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L’Arco di Costantino come si presenta oggi sulla via Flaminia

© Foto Gaetano Messineo

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L’Arco di Costantino come si presenta oggi sulla via Flaminia

© Foto Gaetano Messineo

Una nuova imboscata minaccia l’Arco di Malborghetto

Il re nudo • Secondo Francesco Scoppola, socio dell’Istituto Nazionale di Archeologia e di Storia dell’Arte (Inasa), non sempre e non tutto si può e si deve rendere accessibile

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Francesco Scoppola

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Sull’Arco di Costantino sulla via Flaminia sembrano incombere seri pericoli. Con i fondi del Pnrr in fretta e furia un tecnico privato dovrà predisporre un progetto ed eseguire lavori a tempi di record. Il guaio maggiore, a leggere i pochi atti disponibili, è che si voglia renderlo accessibile con l’eliminazione delle cosiddette barriere architettoniche. È ben noto che l’accesso è una finalità primaria, ma che spesso non può applicarsi senza compromessi al patrimonio archeologico. Alla fine dello scorso millennio Romeo Ballardini e Mario Serio per la rispondenza dei manufatti alla normativa in continua evoluzione avevano introdotto un criterio importante: per i manufatti di pregio archeologico, architettonico, storico, artistico e culturale non si può pretendere una rispondenza alle norme che regolano i luoghi di lavoro, i luoghi pubblici, le cautele antisismiche, l’accessibilità, l’impiantistica. Occorre accontentarsi di un miglioramento a ogni intervento nella direzione indicata dalla normativa, senza pretendere l’adeguamento. Altrimenti il rischio, anzi la certezza, è la compromissione del patrimonio

L’arco onorario sorto al limite settentrionale della proprietà che era stata di Ottaviano Augusto e Livia Drusilla «ad gallinas albas», in località Prima Porta, forse su un presidio di accesso alla loro villa imperiale, pare sia stato edificato in ricordo del sogno, della visione di Costantino prima della battaglia di Ponte Milvio e della vittoria contro Massenzio. Nel Medioevo prende il nome di Malborghetto e diviene prima una chiesa detta «Sanctae Mariae de arcus Virginis», poi il mastio di un piccolo borgo fortificato, quindi una sorta di grangia, stazione di posta per il cambio dei cavalli, osteria, casale agricolo. Il nome avvertiva del pericolo che si correva in viaggio allontanandosi dalla città ed era molto diffuso attorno a Roma lungo diversi assi stradali: Malafede, Malpasso, Malagrotta. Le imboscate e il brigantaggio erano una minaccia reale. Questo monumento rappresenta un raro esempio di palinsesto: mostra la potenza del tempo perché reca testimonianze riconoscibili dei diversi periodi che ha attraversato. Ora sembra dover presagire e temere un intervento tutt’altro che rispettoso di questo carattere diacronico: un ripristino del monumento antico demolendo almeno in parte le fasi successive. Un po’ come si faceva in passato quando si demoliva il barocco per ripristinare il gotico, il romanico o l’antico. Perfino il Giano quadrifronte di Costantino, del IV secolo, rischia pesanti demolizioni e alterazioni per via dell’accessibilità. Se proprio qui si vuole arrivare su ruote (non è così per la lanterna delle cupole, non è così per l’Accademia dei Virtuosi sul portico del Pantheon, non è così per tutti gli attici degli archi onorari antichi) si consideri almeno l’ipotesi di una piattaforma esterna: per gli sbarchi, le finestre che erano munite di ringhiera o di andatoie esterne non mancano, anche se tamponate nella parte inferiore. Per carità, non un ascensore, munito di vano corsa a norma, ma qualcosa che si ripieghi o che scenda a scomparsa, un macchinario reversibile, nascosto a terra tra le siepi. Senza neppure le guide, come il nuovo elevatore circolare del Louvre realizzato sotto la piramide di Pei. Paradossalmente sarebbe preferibile un montacarichi da ponteggio: un’impalcatura temporanea e chiaramente removibile piuttosto che sfondare le volte antiche, le murature medievali. 

Meglio ancora sarebbe ricorrere a un congegno adeguato: ne esistono ormai a 12 ruote, piccolissimi, elettrici, in grado di cavarsela senza guide fisse perfino su o giù per ripide scale a chiocciola. Oppure avere il coraggio di riconoscere che non sempre e non tutto può essere reso pienamente accessibile. E impiegare invece i fondi per le indagini sugli infiniti tratti della via consolare ancora del tutto inesplorati: scavi archeologici, piantumazioni, sistemazioni. Roma meriterebbe una raggiera delle consolari antiche sistemate, per quanto possibile, in modo analogo al Parco dell’Appia. Possibile che si voglia invece spendere per demolire?

La ricostruzione dell’Arco di Costantino di Fritz Toebelmann

Plastico ricostruttivo della chiesa-castello. © Foto Gaetano Messineo

Francesco Scoppola, 19 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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