Hadani Ditmars
Leggi i suoi articoliNell’ondata di violente proteste antigovernative che hanno scosso il Paese, il ministro della Cultura, del Turismo e delle Antichità iracheno, Abdulameer al-Hamdani, ha fatto un annuncio sorprendente: a Baghdad è in programma la costruzione di un nuovo complesso museale nazionale.
Parlando alla conferenza «Iraq in Transition» ospitata all’inizio di ottobre nella Chatham House a Londra, il ministro ha dichiarato che il nuovo museo prenderà il posto del Museo Nazionale iracheno, riaperto nel 2015, più di dieci anni dopo il saccheggio delle migliaia di reperti avvenuto durante la guerra dell’Iraq.
Archeologo di formazione, Al-Hamdani ha affermato che a finanziare il progetto saranno compagnie petrolifere straniere, ma non ha fatto nomi né ha quantificato la somma necessaria. Stando alle sue parole il Museo Nazionale iracheno (fondato negli anni ’20 del Novecento dall’ufficiale ed esploratrice britannica Gertrude Bell) diventerà un centro per l’arte e la storia islamiche.
Alle richieste di «The Art Newspaper», nostra testata partner in lingua inglese, di una dichiarazione su questi progetti il Ministero della Cultura non ha risposto. Secondo gli esperti, in un Paese che risente ancora delle conseguenze di anni di conflitto, con servizi pubblici insufficienti e uno dei tassi di disoccupazione più alti al mondo, non dovrebbe essere sottovalutato il valore del patrimonio culturale.
In Iraq, dopo la guerra e i combattimenti contro lo Stato Islamico, lo sviluppo dei musei è «una parte importante nel ritorno alla normalità e nella promozione della vita sociale e culturale»: ne è convinto Brendan Cassar, direttore del programma Unesco per la cultura in Iraq. «I musei, prosegue, hanno un ruolo chiave come centri per l’educazione pubblica, la divulgazione dell’informazione e la celebrazione della storia e della diversità del Paese».
L’anno scorso l’Unesco ha lanciato un’importante iniziativa per ricostruire Mosul, uno dei siti più antichi al mondo e simbolo della varietà etnica e religiosa irachena, devastato dai combattimenti tra l’esercito iracheno e le truppe dello Stato Islamico. L’agenzia delle Nazioni Unite, spiega Cassar, si sta confrontando con la comunità di Mosul in merito alla proposta di un museo e di un memoriale che potrebbero diventare il fulcro della rinascita culturale della città.
Grazie a un accordo siglato ad aprile 2018 con gli Emirati Arabi Uniti il progetto sarà finanziato con 50,4 milioni di dollari, che inizialmente serviranno a ricostruire la moschea Al-Nuri di Mosul e il minareto di Al-Hadba. Lo scorso ottobre la partnership è stata estesa alla ricostruzione di due delle chiese della città che hanno subito ingenti danni, Al-Tahera e Al-Saa’a. I resti della moschea e delle chiese, fa sapere il Ministero della Cultura degli Emirati, saranno esposti in un nuovo museo e si creeranno opportunità di formazione e posti di lavoro per oltre mille giovani residenti.
È anche in corso di progettazione un quartiere di arti e cultura tradizionali vicino alla moschea di Al-Nuri. Dare nuova vita ai siti culturali iracheni oltre a incoraggiare «la coesione sociale attraverso la condivisione del patrimonio e della storia nazionali», come afferma Paolo Fontani, direttore Unesco in Iraq, potrebbe anche diventare «una significativa fonte di reddito».
L’imperativo economico è fondamentale anche a Bassora, dove il museo ospitato nell’ex palazzo di Saddam Hussein dà lavoro a personale locale e questo mese aprirà un nuovo centro di formazione didattica. «Una volta sistemata la questione della sicurezza», Terence Clark, ex ambasciatore britannico in Iraq e membo del Cda dell’associazione Friends of Basrah Museum che ha sede nel Regno Unito, si dice convinto del potenziale del turismo culturale in Iraq.
In un Paese dove la storia preislamica tende a essere sottovalutata, secondo Clark il Governo «potrebbe trovare utile per la riunificazione del Paese costruire una narrativa attraverso i musei che avvicini di più la popolazione alla storia e al patrimonio della Mesopotamia».
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