Sarvy Geranpayeh
Leggi i suoi articoliIl 30 agosto del 2021, dopo vent’anni di presenza nel Paese, le truppe americane si ritiravano dall'Afghanistan, mettendo fine alla più lunga guerra statunitense e lasciando lo Stato asiatico sotto il controllo dei talebani. Il ritorno al potere del gruppo fondamentalista ha scatenato timori per una recrudescenza dei disordini, di un Governo oppressivo e della violenza. Timori che in parte si sono rivelati giustificati. I talebani hanno gradualmente bandito le donne dalla maggior parte degli aspetti della vita pubblica, tra cui le visite ai parchi e la frequentazione delle università (con alcune eccezioni, come i corsi di infermieristica e ostetricia). Alle ragazze di età superiore ai 12 anni è vietato frequentare la scuola.
All'inizio di agosto i talebani hanno annunciato leggi ancora più severe che vietano alle donne di mostrarsi e di parlare, o cantare, al di fuori delle loro case. È vietato anche il contatto visivo tra uomini e donne non imparentati. Le nuove leggi formalizzano inoltre il divieto di suonare musica e di pubblicare immagini di esseri viventi (regole già in vigore negli ultimi tre anni, ma che sono state applicate solo in modo selettivo).
«Dall'agosto 2021 in Afghanistan le autorità de facto hanno preso decisioni in settori del mandato dell'Unesco che destano profonda preoccupazione, in particolare per quanto concerne la drammatica situazione dell'istruzione delle ragazze e delle donne, nonché delle espressioni artistiche e del patrimonio immateriale», spiega un portavoce dell'Unesco a «The Art Newspaper», la nostra testata partner internazionale in lingua inglese, aggiungendo che con l'applicazione delle ultime leggi la situazione «è destinata ad aggravarsi».
Le restrizioni hanno avuto un impatto profondo su ragazze come Alina Gawhary, che frequentava l’ultimo anno di scuola quando i talebani hanno preso il potere, impedendole di proseguire gli studi. Imperterrita, la studentessa di arte ha iniziato a insegnare arte e inglese ai bambini svantaggiati a casa. Ma nel 2023, con l'intensificarsi delle restrizioni imposte dai talebani, si è trasferita in Bangladesh per studiare economia. «La situazione in Afghanistan, racconta Gawhary, era molto negativa per le donne. Sapevo che forse non avrei potuto continuare con le arti, ma almeno qui ho libertà di pensiero e posso studiare».
Divieto di istruzione per donne e ragazze
Di recente, grazie a Beyond Skin, una Ong che si occupa di arte e costruzione della pace in Irlanda del Nord e che aiuta le artiste afghane, Gawhary è stata a un passo dal realizzare l’ambizione di studiare arte con un tirocinio presso l’Università dell’Ulster a Belfast. Non è però riuscita a ottenere un visto per il Regno Unito a causa del costo, per lei insostenibile, di 20mila sterline (quasi 24mila euro). Beyond Skin sta cercando di raccogliere i fondi necessari attraverso una pagina GoFundMe, che finora ha raccolto 5mila sterline, una somma ancora lontana dall'obiettivo. «In Afghanistan sono pochissime le esperte che possono insegnare arti, racconta Gawhary. Il mio sogno è di laurearmi a Belfast e tornare nel mio Paese per insegnare ad altre ragazze».
