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Particolare del cratere attico a figure rosse del Pittore di Talos (430-420 a.C.), Ruvo di Puglia, Museo Nazionale Jatta

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Particolare del cratere attico a figure rosse del Pittore di Talos (430-420 a.C.), Ruvo di Puglia, Museo Nazionale Jatta

Vasi di Ruvo di Puglia: storia di un desiderio feroce

Studiosa della raccolta dei fratelli Jatta e del collezionismo ottocentesco, Daniela Ventrelli, responsabile del progetto «Rubi antiqua», ha raccolto e aggiornato in un volume i contributi del convegno internazionale di Parigi  del 2017 sulle collezioni e la fortuna delle antichità ruvestine nel XIX secolo

Stefano Causa

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Ben altri navigatori del Mediterraneo antico sapranno approdare, su queste pagine, al cuore di un volume a più voci, fuori da poche settimane e che promette di rifondare il capitolo degli antichi vasi ruvestini e la loro fortuna collezionistica: Rubi antiqua. Scavi, Collezioni, Musei. Fama e fortuna delle antichità di Ruvo nell’Europa ottocentesca.

Sono atti di un convegno (Parigi, 16-17 novembre 2017) che tutto lascia credere stazioneranno sui tavoli, finalmente ricongiunti, di archeologi e storici dell’arte. Oltre venti contributori e un comitato di garanti a discutere, con massima apertura di compasso, di temi di cultura greca e magnogreca tra VIII e III secolo a.C.

Ne è ispiratrice, curatrice e promotrice la barese di adozione francese Daniela Ventrelli riuscita a livellare le fatali discontinuità di ogni impresa corale. Merito suo se il libro procede spedito, composito e omogeneo in un settore dove le tagliole dello specialismo sono sempre in agguato.

Bari e Parigi non sono mai state così vicine come nel lavoro di questa studiosa il cui talento nel creare inedite connessioni è ben noto ai nostri lettori. Pure alla Ventrelli va lo sforzo di allargare, dall’osservatorio pugliese, il raggio di questo giornale che ha provato a dimostrare come le discipline storico-artistiche non scorrano solo sui binari vasariani Firenze Roma (con allargamenti su Milano e Venezia). Praticamente le rotte odierne di «Italo treno».

Cantari, situle o crateri: non vi è museo, dal British all’Ermitage, dove non figurino ceramiche a figure nere e rosse. Con nuclei trainanti che arricchiscono la visita a Napoli: dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) innanzitutto (che, alla voce «Ruvo», include il materiale nei depositi) alla risistemazione in Gallerie d’Italia in via Toledo dei pezzi attici e magnogreci raccolti dall’arcidiacono Caputi.

Rubi antiqua è storia di un desiderio feroce, dove «anticomania» e quattrini si mescolano confondendosi (l’emigrazione dei vasi ruvestini è un fossile della vita economica ottocentesca). E le necropoli ruvestine, dove si cominciò a scavare a fine Settecento (ufficialmente dal 1814) divennero, dopo Ercolano e Pompei, campo aperto di passioni scientifiche e avidità di guadagno. E se furono come sempre i tedeschi i primi ad arrotare i ferri della filologia, i più solerti nei lavori di scavo furono i preti (come dire: «Uccelli di Ruvo!»). Ma quella degli insediamenti antichi di Puglia è anche vicenda fatta di sterri abusivi e di mercato nero. Infine, gli atti qui raccolti vanno a toccare il nervo dei rapporti tra la Puglia e Napoli in epoca moderna. Insomma: tante cose. Sotto questo profilo, non so pensare a omaggio migliore di questi interventi timonati dalla Ventrelli al libro di Francis Haskell e Nicholas Penny, L’antico nella storia del gusto, La seduzione della scultura classica, 1500-1900 che, oltre quarant’anni fa, Renato Pedio voltò in italiano per casa Einaudi (1984).

Quanto a Ruvo, i cursori del secolo dei Lumi lo ricordano soprattutto come piccolo centro di provincia del Regno di Napoli. Ma se è difficile accordarsi su dove sia la provincia e dove l’impero, le distanze sempre quelle sono. Se allora ci volevano due giorni di carrozza da Napoli, oggi, per chi non sia automunito, occorre mettere in conto un viaggio di cinque ore e passa. Intendiamoci: ne vale la pena.

Ruvo vanta una delle più belle cattedrali romaniche per tacere del Museo Nazionale Jatta che, oltre alle sale dei pezzi ruvestini, conserva un tesoretto di tele napoletane seicentesche da ristudiare. Come gran parte del Sud, però, te la devi meritare.  Di questo borgo a un’ora da Bari (e dal mare) si riprese a parlare quando, aperto il cantiere della mostra «Civiltà del ’700» (1979), gli storici dell’arte si resero conto di come il gusto per l’antico corresse come un filo elettrico lungo l’età borbonica. Occorreva mettersi a colloquiare, alla pari, con i colleghi archeologi. I testi curati e raccolti dalla Ventrelli attestano anche, e forse soprattutto, dell’urgenza di riaprire e riaccendere un dialogo che pareva ormai sopito.

Rubi antiqua. Scavi, Collezioni, Musei. Fama e fortuna delle antichità di Ruvo nell’Europa ottocentesca
a cura di Daniela Ventrelli, 230 pp., ill. col. e b/n, Edipuglia, Bari 2024, € 75

Cratere apulo a volute con Oreste e Ifigenia in Tauride, Pittore dell’Ilioupersis, 370-350 a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Foto Giorgio Albano

La copertina del volume

Stefano Causa, 28 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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