Laura Giuliani
Leggi i suoi articoliTra i primi ricordi che Paolo Matthiae (1940) serba vividi nella sua memoria vi sono quelli degli anni universitari a Roma quando nel 1957, spinto dalla passione per l’Egittologia, decide di iscriversi alla Sapienza. L’incontro con i grandi maestri dell’orientalistica come Giorgio Levi Della Vida e con i compagni, amici e futuri colleghi come Mario Liverani, si rivela determinante nella scelta di indirizzare gli studi verso il Vicino Oriente antico, allora ancora da esplorare, e di laurearsi con Sabatino Moscati sull’arte della Siria del II millennio a.C., oggetto della sua prima pubblicazione nel 1962.
È questo l’incipit del suo ultimo libro, Senza veli, che rievoca «frammenti di ricordi», di quell’esperienza di vita e di lavoro insieme, di passione e scavi tra difficoltà, soddisfazioni e delusioni, coronata dall’eccezionale scoperta di Ebla, in Siria, l’antica città del Bronzo, da lui scavata ogni estate e ininterrottamente dal 1964 al 2010. Ad Aleppo, durante un primo breve soggiorno nel 1962, è fatale l’incontro nei magazzini del Museo Archeologico con un bacino a due vasche in basalto proveniente da un tell a 50 km dalla città. È proprio questo singolare reperto a dargli l’intuizione di avviare le ricerche proprio su quella collina nel villaggio di Mardikh. I primi tempi, per raggiungerla, Matthiae ogni giorno faceva la spola da Aleppo, dallo storico Hotel Baron, tappa di personaggi illustri come Lawrence d’Arabia e archeologi come Claude F.A. Schaeffer e André Parrot, scopritori di Ugarit e dell’antica Mari.
In seguito, la casa della Missione, soprannominata «il moderno palazzo reale di Ebla», diventa la sede di tutte le attività di studio e catalogazione dei materiali, luogo di ritrovo e scambio di idee per studiosi di ogni parte del mondo, studenti che s’impratichivano sullo scavo e operai che vi lavoravano e con i quali l’archeologo aveva stretto rapporti di stima reciproca. A segnare la svolta epocale, le migliaia di tavolette cuneiformi del Palazzo Reale G e degli Archivi Reali trovate nel 1975, seguite da tanti altri rinvenimenti, templi, palazzi e abitazioni a testimonianza del lungo periodo della città fino alla sua distruzione nel 1600 a.C. Il libro è piacevole da leggere e offre uno sguardo sull’archeologia e i metodi di indagine di allora. Ne emerge la rievocazione di un mondo che sembra lontano ma che in fondo non è così distante, il cui epilogo è noto per lo scoppio della guerra civile che nel marzo 2011 ha portato alla distruzione del patrimonio culturale siriano e della stessa Ebla che, scrive l’autore nell’ultima pagina, «ha ancora molto da rivelare nei settori e negli strati intatti dell’antica città dove la barbarie qaedista certamente non è arrivata nella sua opera di devastazione».
Senza veli. Ricordi dell’archeologo che scoprì Ebla
di Paolo Matthiae, 168 pp., 21 ill. b/n, il Mulino, Bologna 2024, € 17
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