Come per Gawhary, anche il futuro artistico di Marjan è stato interrotto dall'arrivo dei talebani. Si stava preparando a studiare Belle arti quando di colpo le università sono state interdette alle donne. Ha quindi iniziato a frequentare un corso d'arte privato, ma un giro di vite su tutte le forme di istruzione per donne e ragazze ha messo fine anche a questo. Marjan osserva che solo le donne sono autorizzate a insegnare alle ragazze, il che è estremamente limitante a causa della carenza di docenti d’arte esperte. «Non ho alcun problema con questo Governo, voglio solo che ci sia permesso di studiare», dichiara, aggiungendo che molte giovani donne soffrono di depressione per essere costrette a rimanere a casa. Marjan continua a fare arte a casa e partecipa a mostre locali, anche se limita i suoi soggetti ai paesaggi. Beyond Skin l'ha aiutata a vendere alcuni lavori all'estero, fornendo alla sua famiglia un sollievo finanziario di cui aveva davvero molto bisogno. «Vorrei che ci fossero più organizzazioni in grado di sostenere le donne in questo modo», afferma l'artista. «Possiamo stare a casa e guadagnarci da vivere, senza vedere uomini o far sentire la nostra voce» ironizza.
Sostegno al restauro del patrimonio
Se l’atteggiamento repressivo nei confronti dei diritti delle donne è rimasto immutato, la posizione dei talebani sulla conservazione dei siti storici contrasta invece nettamente con le azioni compite nel 2001, quando il gruppo distrusse i monumentali Buddha di Bamiyan. L’anno scorso, l’Afghan Cultural Heritage Consulting Organisation (Achco) ha intrapreso lavori di conservazione a Shewaki, un sito buddista di 1.500 anni situato a circa 20 km a sud-est di Kabul. I talebani hanno dato il via libera all'organizzazione anche per il restauro di una sinagoga storica a Herat, nell'Afghanistan occidentale. Finanziata dalla fondazione svizzera Aliph, la sinagoga restaurata sarà inaugurata questa settimana e sarà adibita a biblioteca e museo dell'artigianato. Jolyon Leslie, consigliere dell’Achco, descrive l'approccio dei talebani ai siti storici come «protettivo, solidale e di larghe vedute».
La reazione delle autorità talebane è stata tempestiva anche quando i siti storici sono stati minacciati da disastri naturali. Nel novembre 2023, quando un terremoto ha colpito, causando molte vittime, la provincia di Herat, nota per la ricchezza del suo patrimonio, Ahmadullah Muttaqi, direttore dell'informazione e della cultura dell'area, ha prontamente richiesto una valutazione dei danni subiti dai luoghi di culto e ha fatto appello al sostegno straniero.
L’Aga Khan Trust for Culture (Aktc), una delle maggiori organizzazioni culturali attiva in progetti di conservazione in Afghanistan, è attualmente impegnata a riparare i danni causati dal terremoto in due importanti siti: Masjid-i Jami, una moschea Ghurid del XIII secolo, e il Santuario di Abdullah Ansari, un complesso risalente all'XI secolo di architettura timuride. Entrambi i progetti sono finanziati da Aliph. Nel piani per una seconda fase di lavori di conservazione rientrano interventi nel complesso della Cittadella di Ikhtyaruddin, la cui origine si fa risalire alla conquista di Herat da parte di Alessandro Magno. «Quando si tratta di conservazione di siti storici, il livello di sostegno [da parte del Governo] rimane costante e coerente, afferma Ajmal Maiwandi, amministratore delegato dell'Afghanistan Aktc. Non noto fluttuazioni nell'intenzione di realizzare questo tipo di progetti. Semmai, anzi, chiedono che se ne facciano di più».
L'Aktc sta lavorando a diversi progetti in tutto l'Afghanistan, tra questi l'antica cittadella di Bala Hissar a Kabul e lo sviluppo culturale del complesso industriale di Machine Khana, un gruppo di magazzini ottocenteschi costruiti da Abdur Rahman Khan, emiro dell'Afghanistan dal 1880 al 1901. Maiwandi osserva però che l'organizzazione deve affrontare sfide legate alla fuga dei cervelli e al sostegno finanziario: «Abbiamo molti problemi a trattenere qui le competenze... semplicemente perché molti afghani cercano asilo all'estero», afferma. Dall'agosto 2021 si stima che circa 1,6 milioni di afghani si siano recati nei Paesi vicini, Iran e Pakistan. Secondo l'Unhcr, gli afghani rappresentano la terza popolazione con più profughi a livello globale, dopo i siriani e gli ucraini.
