Per un errore di impaginazione nell’edizione cartacea di «Il Giornale dell’arte» (n. 447, gen. ’24, p. 76) questo articolo di Alberto Fiz è uscito erroneamente a firma di Elena Correggia: ci scusiamo con i lettori e con i diretti interessati.
Il vero trionfatore del 2023 è stato Salvo con i suoi paesaggi di zucchero, le finte architetture e gli alberi colonna. Uno tsunami su un mercato praticamente inesistente sino a pochi anni fa, tanto che nel 2019 il suo fatturato era di appena 292mila euro, mentre negli ultimi 12 mesi ha superato gli 8 milioni. È stata una crescita esponenziale che ha dell’incredibile, coronata dal record di Christie’s Hong Kong che il 28 novembre ha spinto sino a oltre un milione di euro «Il mattino» del 1994, un grande dipinto di 205x327 cm che nel 2009 da Sotheby’s a Milano era stato pagato 70mila euro, cifra per lungo tempo rimasta nei top lot. E pensare che il mercato italiano non ha mai creduto in Salvo e il merito del successo va principalmente alla figlia Norma Mangione, a Marian Goodman e a Nicolas Party che copiandolo lo ha reso una celebrità.
Salvo a parte, il 2023 è stato anche per l’Italia un anno in chiaroscuro dove sono scivolati alcuni big di prima grandezza come Alighiero Boetti e Mario Schifano che hanno animato il mercato nell’era post Fontana. Proprio Boetti, dopo quattro stagioni da leone, ha subito una serie d’invenduti inaspettati sin dal 20 ottobre quando la «Thinking Italian» di Christie’s a Parigi ha rispedito al mittente un classico arazzo di 110x110 cm che non ha trovato un acquirente disposto a spendere 400mila euro. Successivamente, sono tornati al proprietario iniziale due importanti lavori con la penna biro. Anche le performance di Schifano sono state inferiori alle attese e il 22 novembre da Sotheby’s a Milano «Paesaggio anemico» del 1965 (80x100 cm) si è dovuto accontentare di un’aggiudicazione piuttosto modesta, pari a 127mila euro. Qualche rischio l’hanno corso anche Carla Accardi e Piero Dorazio: per tutta la stagione sono stati gli animatori delle trattative private con le fiere che li hanno inflazionati senza remore.
Nonostante qualche logico intoppo, la corsa all’astrazione proseguirà anche nel 2024 con una serie di artisti pronti a staccarsi dal gruppo. Tancredi dovrà consolidarsi, ma non c’è dubbio che il record raggiunto il 20 ottobre da Christie’s a Parigi con «Omaggio a Debussy», venduto per 730mila euro, rappresenti un punto di svolta, anche se in termini assoluti è un progresso minimo rispetto al 2007-08 quando le sue opere potevano raggiungere i 400-500mila euro. Tuttavia, un’immediata ricaduta del top lot è apparsa evidente il 5 dicembre, da Christie’s a Milano, quando «Senza titolo», una storica tempera del 1959-61 (136x125 cm), non ha avuto alcuna difficoltà a passare da una stima di 30-40mila euro sino a un’aggiudicazione per 151mila.
L’altro scossone si è consumato sul finale di stagione, quando improvvisamente si è risvegliato dal sonno profondo Ennio Morlotti, da tempo fuori dai radar e che il mercato sembrava aver ibernato con quotazioni spesso al di sotto dei 20mila euro. Senza preavviso, il 28 novembre da Il Ponte a Milano «Colline a Imbersago (Paesaggio con figure)» del 1956, un lavoro monumentale di 207x167 cm tra i più significativi mai proposti, è stato aggiudicato per la cifra sbalorditiva di 201mila euro rispetto a una stima di 60-80mila euro. Le ragioni dell’exploit sono dovute soprattutto allo straordinario pedigree dell’opera, che oltre a essere stata esposta alla Biennale di Venezia del 1956, ha fatto parte della collezione Ponti-Loren entrando successivamente in quella di Giovanni Testori, amico di una vita e tra i maggiori esegeti di Morlotti. Una rondine non fa primavera, ma è certo che il mercato dell’artista lombardo potrebbe trarre giovamento da questo upgrade quantomai meritato.
Se Giuseppe Capogrossi ha raggiunto, un po’ a sorpresa, un nuovo record di 419mila euro il 7 dicembre da Bonhams a Parigi (il precedente primato reggeva dal 2006) con un ovale colorato del 1954 non tra i più iconici, il settore dell’astratto-informale ha ancora ampi margini di crescita e tra i più sottovalutati merita particolare attenzione Giulio Turcato con l’archivio che si trova in fase di transizione e opere importanti che scivolano via a cifre estremamente favorevoli, come dimostra «Giardino di Miciurin» del 1956 (45x65 cm), proveniente dalla collezione di Guido Ballo, che appartiene a una serie particolarmente significativa dove il segno si libera sviluppando un percorso autonomo connesso con scienza e biologia. L’opera, proposta il 28 novembre da Il Ponte a Milano, non è andata oltre i 25mila euro. Per scuotere un mercato sonnolento, il 29 novembre Dorotheum di Vienna ha dovuto affidarsi ad «Africano», capolavoro del 1955 (89x116 cm) appartenuto alla celebre collezione del barone Giorgio Franchetti, che ha trovato un lungimirante compratore disposto a spendere 70mila euro.
Per lungo tempo compagno di strada di Turcato, Achille Perilli, scomparso 94enne nel 2021 senza le necessarie celebrazioni, appare ancora ingiustamente ai margini, tanto che da Il Ponte è stata venduta nell’indifferenza generale per 14mila euro «Segni di diario» del 1959 (65x100 cm), un’opera importante dove l’artista evidenzia la componente germinale della scrittura. Indiscusso protagonista dell’arte italiana lontano dai vertici, che non ha ancora espresso le sue potenzialità, è Gastone Novelli, più volte messo in relazione con Cy Twombly. La sua pittura colta, ironica e provocatoria non appare inferiore rispetto a quella dell’artista americano anche se i prezzi sono infinitamente più bassi. L’unico acuto della stagione risale al 4 luglio da Finarte a Milano quando «Attenti al Sergente Bond» del 1965 (200x180 cm), composizione fantasmatica che assorbe mito, storia e leggenda, ha fatto fermare il martello del banditore a 211mila euro. Non certo una follia tenendo conto che nel 2000 la stessa era stata venduta per 127mila euro nell’«Italian Sale» di Sotheby’s a Londra.
Un altro caso di rimozione è quello di Mimmo Rotella, che al contrario di Novelli è stato per molti anni al centro delle contrattazioni, ma attualmente appare emarginato rispetto a un sistema che in seguito alla scomparsa di Germano Celant deve ancora trovare i giusti equilibri. Quindi il 7 dicembre da Bonhams a Parigi ha realizzato un ottimo affare l’acquirente che si è assicurato per 45mila euro «Raro», storico décollage del 1956 appartenuto a Constantin Tâcu, noto collezionista di origine macedone amico di Rotella e di tutto il gruppo dei Nouveaux réalistes.
Insomma, da Tancredi a Morlotti, passando attraverso Turcato e Novelli, il 2024 premierà gli outsider in un mercato alla ricerca disperata di talenti ancora sottovalutati. Del resto, dopo il clamoroso trionfo di Salvo, si è aperto un nuovo capitolo e più nulla sarà come prima.
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