Laura Giuliani
Leggi i suoi articoliDei tanti progetti portati avanti dal Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale» (Ccr) quello riguardante la Siria («Enhancing Skills for Heritage Conservation. 2022-2024: Piemonte-Syria Knowledge Exchange»), sostenuto dall’Assessorato alla cooperazione internazionale della Regione Piemonte in collaborazione con H.Opes Foundation e Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura, ha una rilevanza speciale: è incentrato sul recupero della Sala Damascena del Museo Nazionale di Damasco, una delle istituzioni più importanti per l’identità e la memoria di un Paese dalla storia millenaria ancora oggi travagliata, i cui protagonisti sono professionisti siriani che vogliono ampliare le proprie conoscenze nel campo della conservazione del patrimonio culturale.
Cuore del progetto il soffitto ligneo e colorato di epoca ottomana della Sala Damascena del Museo che presenta criticità di conservazione e che necessita di interventi mirati: attività pratiche e teoriche con approfondimenti di studio grazie anche a fotografie e rilievi in 3D permetteranno a cinque funzionari, tra conservatori, architetti e tecnici, di redigere un progetto conservativo ad hoc. «Si tratta di uno scambio di competenze, spiega Silvia Sabato del Ccr cui fa capo l’iniziativa ormai giunta alla sua seconda fase. È stata la Direzione Generale delle Antichità e dei Musei della Siria a scegliere il focus del progetto: iniziato a fine 2022, in origine prevedeva un nostro sopralluogo nel novembre scorso, ma la situazione politica in Medio Oriente non lo ha consentito. Pertanto, abbiamo invitato una piccola delegazione di professionisti a venire qui da noi».
L’iniziativa ha previsto anche l’assegnazione di due borse di studio a giovani laureati, l’architetta Hebatollah Al-Hamid, da poco trasferitasi in Italia, e l’archeologo Mohammad Homam Hariri, arrivato nel nostro Paese il 15 gennaio scorso. Giovanissimo, è il nipote di Khaled al-Asaad, pioniere dell’archeologia siriana e direttore per quarant’anni degli scavi di Palmira, dove ha perso la vita per mano dell’Isis nell’agosto 2015. Pacato e dai modi gentili, ci racconta di essere stato molto influenzato dal nonno nella vita così come nella scelta degli studi: «La sua passione per Palmira è stata di grande insegnamento e ha acceso la mia curiosità fin da piccolo, quando mi portava a passeggiare nella città vecchia consigliandomi di continuare a essere curioso per non smettere mai di imparare». E aggiunge: «In questi mesi ho appreso competenze in vari settori che mostrano l’esperienza dei professionisti del Ccr, in grado di prendersi cura di svariati tipi di opere d’arte, acquisendo al tempo stesso la capacità di analizzare i dati che contribuiscono e facilitano il processo di restauro, conservazione e studio delle opere».
Un notevole bagaglio culturale che il giovane archeologo porterà con sé al ritorno in Siria: «Molti amici aspettano di conoscere la mia esperienza e io non vedo l’ora di condividerla. A coloro che vogliano intraprendere il mio stesso percorso suggerisco di iniziare a studiare i fondamenti del restauro e della conservazione e di avere pazienza perché questo lavoro richiede tempo pur dando molta soddisfazione: solo così possiamo preservare il nostro patrimonio culturale per le generazioni future».
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