Se c’è una cosa che risulta evidente dalla vasta documentazione della devastazione in atto in Palestina è che, qualora questa venga osservata da uno sguardo coloniale, la fotografia perde la sua capacità di renderci consapevoli di e mobilitarci contro abusi di potere ai danni di popolazioni colonizzate. In una società in cui la gente si arroga il diritto di «disconnettersi» dalle tragedie altrui, dove immagini di persone costrette a vivere tra i resti dei propri cari si frappongono alle nostre sessioni social inconsulte, fotografie che un tempo sarebbero bastate a condannare il più scaltro dei criminali si perdono nell’iperconnessione dell’età digitale. È questa la premessa di «Against Abstraction», in arrivo a Rencontres d’Arles dall’1 al 7 luglio su iniziativa della piattaforma francese Double Dummy.
Concepita dagli artisti palestinesi Maen Hammad, Dina Salem, Sari Tarazi e Ahmad Alaqra con la curatrice Tanvi Mishra, «Against Abstraction» ripercorre gli otto mesi di attacchi subìti dagli abitanti di Gaza per mano dell’esercito israeliano attraverso le fotografie, i video e i messaggi vocali da loro condivisi su diversi canali Telegram. Con l’aiuto dell’IA, Hammad, Salem, Tarazi e Alagra hanno selezionato le parole più ricorrenti nella narrazione locale del genocidio in corso, reinterpretando queste ultime e ognuno degli oltre 250 giorni di assedio con un’immagine, un filmato o una registrazione del loro archivio audiovisivo. Il risultato è una linea temporale che, «sollevando interrogativi sulla risposta istituzionale alla violenza imperialista nell’industria culturale occidentale, mette in discussione gli ideali liberali dell’Occidente nel loro definitivo smascheramento», spiegano gli organizzatori.
Il silenzio delle istituzioni, scrivono Salem e Hammad nel testo «Unbranding Liberation», «prova che il loro coinvolgimento nel discorso sulla libertà di parola e sui diritti umani non ha mai riguardato la libertà effettiva o la preservazione della dignità umana, ma ostentazioni politiche dirette alle “echo chambers” dell’industria». Al contrario, la vera decolonizzazione, continuano i due, «sta avvenendo in tempo reale».
Il focus di «Against Abstraction» verrà approfondito ulteriormente in «We are still alive» (2-6 luglio), serie di talk all’intersezione tra fotografia documentaristica e attivismo in zone di conflitto, e «Resist/Refuse» (6 luglio), tavola rotonda sul ruolo dei fotografi palestinesi nel percorso verso la liberazione.