Un artista britannico su tre dubita di riuscire a mantenersi con la professione di artista da qui a cinque anni. A rivelare l’ impatto dell’aumento del costo della vita sugli artisti del Regno Unito è un nuovo sondaggio condotto dall’organizzazione benefica londinese Acme, il più grande fornitore di studi per artisti a prezzi accessibili nel Regno Unito, che ha tra i suoi clienti Grayson Perry e Hew Locke.
«Essere un artista praticante nel Regno Unito significa vivere quotidianamente con problemi di sopravvivenza», ha dichiarato il fondatore di Acme David Panton, in una dichiarazione condivisa con i colleghi inglesi di «Il Giornale dell’Arte». Intitolata «The Acme Artist Tenant Survey», condotta tra 226 degli 850 artisti che affittano spazi dall’ente benefico, l’indagine mette in evidenza le ampie implicazioni che la crisi generata dall’aumento del costo della vita, unita alle crescenti pressioni sul settore culturale, ha avuto sugli artisti professionisti nel Regno Unito.
Il 40% degli artisti intervistati ha dichiarato di non potersi permettere di contribuire a un piano pensionistico o di risparmiare. In particolare, la pratica professionale degli artisti intervistati rappresenta solo il 33% del loro reddito complessivo e in molti hanno dovuto fare affidamento su altri mezzi di guadagno. Solo per il 12% degli artisti intervistati la propria attività professionale è l’unica fonte di reddito.
«Le sfide finanziarie, pratiche e intellettuali che gli artisti devono affrontare implicano costantemente di trovare soluzioni e sempre più spesso giustificazioni per uno stile di vita che può sembrare in contrasto con il resto della società», dichiara Panton. I bassi salari degli artisti Per molti artisti la carriera rimane non regolamentata e non professionalizzata. Un rapporto di marzo sulle retribuzioni degli artisti, commissionato da a-n, la più grande associazione di artisti del Regno Unito, e redatto dalla artist-run organisation Industria, gestita da artisti, ha messo in luce «una cultura di bassi compensi, lavoro non retribuito e sfruttamento sistemico».
Tra i risultati emersi, il fatto che gli artisti guadagnano una tariffa media di 2,60 sterline all’ora, molto al di sotto del salario minimo britannico di 9,50 sterline all’ora. La vincitrice del Turner Prize, Helen Cammock, la cui commissione estiva per il CCA di Brighton è stata cancellata dopo la chiusura del centro, afferma: «devo lavorare molto, molto duramente per mantenermi a galla». Le entrate di Cammock derivano interamente da commissioni pubbliche; spesso i suoi compensi coprono a malapena i costi.
Per una recente commissione da parte di un museo tedesco, Cammock ha calcolato di essere stata pagata 50 sterline al giorno. «Per la maggior parte degli artisti è una strada davvero molto precaria», aggiunge. Con l’aumento degli affitti degli studi, molti sono semplicemente esclusi dalla professione. Cammock ritiene che sia necessario cambiare il modo in cui i collezionisti privati vengono educati all’arte contemporanea. Secondo l’ultimo rapporto UBS/Art Basel Art Market, dipinti, sculture e opere su carta rappresentano l’82% delle vendite globali.
«Le grandi istituzioni potrebbero organizzare dei corsi per i collezionisti più facoltosi su come sostenere l’arte piuttosto che acquistare marchi, suggerisce Cammock. Sembra che la gente non capisca più cosa sia l’arte contemporanea». Cammock osserva anche come le giovani gallerie commerciali siano in difficoltà: «Se i collezionisti acquistassero opere di piccole gallerie, garantirebbero la loro sopravvivenza e quella degli artisti emergenti che coltivano».
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