Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliHo osservato l’area di Campo della Fiera, dove l’archeologa Simonetta Stopponi sta riportando alla luce il «Fanum Voltumnae», il santuario federale dagli Etruschi, dall’alto della rupe di Orvieto, dalla zona di via Ripa Medici.
Lo faccio spesso, è uno dei luoghi delle mie passeggiate, e provo a immaginare gli elevati degli edifici, il loro splendore, la vita che si svolgeva tra quelle mura.
L’attesa e i preparativi per i giorni in cui i rappresentanti delle dodici maggiori città etrusche vi si riunivano per tentare di elaborare una politica estera comune tentando di superare le divisioni geopolitiche presenti tra loro. Riuscendoci in alcune occasioni e fallendo in altre, come nel caso del confronto con Roma, la potenza emergente: da una parte, le città della costa che guardavano al Mediterraneo; dall’altra, quelle dell’interno più interessate ai legami con altre popolazioni della penisola italiana e con il mondo dei Celti.
Provo a immaginare anche le cerimonie religiose, gli incontri politici, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali che, secondo lo storico Tito Livio, si svolgevano in quelle giornate.
Ho raggiunto quindi Campo della Fiera: la superficie dove si trovano le evidenze archeologiche riportate alla luce sinora si estende per cinque ettari, ma le prospezioni geomagnetiche condotte nei terreni circostanti consentono d’ipotizzare prudenzialmente una superficie di circa 20 ettari. Un altro elemento da sottolineare è la lunga durata dell’area indagata: dal VI secolo a.C. al XV secolo d.C.
Provo a riepilogare le scoperte effettuate a partire dal 2000: gli archeologi hanno riportato alla luce tratti della strada che da Velzna (Orvieto) portava alla nuova Velzna (poi Volsinii, in lingua latina) ovvero Bolsena e, la Via Sacra del santuario.
Lungo quest’ultima s’incontrano il tempio A, collocato al centro di un recinto sacro: presenta una pianta rettangolare a unica cella con pronao. Restò in funzione anche dopo la presa e il saccheggio di Velzna da parte di Roma nel 264 a.C.: vi erano venerate divinità della terra e Fufluns, il Dioniso degli Etruschi, che venne sostituito, in epoca romana, da Libero/Bacco e affiancato, in seguito, da Sabazio.
Quindi ecco il tempio C di tipo greco con colonne che circondavano pronao e cella, dedicato a una divinità matronale forse Minerva, e affiancato da due costruzioni denominate E e F, che accoglievano altari monumentali. Venne distrutto tra il 308 e il 280 a.C. nel corso di scontri che opposero Velzna e Roma, nei decenni immediatamente precedenti alla sconfitta definitiva.
E, ancora, il monumentale tempio B, eretto su un’ampia terrazza che domina l’area e ornato da portici e vasche; costruito alla fine del VI secolo a.C., fu distrutto nel 264 a.C. e poi abbandonato. Tra i suoi resti venne impiantata quasi subito un’officina per la fabbricazione di ceramiche; più tardi, in epoca medievale, sul podio del tempio sorse una struttura legata alla produzione del vino, che rientrava tra le proprietà della Chiesa di San Pietro in Vetere.
Quest’ultima, costruita tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo d.C., in un settore di quello che era stato il Fanum Voltumnae, s’impiantò su un precedente edificio sacro cristiano caro a una piccola comunità. Venne concessa prima ai frati Minori nel 1226 e poi ai Servi di Maria nel 1260: qui visse il francescano Fra’ Ambrogio da Massa, di cui, dopo la morte nel 1240, venne chiesta la beatificazione.
Ben testimoniata è la fase romana: in epoca augustea, quando si osserva una rivitalizzazione delle funzioni svolte in precedenza dal Fanum Voltumnae nel quadro di un recupero più generale delle tradizioni voluto dall’imperatore, venne costruita, a ridosso del recinto del tempio A, dove il culto era continuato, una lussuosa domus probabilmente la sede del «praetor Etruriae». La residenza era dotata di due impianti termali: uno costruito alla fine del I secolo a.C., l’altro più grande e articolato edificato negli anni dell’imperatore Adriano.
Dopo la visita allo scavo, portato avanti dall’Associazione Campo della Fiera in collaborazione con l’Università degli Studi di Foggia e la partecipazione di numerosi studenti provenienti da università italiane e straniere, con Simonetta Stopponi, che ha insegnato Etruscologia nelle Università di Perugia e Macerata, ci siamo ritrovati a parlare di Porsenna, la personalità maggiore della storia etrusca, a cui si deve se non l’intuizione del Fanum Voltumnae, almeno la sua monumentalizzazione, in coerenza con la sua visione politica che prevedeva un coordinamento maggiore tra le diverse città-stato dell’Etruria per tentare di avere un ruolo più significativo e duraturo nella storia. Una visione che non venne compresa dai suoi contemporanei, con gli esiti che conosciamo nel volgere di pochi secoli.
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