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Un autoritratto di Adolfo Wildt

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Un autoritratto di Adolfo Wildt

Un’altra magia di Eike Schmidt agli Uffizi

Sono state da poco inaugurate le dodici sale dedicate agli autoritratti degli artisti al primo piano del museo fiorentino

Marco Riccòmini

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Non accade tutti i giorni che un museo di fama mondiale possa aprire le porte e svelare tutto d’un tratto una ricchissima collezione rimasta nascosta per decenni. Ancor più difficile poi è che questa collezione contenga capolavori assoluti della pittura e della scultura che coprono un arco di seicento anni di storia, senza distinzioni di scuola, tecnica o materiali.

Eppure così è per le 12 sale appena inaugurate al primo piano degli Uffizi dedicate agli autoritratti di artisti, alcuni dei quali, decenni fa, decoravano le pareti del Corridoio Vasariano. 255 opere in un mix da brivido per gli appassionati di pittura e scultura, dallo spettacolare pastello in costume orientale dello svizzero Jean-Étienne Liotard (Ginevra 1702-1789), barba folta e un po’ brizzolata, alto colbacco di pelo di visone, come si portava a Costantinopoli, simile allo «shtreimel» indossato dagli ebrei «chassidism», e vestaglia di seta cangiante, all’alabastro liscio come fosse cera molle di Adolfo Wildt (1906-1908), in cui il genio dello scalpello s’offre allo spettatore con la bocca aperta come un nuotatore dopo una prolungata apnea.

C’è già chi si ritrarrà col suo smartphone davanti alla superficie specchiante dentro la quale si immortala Michelangelo Pistoletto a fianco d’un collezionista (1962), chi osserverà curioso le tele dentro le tele nella sala dove i pittori si ritraggono accanto alle loro creazioni, e chi, riconoscendolo, esclamerà: «Ligabue!», ipnotizzato dagli occhi spiritati e fauve del pittore un po’ matto nato a Zurigo.

Con un colpo di teatro, il mago tedesco che tira le fila del museo fiorentino estrae un nuovo coniglio dal cappello e gli Uffizi ci sorprendono una volta ancora.

Un autoritratto di Adolfo Wildt

Marco Riccòmini, 11 luglio 2023 | © Riproduzione riservata

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