Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliNelle vendite all’incanto spesso si ritrovano sempre le stesse cose: merce succhiata e sputata diverse volte che sta ancora lì, in attesa che qualcuno la raccatti un’altra volta da terra. Ovviamente le aste migliori sono quelle che presentano materiale per nulla o poco visto, che da tempo non riaffiorava sul mercato. Bisogna constatare che le vendite andate in scena negli scorsi mesi in Italia sono state particolarmente generose in proposito.
Inizierei dalla splendida «Santa Caterina» di Bernardo Strozzi offerta da Wannenes a Genova (asta del 5 marzo, lotto 116) che si è fermata poco sopra gli 80mila euro (compresi i diritti). Un ottimo acquisto per chi se l’è aggiudicata. Da Viscontea a Milano è passata inosservata una tela giovanile di Alessandro Turchi (asta del 29 febbraio, lotto 208) venduta per una manciata di euro (meno di 2mila). Anche da Boetto a Genova c’era uno studio di testa di Carlo Ceresa, non riconosciuto come tale (asta del 5 marzo, lotto 24). Piccole cose, per carità, evidentemente ripescate da qualche eredità autentica, non frutto del solito spurgo studiato a tavolino.
Il punto sta esattamente qui: in mezzo al variegato materiale proposto riuscire a distinguere la merce buona da quella cattiva, il pesce fresco da quello avariato. Un’asta piuttosto ricca di sorprese è stata indubbiamente quella di Pandolfini a Firenze dello scorso 6 marzo. C’era solo l’imbarazzo della scelta. Dipinti di Vittore Belliniano, Bernardino Campi, Domenico Brusasorci, Mauro Picenardi ecc. ecc. (che non troverete schedati in catalogo come tali). Anche in questo caso bisognava aguzzare un po’ la vista. Un esperimento curioso si è rivelato il risultato dei tre dipinti di Faustino Bocchi, intitolati «Albero della Cuccagna», il «Clistere» e la «Condanna». Dato che erano dello stesso autore e componevano una stessa serie, la casa d’aste li ha correttamente stimati l’identica cifra di 6-8mila euro. È stato l’interesse, il gusto e il capriccio dei collezionisti a determinare i risultati: fermo al minimo il primo, rimbalzato il terzo e schizzato ai massimi il «Clistere» (aggiudicato a 30mila euro, compresi i diritti).
Perché proprio questo e non gli altri? Riformulo la domanda: che cosa predilige il mercato? Le persone desiderano essere sorprese e possibilmente vivere allegramente. Non stare troppo a pensare o, peggio ancora, coltivare il vizietto della superbia che in genere si alimenta con una presunzione di intelligenza. Su questo argomento ci azzecca un vecchio proverbio lombardo che chiarisce anche la fortuna toccata all’opera del Bocchi: «A parlà de cül e de mèrda l’anima la se cunsèrva».
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