Stefano Causa
Leggi i suoi articoliGadda e Longhi li annusiamo da sempre; un tempo capitava persino che qualcuno li leggesse. Il primo: ingegnere, scrittore e storico d’arte per lampi e scavi non sistematici; uno che sfrutta le immagini in un percorso di andata e ritorno per dare consistenza al proprio cosmo urticante. Morto nel 1973. L’altro, scomparso nel ’70, scrittore storico d’arte, addetto ai documenti figurativi in un corpo a corpo seduttivo, più esclusivo che inclusivo. Entrambi portatori di un dettato folto, sempre in primo piano e, specie nel gettito longhiano, altamente metaforizzante; una pagina fuori portata per il lessico ridotto che disimpegna noi lettori pigri.
A dispetto delle riedizioni critiche, Longhi e Gadda sono meno famosi di quanto non fosse cinquanta o sessant’anni fa quando, in uno sketch di Dino Risi (1965), troviamo Virna Lisi stesa con la «Cognizione del dolore» in mano mentre Nino Manfredi è attraversato da stupore alternativamente: per la nudità levigata che gli dà le spalle e per quell’oggetto singolare. Gadda e Longhi. Per riavvicinarli, specie l’ingegnere milanese, dovremmo ora approfittare dei suggerimenti di Eloisa Morra, studiosa troppo intelligente e curiosa per rinserrarsi nello specialismo di noi storici d’arte. Torinese, classe 1989, ha scritto un libro importante, più faticato che faticoso. Il coronamento di un discorso che non smette di stupire per la capacità di istituire nessi oltre gli steccati disciplinari.
Ci sono, tanto per cominciare, i libri di Gadda, il cinema e il teatro, i musei, le mostre, Lombroso, Fabrizio Gifuni, Pietro Germi e Maccari, Longhi e Giuliano Briganti e, in un capitolo davvero perfetto, un focus su Eros e Priapo come punto di partenza per indagare sul valore e il senso dell’iconografia mussoliniana. Ma della tempra, anche metodologica, di Morra ci eravamo resi conto dalle prime righe del precedente Poetiche della Visibilità (Carocci 2023): «Siamo a tal punto immersi in un continuo flusso d’immagini che facciamo fatica ad accorgercene. Scrolling e screen shooting, lo scorrere in modo veloce e disattento foto e il salvarle sullo schermo, sono divenuti elementi fondamentali del vocabolario dei nostri gesti irriflessi, mentre per leggere in modo prolungato abbiamo bisogno di costruire delle barriere artificiali». Nel nuovo libro il progetto di andare alla ricerca dei riferimenti figurativi di Gadda non serve a una mera ricerca citazionistica. Ma, semmai, a rilevare come la vocazione ai documenti di prima mano sia funzionale a capirne certe strategie narrative. Qualcuno sta cominciando a dire che la storia dell’arte è oggi soprattutto affare di storici d’arte in senso non ristretto. Sotto la lama dello sguardo di Gadda, vien voglia di dichiararsene convinti. E la quarta di copertina, con un acquarello di Tullio Pericoli del 1988, è, a modo suo, una prima lettura critica del volume di Morra.
La lente di Gadda
di Eloisa Morra, 160 pp., ill., Electa, Milano 2024, € 26
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