Mancanza di fondi
Prima della presa del potere da parte dei talebani, tre anni fa, l’80% circa della spesa pubblica afghana era finanziata dagli aiuti esteri, ora per la maggior parte tagliati. I donatori occidentali si sono defilati e i finanziamenti per i progetti sul patrimonio ormai scarseggiano. Mentre la maggior parte della comunità internazionale ha rinunciato a riconoscere il Governo talebano, un gruppetto di Paesi, tra cui Russia, Cina, Giappone, Pakistan e Iran, ha aperto ambasciate e stabilito relazioni diplomatiche con il nuovo regime. Ad agosto gli Emirati Arabi Uniti hanno accettato le credenziali dell’ambasciatore dei talebani, Badruddin Haqqani.
La mancanza di fondi mette a rischio la sopravvivenza dei ricchi siti storici dell'Afghanistan. L’Unesco afferma di aver bisogno di 25 milioni di dollari per i progetti culturali nel Paese, ma si ritrova a fare i conti con gravi lacune. «Le attività dell’Unesco in Afghanistan devono far fronte a una diffusa carenza di fondi per realizzare le priorità designate, si legge in una nota. In questo contesto, c’è il forte rischio che le attività condotte dall'Unesco non siano più sostenibili, il che metterebbe in pericolo le conquiste faticosamente ottenute negli ultimi anni», .
L’Afghanistan ospita due siti del Patrimonio mondiale dell’Unesco, il Minareto e i resti archeologici di Jam e il Paesaggio culturale e i resti archeologici della Valle di Bamiyan, entrambi classificati come «in pericolo». A maggio, il minareto è stato danneggiato da una grave inondazione che ha reso necessari restauri d'emergenza e, secondo l’Unesco, servirà un impegno per proteggere e preservare il sito.«Tali requisiti di finanziamento, aggiunge l'organizzazione, evidenziano quanto sia necessario un ampio sostegno per affrontare le questioni urgenti di conservazione, prevenire il traffico culturale e promuovere le industrie culturali quali leve per generare reddito».
Il minareto di Jam
Maiwandi conferma che rispetto a un tempo i finanziamenti dei donatori dell'Aktc si sono ridotti a una frazione. Dopo che il Governo tedesco ha cancellato il proprio sostegno, l'organizzazione ha reso disponibili i propri investimenti per il progetto Machine Khana. «Siamo in grado di realizzare progetti in modo selettivo, ma non siamo neanche lontanamente vicini alla scala o al valore di quelli che avevamo in precedenza», afferma Maiwandi, aggiungendo che in Afghanistan i siti storici sono migliaia e che per proteggerli c'è un reale bisogno di investimenti.
I progetti che interessano il patrimonio offrono anche assistenza umanitaria, cruciale per gli afghani, fornendo opportunità di lavoro alle persone comuni: una vera ancora di salvezza nel difficile clima economico del Paese. I recenti interventi conservativi condotti dall’Unesco a Bamiyan hanno impiegato circa 200 lavoratori locali, mentre i progetti dell’Aktc a Herat e Kabul offrono un’occupazione e nuove competenze a centinaia di afghani. Leslie osserva che quasi il 30% dei finanziamenti complessivi che l’Achco riceve per i suoi progetti viene utilizzato per la manodopera: «Un input economico significativo», lo definisce, che supporta sia la conservazione della cultura sia il sostentamento della comunità locale.
«L’Afghanistan, afferma l’Unesco, continua ad affrontare molte sfide in termini di conservazione e protezione del patrimonio culturale e dei diritti culturali. La povertà, le sfide relative alla salute e all’istruzione e le minacce che incombono sulla cultura, sugli artisti e i professionisti, nonché la situazione dopo la presa di potere delle autorità de facto, rappresentano una situazione precaria, che ha un forte impatto sulla vita culturale e sul settore culturale nel suo complesso».
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