Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Davide Landoni
Leggi i suoi articoliDavid Hockney (classe 1937) specchiandosi oggi nella superficie luminescente di una piscina losangelina vedrebbe riflessa l’immagine di uno dei più grandi artisti del suo tempo. Senza dubbi, senza dibattito: il pittore britannico è uno dei pochi autori ad aver pienamente raggiunto l’apice del sistema ancora in vita, in tempo per godersi il plauso unanime di pubblico, critica e mercato. In oltre settant’anni di carriera Hockney ha compiuto un personale percorso anarchico-tradizionalista, interpretando con stile personale temi classici della storia dell’arte come il ritratto e i paesaggi, sviluppandoli in un’eterogeneità di medium che hanno fatto la sua fortuna: dai dipinti alle stampe, fino alle sperimentazioni con l’iPad. Un successo ulteriormente consacrato dalla grande mostra che dal 9 aprile all’1 settembre gli dedica la Fondation Louis Vuitton di Parigi, la più ampia di sempre.
Così largo non è mai stato nemmeno il consenso del mercato, che in un 2024 (per altri, quasi tutti) complesso ha visto le vendite di Hockney crescere del 54% rispetto al 2023. In 10 anni, partendo dal 2014, l’incremento è stato addirittura del 1.180%. I 152,6 milioni di dollari generati l’anno scorso dalle aggiudicazioni in asta lo posizionano al settimo posto nella classifica mondiale delle vendite.
Turnover supportato dalla amplissima produzione grafica dell’artista, spesso più economica rispetto ai dipinti, che rende le sue opere appetibili a una vasta fascia di collezionisti. Sintomo di un apprezzamento esteso, trasversale e costruito nel tempo.

David Hockney, «Henry Geldzahler and Christopher Scott», 1969. Courtesy Christie’s Images Ltd. 2025
Per restituire la solidità del suo mercato possiamo citare due dati: il primo lotto dell’artista inglese a superare il milione di dollari in asta risale addirittura al 1989 («Deep and Wet Water», 1971); inoltre, dal 2000, il suo fatturato annuale non è mai sceso sotto i 2,5 milioni di dollari. Le opere più apprezzate, le più iconiche e ricercate, sono quelle realizzate negli anni Sessanta e Settanta sulla West Coast americana. Qui l’edonismo di una vita agiata si unisce all’inquietudine esistenziale che non abbandona i soggetti ritratti da Hockney, spesso amici, immortalati in contesti benestanti ma turbati da un’angoscia molle e inspiegabile. A condensare tali stimoli, l’iconografia della piscina, diventata negli anni l’elemento simbolo della sua poetica. Non è un caso allora che sia stato «The Splash» (1966), nel 2006, il suo primo lavoro a superare la soglia dei 5 milioni di dollari (5,3 per la precisione). Lo stesso dipinto che 13 anni dopo, nel 2019, sarebbe stato venduto da Sotheby’s per 29,9 milioni di dollari. Ancora oggi è il quarto lotto più prezioso, di Hockney, passato all’asta; nonché tassello fondamentale nella costruzione del suo immaginario.

David Hockney, «The Splash», 1966. Courtesy Sotheby’s
«Tutti sanno che uno schizzo non può essere congelato nel tempo, per questo quando lo vedi cristallizzato in un dipinto, è ancora più sorprendente che in una fotografia», racconta il pittore, rivendicando la raffinatezza tecnica con cui ha reso immortale l’effimero. Ma più che il movimento, quel che seduce delle sue piscine è la calma inquieta, riflessiva. Uno stato emotivo inquadrato in quella che è la sua opera più celebre e costosa: «Portrait Of An Artist (Pool With Two Figures)» (1972). Quando Christie’s l’aggiudicò per oltre 90 milioni di dollari, divenne il lavoro più caro per un artista vivente (oggi superato da «Rabbit» di Jeff Koons, 91 milioni di dollari). Un uomo, completamente vestito, ne osserva un altro nuotare.
Se narrativamente la scena si apre a disparate suggestioni, inequivocabile il valore tecnico del lavoro pittorico, minuzioso e luminoso, sfaccettato e preciso. Il tema del doppio ritratto, ricorrente nella produzione di Hockney, è anche al centro di «Henry Geldzahler and Christopher Scott» (1969). Il dipinto raffigura il curatore del Metropolitan Museum of Art insieme al suo compagno del tempo e certifica il confronto (vinto) del pittore nel campo degli interni. Successo confermato dalla crescita che l’opera ha vissuto in asta in meno di trent’anni: passata di mano per 1 milione di dollari nel 1992, nel 2019 è stata battuta per 49,5 milioni di dollari. Al momento, la seconda più preziosa aggiudicata in asta. Nella specifica classifica, a ricoprire la terza posizione è «Nichols Canyon» (1980), venduto nel 2020 da Phillips per 41 milioni di dollari. Il paesaggio è quello che Hockney osservava dalla sua casa di Hollywood Hills, dove viveva nel 1980, e che attraversava ogni giorno per recarsi al suo studio di Santa Monica Boulevard. Cinquina d’eccellenza chiusa da «Sur la Terrasse» (1971), passato all’incanto da Christie’s nel 2019 per 29,5 milioni di dollari. L’uomo che si affaccia su un paesaggio marocchino è Peter Schlesinger, al tempo compagno di Hockney e protagonista anche di «Portrait of an Artist (Pool with Two Figures)». Gli amici, le loro case, i paesaggi che gli stanno attorno. Un repertorio solo all’apparenza semplice, che ci ricorda come spesso il segreto di una vita vissuta, o di una carriera di successo, non può essere nascosto troppo lontano da noi.
Altri articoli dell'autore
Dal 7 al 13 aprile l’opera del designer Christian Grande celebra l’immaginario e la poetica legata al mondo della nautica nel cortile dell’edificio milanese
Arte, tecnologia e intrattenimento trasformano la Chiquita House in uno spazio pop dove uomo e natura si divertono insieme
Nella Cattedrale della Fabbrica del Vapore, a Milano, per la Design Week sono allestite otto stazioni-isole che raccontano la personalità eclettica di una figura chiave della creatività italiana dell’ultimo secolo
Dal 3 aprile al 17 ottobre 2025, il museo debutta con 40 acqueforti di Enrico Baj ispirate al «Paradiso perduto» di John Milton