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Oltre 65mila persone hanno seguito i corsi online o in presenza, consultato le pubblicazioni, partecipato ad attività ed eventi della Scuola Fondazione dei beni e delle attività culturali, nata come star up nel 2018

Cortesia Scuola Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

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Oltre 65mila persone hanno seguito i corsi online o in presenza, consultato le pubblicazioni, partecipato ad attività ed eventi della Scuola Fondazione dei beni e delle attività culturali, nata come star up nel 2018

Cortesia Scuola Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali

Quattro parole chiave: formazione, ricerca, innovazione e divulgazione

A conclusione del loro mandato, Vincenzo Trione e Alessandra Vittorini, presidente e direttore della Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, tracciano un bilancio delle attività dell'istituto nato per valorizzare e promuovere le competenze dei professionisti impegnati nella cura e gestione del patrimonio

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Arianna Antoniutti

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La Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali è un istituto internazionale per la formazione, la ricerca e gli studi avanzati, nell’ambito delle competenze del Ministero della Cultura, suo socio fondatore. Formazione, ricerca, innovazione e divulgazione sono le parole chiave che ne guidano l’operato. Alla Fondazione sono affidati settori strategici per il MiC, quali la formazione continua di chi lavora nel settore della cultura. Dopo due anni di start-up, nel 2018 sono state avviate stabilmente le attività che hanno visto, negli ultimi quattro anni, Vincenzo Trione (Sarno, Sa 1972) e Alessandra Vittorini (L’Aquila 1957), rispettivamente presidente e direttore della Fondazione. A loro, che hanno appena concluso il proprio mandato, abbiamo chiesto un bilancio, anche alla luce della pubblicazione di «Siamo Scuola», il rapporto che racconta progetti e iniziative realizzati in questi anni.

 

 

 

Vincenzo Trione, presidente della Fondazione Scuola dei beni e attività culturali

Vincenzo Trione: formiamo i professionisti impegnati nelle sfide della trasformazione digitale del patrimonio

Ci può parlare del ruolo svolto dalla Fondazione in ambiti chiave, per il MiC, come digitalizzazione e rigenerazione di parchi e giardini storici?
Nel 2022 il Ministero della Cultura ha scelto la Scuola come soggetto attuatore del subinvestimento del Pnrr Cultura 4.0 per la formazione delle competenze digitali degli attori del settore culturale. Un compito strategico, con un budget complessivo di 20 milioni di euro e un target europeo di 30mila formazioni certificate da raggiungere entro il 2025. Un anno dopo abbiamo lanciato «Dicolab. Cultura al digitale», il sistema formativo che si rivolge al vasto mondo dei professionisti, degli operatori e delle organizzazioni impegnati nelle sfide della trasformazione digitale del patrimonio culturale. Abbiamo sviluppato un vero laboratorio di blended learning, con un ricco catalogo di prodotti formativi fruibili attraverso la nostra piattaforma di formazione a distanza e una serie di attività sul territorio. I dati raccolti testimoniano che, con Dicolab abbiamo saputo rispondere alle esigenze di aggiornamento del settore: a soli 10 mesi dal lancio del programma, abbiamo già superato il 60% del target europeo. Per quanto riguarda la linea di investimento del Pnrr Cultura dedicata alla rigenerazione di parchi e giardini storici, la Scuola ha sviluppato il programma «Oltre il Giardino», con l’obiettivo di sostenere la formazione continua e l’aggiornamento professionale per la cura e la gestione del verde storico. Abbiamo curato e realizzato corsi online aperti a tutti e corsi executive per gli operatori di settore, con laboratori in presenza in alcuni dei più importanti parchi e giardini storici italiani, come la Reggia di Caserta e la Reggia di Venaria a Venaria Reale, il Museo Nazionale di Villa Pisani a Stra, Villa Durazzo a Santa Margherita Ligure, il Giardino della Villa Medicea di Castello a Firenze e Villa Buonaccorsi a Potenza Picena. Una scommessa importante per il nostro Paese.

