«Il campo per sfollati sudanesi allestito presso la scuola di Natinga, Sud Sudan» (1995) di Sebastião Salgado (particolare)

© Sebastião Salgado / Contrasto

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«Il campo per sfollati sudanesi allestito presso la scuola di Natinga, Sud Sudan» (1995) di Sebastião Salgado (particolare)

© Sebastião Salgado / Contrasto

Salgado: i suoi migranti come i nostri

Al Mar Museo d’Arte della Città di Ravenna 180 immagini per mostrarci disuguaglianze, politiche migratorie, ingiustizie e sofferenze

È aperta fino al 2 giugno al MAR Museo d’Arte della Città di Ravenna la mostra «Sebastião Salgado. Exodus-Umanità in cammino», curata da Léila Wanick Salgado, compagna di lavoro e di vita del fotografo. 

Dopo aver abbandonato la sua carriera di economista, il brasiliano Sebastião Salgado, classe 1944, aveva intrapreso la carriera fotografica affermandosi grazie a immagini che catturano l’umanità in situazioni estreme. Il viaggio nell’universo delle migrazioni protagonista di questa mostra, per l’artista e la curatrice è iniziato nel 1993 e durato sei intensi anni, durante i quali hanno attraversato quattro continenti immortalando con attenzione e sensibilità le fasi cruciali delle partenze e degli arrivi nei campi profughi, luoghi in cui gli individui si confrontano con un destino incerto. 

Le 180 fotografie esposte sono organizzate in sezioni tematiche e narrano le motivazioni, le speranze e le sfide di coloro che si trovano a intraprendere viaggi alla ricerca di una vita migliore, trasportando lo spettatore in mondi lontani eppure vicini alla nostra realtà. Il campo di Benako in Tanzania si staglia come un mondo a parte, avvolto da un’atmosfera carica di dolore e di speranza al quale il bianco e nero conferisce un senso di atemporalità e di cui amplifica la drammaticità. Le tende diventano simboli di una vita sospesa, mentre le figure umane sfocate tra i sentieri polverosi evocano il senso di smarrimento e resilienza. Le lacrime silenziose di chi ha perso tutto si mescolano con timidi raggi di sole e creano immagini di struggente bellezza e di tragica realtà.

Salgado fa penetrare il suo sguardo nelle vite segnate da sofferenze inimmaginabili, istantanee che catturano l’essenza dell’esilio e della speranza. La sua insistenza nel ritrarre una verità scomoda ricorda le tensioni del dipinto «La zattera della Medusa» di Géricault del 1818-19. Le immagini di Salgado e il capolavoro di Géricault, attuali e rilevanti, suscitano riflessioni profonde sulle disuguaglianze del mondo, sulle politiche migratorie e sulle ingiustizie e le sofferenze che molti popoli affrontano quotidianamente. Sono fotografie che ci costringono a guardare oltre le statistiche e i titoli di giornale, e un impellente richiamo alla compassione, alla solidarietà e alla responsabilità verso il nostro prossimo, ovunque nel mondo

Rischa Paterlini, 30 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

Salgado: i suoi migranti come i nostri | Rischa Paterlini

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