L’Italia della semplicità agreste del dopoguerra e quella sontuosa della Dolce Vita. L’Italia delle lotte politiche e dei sindacati agguerriti. Immagini di un Paese lontano, eppure stampato nel nostro Dna: del dopoguerra siamo figli, nipoti, pronipoti. «Guido io» è la mostra di fotografia che Ersel accoglie nei suoi spazi di piazza Solferino 11 a Torino, dal 24 aprile al 14 giugno, nell’ambito del programma Exposed Extended (la prima edizione del festival di fotografia torinese, dal 2 maggio al 2 giugno).
In esposizione, 100 fotografie della collezione di Guido Bertero, che comprende circa 3mila pezzi, punto di riferimento per le raccolte fotografiche in Italia. La curatela è di Chiara Massimello con Marco Sobrero. La scelta di Bertero, «uno dei più grandi collezionisti di fotografia italiana del dopoguerra», per dirla con le parole della curatrice, «deriva dalla volontà di fornire una visione della fotografia storica italiana, a un festival internazionale di estrema avanguardia, come Exposed».
A partire dagli anni ’90, Guido Bertero (imprenditore e vicepresidente di Camera Torino) ha creato una tra le maggiori collezioni di fotografia italiana del dopoguerra, nella quale brillano i nomi di Giuseppe Cavalli, Mario Gabinio, Riccardo Moncalvo, Luigi Veronesi, Robert Capa, William Klein, David Seymour e Paul Strand; e poi Alfredo Camisa, Pietro Donzelli, Nino Migliori e Federico Patellani. Ma vi rilucono anche stelle internazionali come Nan Goldin e Boris Michajlov. Poi, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi e Carla Cerati, Gabriele Basilico, Mario Cresci, Franco Fontana, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Ugo Mulas.
Al di là dell’aver riunito gli scatti dei fotografi più noti, Guido Bertero ha il grande merito di aver rivalutato gli scatti di artisti meno conosciuti, scegliendo di focalizzarsi sul messaggio insito nelle immagini e sulla qualità delle stampe. Che, se possibile, dovevano essere «vintage», ossia stampate al momento della realizzazione dello scatto, o poco dopo. La chiarezza degli intenti ha caratterizzato la collezione Bertero fin dalla sua nascita: la raccolta si è concentrata sulla fotografia italiana del dopoguerra. È a buon diritto un documento autentico della nostra storia intesa come memoria intima e sociale insieme. Né le incursioni della grande fotografia internazionale l’hanno poi snaturata. Piuttosto, hanno vivacizzato la coerenza del racconto.
La collezione rispecchia la sua personale sensibilità, curiosità, amore per il bello, ma soprattutto la sua dedizione: per conoscere i fotografi e il loro lavoro, il collezionista ha viaggiato lungo l’Italia, mettendo insieme fondi di immagini importanti. Nelle stesse parole del collezionista, «la fotografia per me è stata un’avventura. È stato un grande dono aver conosciuto quel mondo con i suoi protagonisti. Ho girato tutta l’Italia, di fotografo in fotografo, alla ricerca di tutto ciò che non c’era più e stava scomparendo».