Con lei avevamo già avuto modo di illustrare il progetto Toolkit for Museum, un corso pensato per professionisti del settore museale, ora con gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale si aprono nuove prospettive. Quale sarà, in futuro, l’impatto dell’Intelligenza Artificiale generativa sulle professioni culturali?
La IA generativa è la rivoluzione di questo millennio: assimilabile a quella del telefono, del web. Un percorso che, in tempi rapidi, ci porterà a un nuovo modello di comportamento, a nuove dimensioni sociali, a un rapporto diverso con il lavoro. In ambito culturale, alcuni mestieri saranno forse più facili da svolgere: pensiamo al catalogatore, a chi fa ricerca, a chi si occupa di diagnosi. E ancora: pensiamo a chi cura una mostra o a chi organizza una rassegna. Il lavoro di chi analizza il pubblico e le sue preferenze avrà tanti strumenti in più. Inoltre, sarà più legato agli utenti il lavoro di chi comunica la cultura. La domanda di fondo, però, è se questi mestieri diventeranno così facili da svolgere da rendere superfluo l'essere umano. È un grande tema. Che la Scuola sta affrontando con due iniziative. La prima: una ricerca che abbiamo recentemente avviato con l’obiettivo proprio di studiare questi effetti. A breve verrà lanciato un questionario per fare il punto e delineare scenari, i cui primi risultati presenteremo a Ravello Lab 2024, in ottobre. La seconda: il nostro progetto formativo «Dicolab. Cultura al digitale», finanziato dal Pnrr e promosso dal MiC, con il quale, da più di un anno, eroghiamo corsi di formazione online sui temi della digitalizzazione del patrimonio culturale, parlando anche di IA generativa. Lo facciamo perché ci riteniamo responsabili nell’accompagnare i tanti operatori della cultura in questa grande rivoluzione, cercando di contribuire al costante aggiornamento delle loro competenze. Una sfida altamente civile.

Alessandra Vittorini, direttore Fondazione Scuola dei beni e attività culturali

Alessandra Vittorini: un modello formativo vincente, basato sul confronto

Con quale intento è nata la Fondazione? Qual è il profilo ideale del professionista dei beni culturali cui essa si rivolge?
Nata nel 2016, con la missione di valorizzare e promuovere le competenze dei professionisti impegnanti nella cura e nella gestione del patrimonio culturale, dal 2018 avvia i primi corsi di formazione a scala nazionale e internazionale, e i progetti di ricerca, studio e innovazione. Superata la difficile fase della pandemia, dal 2020 vede una crescita costante e continua e oggi rappresenta certamente un unicum in Italia. Anche per il suo modello formativo, che si è rivelato vincente e si fonda sul confronto, l’integrazione e l’ibridazione, tra discipline e tra operatori. In un circuito virtuoso e trasversale che attraversa tutte le attività: formazione, ricerca, innovazione e internazionalizzazione. Lavoriamo prevalentemente sulla formazione continua e sull’aggiornamento delle competenze: un’attività che richiede attenzione e investimenti, come già fortemente richiamato anche dall’Ue. Non guardiamo solo a specifici profili professionali, ma operiamo al servizio dell’intero sistema del patrimonio culturale. Professionisti, operatori, esperti, amministratori, ma anche, e soprattutto, organizzazioni e istituzioni del settore, sia pubbliche che private: oltre al Ministero della Cultura, nostro principale interlocutore e partner (la metà dei 73 progetti portati avanti finora sono condivisi con il MiC) anche le amministrazioni pubbliche, le istituzioni private, le associazioni, l’ampia rete nazionale di musei, parchi archeologici, biblioteche, archivi, istituti di tutela e altri luoghi della cultura. E le organizzazioni internazionali.  

Quali sono i risultati più significativi realizzati nell’ultimo quadriennio, e quale la direzione, in futuro, cui guardare?
Gli ultimi anni hanno visto un forte sviluppo e la nostra Scuola oggi si colloca in modo riconosciuto e strutturato nella rete di riferimento, nazionale e internazionale. I nostri progetti di formazione, ricerca, sperimentazione e internazionalizzazione si integrano fortemente anche con le sfide più urgenti del nostro tempo, come quelle della sostenibilità, della digitalizzazione e dell’inclusione. E con gli obiettivi del Pnrr Cultura 4.0, nel quale affianchiamo il Ministero portando avanti progetti di grande rilevanza. 

Tutto questo è stato possibile grazie a un team di grande professionalità e a un'organizzazione che ha saputo progressivamente crescere e strutturarsi. Operiamo attraverso cinque aree organizzative: Formazione, Ricerca, Internazionalizzazione, Progetti d’innovazione e complessi, Digital Education and Training, a cui si aggiungono le aree trasversali, Comunicazione e Amministrazione, e in quattro anni siamo passati da 17 a 75 dipendenti, quasi la metà espressamente dedicati ai progetti Pnrr del MiC. Abbiamo costruito una comunità, ampia e profilata: circa 40mila utenti frequentano la nostra piattaforma e oltre 65mila hanno seguito i corsi online o in presenza, consultato le pubblicazioni, partecipato ad attività ed eventi.

Il modello che abbiamo costruito è chiaro e solido. L’ecosistema del patrimonio culturale sta vivendo profondi cambiamenti e ha un forte bisogno di investimento in questa direzione. Lavorando con le persone e per le persone, e a fianco delle organizzazioni, oggi possiamo offrire modelli vincenti, sperimentazioni efficaci e replicabili, know-how e competenze consolidate, capaci di dialogare con istituzioni, università, mercato del lavoro, decisori politici e reti internazionali. Siamo certi che verranno valorizzati e sostenuti con la stessa visione, professionalità e dedizione.

Arianna Antoniutti, 18 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

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