha suggerito l’opportunità di un restauro per rendere di nuovo pienamente leggibile l’opera.
L’intervento, realizzato tra il 2021 e il 2023 da Giulio Bono, ha gettato nuova luce sul dipinto, evidenziandone sia elementi legati alla produzione giovanile, sia altri che suggeriscono una cronologia più avanzata. Dagli esiti del restauro e dalle analisi scientifiche e fotografiche (riflettografie e radiografie) è emersa infatti con chiarezza la complessa genesi dell’opera. Inizialmente concepita intorno al 1520 sotto l’influenza di Giovanni Bellini, il dipinto rimase incompleto per molti anni prima che Tiziano la rivisitasse, sottoponendola a una serie di cambiamenti e «aggiornamenti» che alla fine la portarono a termine. Sono proprio queste complesse fasi di elaborazione, tipiche del fare di Tiziano, che portano a escludere un intervento della bottega e a riaffermare la completa autografia dell’opera. La mostra legata al dipinto in programma a San Rocco permette anche di seguire le varie fasi del restauro a cui è stato sottoposto.
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