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Restituzioni: che cosa è bene sapere

In un momento in cui si moltiplicano le rivendicazioni, i consigli di tre esperti a musei e collezioni pubbliche e private per verificare la provenienza delle opere in loro possesso

Isabel von Klitzing, Pierre Valentin, Till Vere-Hodge

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L’Italia ha da poco festeggiato la restituzione di circa 600 antichità dagli Stati Uniti,per un valore di 60 milioni di euro, saccheggiati anni fa, venduti a musei, gallerie e collezionisti statunitensi e recuperati a seguito di indagini penali. L’ambasciatore statunitense in Italia Jack Markell ha dichiarato che Washington si è impegnata a restituire «al suo luogo originario» quanto rubato, in segno di rispetto per l’Italia. Ma che cosa sta facendo l’Italia per rimediare ai torti causati dal fascismo e dal nazismo nel 1933-45? Una buona reputazione richiede anni per essere costruita, ma può essere distrutta in un attimo. La rivelazione pubblica che una collezione, privata o pubblica, contiene opere trafugate dai nazisti può causare gravi danni alla reputazione del proprietario e di altri soggetti coinvolti. Anche se si è il legittimo proprietario di un’opera d’arte e si è ignari della sua storia riprovevole, se l’opera era stata espropriata dai nazisti una nube incombe. Sarà difficile trovare un mercante o una casa d’aste affidabili disposti a venderla, per non parlare di un acquirente. 

Che cosa fare in questa situazione? Innanzitutto, una verifica della collezione. Questa può essere indotta dalla rivendicazione di un’opera, o semplicemente da un proprietario diligente o da amministratori fiduciari che decidono di effettuare un controllo prima che la collezione venga trasmessa alla generazione successiva. Gli obiettivi dell’«audit» devono essere stabiliti caso per caso. 
Lo scopo più probabile sarà quello di stabilire se i proprietari perseguitati dai nazisti siano stati ingiustamente privati di opere d’arte senza una successiva restituzione o un equo compenso. Ciò richiederà un’accurata ricerca sulla provenienza, con l’accesso da parte del gruppo di lavoro alla documentazione interna, come archivi privati, fatture, fotografie, cataloghi, valutazioni, inventari e diari. Ogni opera deve essere ispezionata fisicamente alla ricerca di etichette, nomi, timbri o scritte che possano far luce sulla storia della proprietà. Oltre ai database online, sarà necessario consultare biblioteche e archivi nel tentativo di ricostruire il concatenamento delle provenienze. Tutto questo dovrebbe essere affidato a ricercatori specializzati nello studio delle provenienze, sia membri del personale interno alle istituzioni coinvolte che studiosi indipendenti, in grado di identificare i cosiddetti «Red Flag Names» (nomi critici) che potrebbero indicare che un oggetto è frutto di saccheggio. Queste «Red Flag Names» includono, ad esempio, i nomi di famiglie note per essere state perseguitate dai nazisti, nonché individui, agenti, mercanti e case d’asta coinvolti nel saccheggio o nel commercio di opere d’arte espropriate dai nazisti all’epoca. Una stima dei tempi e del budget per l’intero processo dovrebbe essere tracciata in anticipo, idealmente da un avvocato specializzato in arte che supervisiona l’intero processo e lavora a stretto contatto con il team di ricerca.

È fondamentale che le parti interessate comprendano appieno le implicazioni dei molti esiti possibili nel caso in cui si scopra che un’opera della collezione è stata espropriata illegalmente, al fine di decidere quale sia la soluzione migliore. Se vengono identificate provenienze problematiche, la squadra di indagine può formulare raccomandazioni a coloro che hanno l’ultima parola, ad esempio il consiglio di amministrazione, i fiduciari o il proprietario. 

Poiché le ragioni dello spostamento involontario di proprietà tra il 1933 e il 1945 sono state molteplici, ogni caso deve essere considerato in base alla propria storia, comprese le circostanze in cui l’attuale proprietario ha acquistato l’opera. La soluzione può comportare: a) la restituzione dell’opera alla famiglia del proprietario espropriato; b) il pagamento di un indennizzo economico; c) la vendita a un prezzo ridotto alla famiglia del proprietario espropriato; d) la vendita dell’opera sul mercato libero con una divisione dei proventi della vendita, o e) semplicemente il riconoscimento pubblico della sua storia travagliata. Ma in ogni caso l’obiettivo deve essere quello di rimuovere la nube che incombe sull’opera. Il processo deve essere documentato per poter dimostrare che l’opera potrà essere trasferita o venduta al suo prezzo di mercato senza più alcun reclamo. Se la collezione è sotto gli occhi di tutti, una delle sfide del processo di revisione consiste nel trovare un equilibrio tra la necessità di discrezione e il desiderio di rassicurare il pubblico che la revisione è stata condotta in modo serio e professionale. Ciò richiederà anche l’impiego di uno specialista in pubbliche relazioni capace di trasmettere i giusti messaggi alla stampa. Il messaggio per le collezioni private e pubbliche è: non aspettate di essere colpiti. Siate proattivi e trasparenti per preservare il valore e la reputazione della vostra collezione ed evitare che diventi un ostaggio della storia.

Isabel von Klitzing, Pierre Valentin, Till Vere-Hodge, 17 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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