«Senza titolo» (1980) di T'ang Haywen

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«Senza titolo» (1980) di T'ang Haywen

Printemps asiatique: tra fiere, mostre e aste

Nella capitale francese al via sette giorni di incessanti iniziative che dalla Pagode si estendono su tutto il territorio urbano

Printemps asiatique, la fiera d’arte asiatica della capitale francese, alla sua 7ma edizione (dal 6 al 13 giugno), si vuole ancora più grande e internazionale. Sono 58 quest’anno le istituzioni che partecipano all’evento (contro 38 rispetto alla prima edizione del 2018), di cui 30 gallerie. Circa dieci sono straniere, e tra queste figurano alcuni grandi nomi del settore, come Gregg Baker e Carlo Cristi (Bruxelles), Marcel Nies (Anversa), Carlton Rochell (New York) e Tenzing (San Francisco), alcuni dei quali partecipano per la prima volta.

L’ambizione del presidente della fiera, il gallerista parigino Christophe Hioco, è di fare di Printemps asiatique, che ha superato dal 2023 la crisi legata alla pandemia di Covid, con la lunga chiusura della Cina, «un punto culminante del mercato dell’arte asiatica», in un momento in cui la piazza parigina rivaleggia con Londra, che subisce l’impatto della Brexit, e New York. Lo scorso anno, la fiera creata nel 2018 da Antoine Barrère su modello dell’Asia Week New York e dell’Asian Art in London, ha attirato circa 3mila visitatori.

Anche per questa edizione, così come dal 2022, le gallerie sono accolte negli spazi della Pagode, dimora di ispirazione cinese, vicino al Parc Monceau di Parigi, fatta costruite dal mercante d’arte e collezionista Ching Tsai Loo (1880-1957). Gregg Baker propone un paravento giapponese a sei pannelli dipinto a inchiostro d’epoca Edo (XVII-XVIII secolo) e Carlo Cristi una scultura indiana di Buddha, seduto in postura Vajrasana, con le gambe incrociate, del periodo Pala (XI-XII secolo).

Da Ollemansn e Runjeet Singh (entrambe di Londra) sono presentati rispettivamente un importante collier d’oro, coralli e turchesi del Nepal (XIX secolo), e un pregiato pugnale Kilij in giada Mughal (primo XVIII secolo). Tra le gallerie parigine, Jean-Christophe Charbonnier propone un’armatura da samurai (XVIII-XIX secolo), Christophe Hioco le ceramiche dell’artista giapponese contemporaneo Yukiya Izumita, Toit du Monde un copricapo di Vajrasana, in rame e argento, del Nepal (XVIII secolo), mentre Looloolook presenta un solo show di Karen Watanabe, artista giapponese che lavora con la tecnica orientale kirigami di intaglio della carta.

La fiera è accompagnata da un fitto programma di eventi collaterali nelle istituzioni partner, con dibattiti e conferenze (di cui uno, l’8 giugno, sui 60 anni di relazioni diplomatiche tra la Francia e la Cina), e si prolunga nei musei, il Louvre, il Cernuschi o ancora il Guimet, il museo d’arti asiatiche di Parigi, dove sta per chiudere, il 17 giugno, una monografica del pittore franco-cinese T'ang Haywen, morto nel 1991 (i cui lavori sono esposti anche nello stand di Jean-François Cazeau), e apre «Nel cuore del colore» (12 giugno-16 settembre), una mostra di porcellane monocrome cinesi dall’VIII al XVIII secolo. Printemps Asiatique è anche sinonimo di aste, con vendite d’arte orientale e asiatica organizzate dalle maggiori maison, da Sotheby’s (14 giugno) a Christie’s (13 giugno). Anche l’Hôtel Drouot presenta un fitto calendario di vendite, con Bonhams-Cornette de Saint Cyr che disperde la collezione di Jules Speelman (11 giugno), in cui figurano tre statuette del Tibet e del Nepal stimate tra 600mila e 800mila euro, e Tessier Sarrou che mette all’asta (12 giugno) una campana rituale cinese bianzhong di epoca Kangxi (1662-1722), stimata 200mila-300mila euro.

«Jellyfish» (2021) di Karen Watanabe

Luana De Micco, 04 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Printemps asiatique: tra fiere, mostre e aste | Luana De Micco

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