La National Gallery ha riunito con successo un notevole gruppo di opere di Vincent van Gogh (1853-90) del periodo più importante dell’artista. Curare una mostra su Van Gogh vuol dire anche affrontare la sfida costituita da ogni prestito. Fino al 19 gennaio la galleria espone nel complesso 47 dipinti e 14 disegni, un numero che fa della mostra a cura di Cornelia Homburg e Christopher Riopelle una delle più grandi dedicate all’artista negli ultimi anni. I biglietti andranno quasi certamente esauriti e la mostra sarà molto frequentata. Il sottotitolo della mostra, «Poeti e amanti», può sorprendere, ma indica che i curatori si sono concentrati sui pensieri che hanno ispirato l’immaginazione e l’arte di Van Gogh, non sugli aspetti più sensazionali della sua vita personale e delle sue lotte. Introduce il tema la compatta sala d’apertura, in cui sono allestiti due ritratti: il primo, in prestito dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, è quello dell’«amante», il tenente Paul Milliet, il soldato del reggimento Zuavo che Van Gogh vedeva come un dongiovanni. «Milliet è fortunato, ha tutte le Arlésiennes che vuole, ma ecco, non sa dipingerle, e se fosse un pittore non ne avrebbe», definì argutamente il suo amico l’artista.
Il secondo ritratto, in arrivo dal Musée d’Orsay di Parigi, è quello del «poeta», ispirato dall’amico artista belga Eugène Boch. L’uomo dall’aspetto pensieroso non scriveva poesie, ma il pittore lo percepisce come un’anima sensibile. Come disse Van Gogh: «L’ho dipinto come una specie di poeta, con la sua testa raffinata e nervosa che si staglia sullo sfondo ultramarino del cielo notturno, con lo scintillio delle stelle». I due ritratti gemelli, separati alla parete da un paesaggio con due amanti che passeggiano nel giardino pubblico fuori dalla Casa gialla di Arles, fanno da sfondo a un allestimento tematico incentrato sull’opera di Van Gogh in Provenza. Tutte le sale (tranne una più piccola con i disegni della collina di Montmajour) presentano opere del periodo trascorso ad Arles (febbraio 1888-maggio 1889) e nel manicomio fuori Saint-Rémy-de-Provence (maggio 1889-maggio 1890).
La mescolanza di periodi fa sì che il visitatore perda di vista il rapido sviluppo dell’opera di Van Gogh, ma il vantaggio è che si possono vedere i vari modi in cui l’artista affrontava un soggetto. Le quattro sale principali di dipinti e disegni sono ognuna dedicata a un tema: interpretazioni poetiche del «giardino», la casa gialla come casa dell’artista, la «decorazione» (o il modo in cui Van Gogh voleva presentare il suo lavoro) e le «variazioni su un tema».
I prestiti comprendono alcuni dei dipinti più importanti di Van Gogh. È stato un colpo di fortuna ottenere sia «La casa gialla» (Van Gogh Museum, Amsterdam) sia una versione di «La camera da letto» (Art Institute of Chicago), che offre uno scorcio in profondità della sua casa. In questa sala è esposta anche la magica «Notte stellata sul Rodano» (Musée d’Orsay, Parigi) e il magnifico «Autoritratto» della National Gallery of Art di Washington. Tutti questi lavori importanti sono riuniti in un’unica sala di grande impatto, insieme ad altre opere chiave del periodo trascorso ad Arles. Ci sono anche importanti dipinti provenienti da collezioni private che si vedono di rado. «Il Giardino del poeta», nella sala introduttiva, non era esposto da decenni ed è più imponente di quanto non appaia nelle fotografie. Steve Wynn, l’ex boss dei casinò, ha prestato «Il ponte di Trinquetaille». La Fondation Louis Vuitton di Parigi è la proprietaria di «Il giardino pubblico, Arles».
Nella sala dedicata al tema della «decorazione» un altro grande risultato è la presentazione dell’idea di Van Gogh di un trittico, con due dei «Girasoli» che affiancano «Madame Roulin che dondola la culla (La Berceuse)». La National Gallery possiede i «Girasoli» su sfondo giallo, che sono esposti insieme a una delle due versioni di Van Gogh su sfondo blu, in prestito dal Philadelphia Museum of Art. Dopo la sua acquisizione nel 1963, è la prima volta che il museo statunitense presta il dipinto. Al centro del trittico si trova una versione di «La Berceuse» del Museum of Fine Arts di Boston, rivolta verso di noi come una Madonna laica. Nonostante quest’anno ricorra il centenario dell’acquisizione dei «Girasoli» della National Gallery, la mostra ne parla poco, probabilmente perché avrebbe distratto dal tema generale. Tutti e tre i dipinti sono esposti in cornici imponenti, appese a una certa distanza l’una dall’altra, anche se Van Gogh voleva che quasi si toccassero, come in un trittico d’altare. Pensava di presentarli in cornici di legno semplici e sottili: i due «Girasoli» sarebbero stati in pino naturale e la cornice di «La Berceuse» dipinta di rosso. Una simile disposizione sarebbe stata del tutto impossibile in un museo, dove ci si aspetta che i capolavori siano collocati in cornici e posizioni appropriate. All’epoca Van Gogh non riusciva a vendere le sue opere; oggi, in linea teorica, questo trittico potrebbe valere circa un miliardo di dollari. Una volta immersi nella mostra, probabilmente ci si dimentica che il sottotitolo è «Poeti e amanti».
Solo due dipinti presentano piccole scene di una coppia di innamorati, aggiunte dall’artista ai paesaggi soprattutto per conferire scala e movimento. Solo quattro dipinti raffigurano il piccolo parco di fronte alla casa gialla che Van Gogh soprannominò «giardino dei poeti», perché immaginava che potesse essere fonte di ispirazione per i poeti del Rinascimento. L’allestimento della mostra è di una semplicità confortevole; sulle pareti ogni dipinto o disegno è contrassegnato da numeri in evidenza (e nessuna didascalia). È disponibile una guida gratuita e utilissima che fornisce brevi cenni su ogni opera.
I visitatori del museo non dovranno affollarsi intorno alle didascalie, potendo così godersi i dipinti. Sono incoraggiati a concentrarsi esclusivamente sull’arte, a dimenticare la storia tormentata (e spesso mitizzata) della vita dell’artista. Si può quasi dimenticare che la metà, grosso modo, dei dipinti in mostra è stata realizzata in un manicomio dopo che l’artista si era mutilato l’orecchio. L’impressione finale, almeno per me, è quella dei sorprendenti risultati ottenuti da Van Gogh in Provenza, dove visse per poco più di due anni. Ad Arles completato circa 200 dipinti e 150 a Saint-Rémy, il che equivale a uno ogni due giorni. La mostra della National Gallery offre l’opportunità insolita di vederne 47, oltre ai disegni. Non perdete l’occasione.