Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliAlla presenza dei massimi esponenti delle tre chiese cristiane responsabili della Basilica del Santo Sepolcro, il francescano Francesco Patton, della Custodia di Terra Santa, il patriarca greco ortodosso Teophilo III e, in rappresentanza del patriarca armeno, il gran sacrestano Sevan Gharibian, il 14 marzo si è tenuta la cerimonia di rimozione della prima pietra che dà il via all’attività di scavo della pavimentazione della basilica, coordinata dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università «La Sapienza» di Roma.
Le indagini, che si svolgeranno lungo ventisei mesi, giorno e notte senza interruzioni, e consentiranno il regolare svolgimento delle numerosissime funzioni religiose e l’afflusso dei pellegrini, si presentano per questo piuttosto complesse, e non solamente da un punto di vista tecnico-scientifico.
Per la prima volta in assoluto la missione intraprende uno scavo sistematico, non per saggi occasionali, del monumento, che presenta una stratificazione archeologica e una storia di fatto bimillenaria uniche al mondo. «È difficile dire adesso che cosa troveremo, spiega il direttore del Dipartimento di Scienze dell’Antichità Giorgio Piras, sappiamo per certo che sotto c’è la basilica costantiniana, chiarirne bene la struttura è l’obiettivo primario».
Risale alla prima età costantiniana, infatti, l’origine del culto cristiano che riconosce in quel luogo il punto esatto della tomba di Cristo, come indicato dalle fonti. È probabile tuttavia che ci fosse già una tradizione pregressa, anche perché la basilica sorge nell’area di un sepolcreto antico, sul quale in età adrianea (II secolo) vi era stato eretto un tempio. «Potremmo arrivarci, precisa Piras, teoricamente potremmo indagare così in profondità da raggiungere perfino il sepolcreto. Però non sappiamo che cosa emergerà, al riguardo abbiamo dati molto incerti».
Il via al progetto in realtà risale al 2019, ma la pandemia finora l’aveva bloccato. Non del tutto però, perché nel frattempo si è proceduto, propedeuticamente, alla creazione di un prezioso database sulla basilica e la sua storia, con dati in buona parte inediti e che saranno implementati con le informazioni sul campo.
L’équipe al lavoro, coordinata da Francesca Romana Stasolla, sarà interdisciplinare e tutta della Sapienza: oltre agli archeologi, ci saranno storici e storici dell’arte, ingegneri e perfino psicologi, data la delicatezza del sito, e più in generale della città di Gerusalemme, dal punto di vista religioso, politico e militare.
Le ricerche sono connesse al progetto di restauro del pavimento affidato al Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale» di Torino e vede la collaborazione del Politecnico di Milano, «perché sono da tenere sotto controllo tutti gli aspetti statici, dell’Edicola della Tomba di Cristo attorno a cui si scava (restaurata nel 2017 dal Politecnico di Atene) e dell’intera la chiesa», e di due ditte, la IG Ingegneria Geotecnica di Torino e la Manens di Padova, che si occuperà della revisione degli impianti elettrici, idrici e antincendio.
Si procederà quindi con uno scavo classico, con metodi tradizionali e manodopera per lo più locale, area per area, progressivamente, per cercare di ostacolare il meno possibile la fruibilità del sito che non si interromperà mai. L’area interessata sarà quella comune gestita congiuntamente dalle tre comunità che finanziano il progetto con fondi consistenti di donatori esterni (diversi milioni), un’area vasta che comprende la Rotonda e quasi tutto il perimetro.
La pavimentazione di pietra oggetto di restauro risale dal Medioevo in poi, con elementi di età, dimensioni e condizioni varie, in uno stato di conservazione complessivamente molto degradato: pietre saltate, inserzioni di cemento, e così via. Le pietre verranno smontate una a una, studiate dal punto di vista sia morfologico che chimico, restaurate laddove possibile, altrimenti sostituite o integrate.
Altri articoli dell'autore
Tra Foro Romano e Palatino sono stati ritrovati i resti di una lussuosa dimora con una sala per banchetti a forma di grotta e uno straordinario mosaico impreziosito con conchiglie, vetri e tessere blu egizio
Si inizia con l’enigmatico scultore ateniese. Altre due monografiche saranno dedicate a Prassitele e a Skopas
Stéphane Verger nel chiostro di Michelangelo ha fatto eseguire interventi su sette teste di animali antiche (quattro di età adrianea e tre rinascimentali) e ne ha commissionata un’ottava a Elisabetta Benassi
Lo scavo condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma ha riportato alla luce strutture in laterizio e un sontuoso apparato decorativo riconducibili a una committenza di altissimo rango, quasi sicuramente imperiale