Dopo aver ispirato una produzione artistica che, a partire dal presepe di Greccio del 1223 attribuito a San Francesco d’Assisi, si è imposta in particolare a Genova e Napoli nel XVII e XVIII secolo, il presepe ha continuato a stimolare la creatività degli artisti per il suo farsi tramite tra religiosità e quotidianità. È ora oggetto di analisi della mostra «Admirabile Signum. Il presepe tra arte antica e contemporanea», allestita a La Spezia presso la Fondazione Carispezia (dall’11 dicembre al 30 gennaio).
Ideata da Emanuele Martera, che ha coordinato immagine e allestimento, e curata da Lara Conte e Alberto Salvadori, la mostra prende le mosse dalla messa in scena (curata da Giulio Sommariva e Simonetta Maione con Andrea Marmori) di tre presepi provenienti dal Museo Civico Giannettino Luxoro di Genova: un piccolo presepe genovese con figure policrome scolpito nel 1763; un nutrito gruppo di figure a manichino, realizzate sempre a Genova intorno al 1610, e un presepe di sagome dipinte di area lombarda. Queste ultime, come ci spiega Marmori, sono esposte «contestualizzate con il conforto degli apparati architettonici che mantengono integra la suggestione teatrale. Le statuine sono invece disposte su tre scalinate, che ne amplificano l’affollamento».
I tradizionali modelli di rappresentazione dialogano quindi in mostra con le installazioni di alcuni protagonisti dell’arte contemporanea. Come chiarisce la curatrice Lara Conte: «Nel corso dell’epoca contemporanea gli artisti si sono confrontati con il tema del sacro e del presepe, che hanno reinterpretato l’iconografia e la dimensione figurativa tradizionale per trovare nuove chiavi di lettura e di esplorazione della spiritualità, attraverso una libertà espressiva quasi sempre condotta al di fuori di una committenza religiosa».
E così per Maria Lai il presepe, rivisitato con materiali poveri, diventa il luogo di connessione tra la dimensione del sacro e quella dell’origine e dell’identità; per Fausto Melotti un’occasione di avvicinamento senza retorica a un tema universale; per Michelangelo Pistoletto, di cui si espone «Paesaggio» della serie «Oggetti in meno» (1965-1966), un momento di riflessione sull’essenza di questo sacro simbolo che va oltre il sentimento religioso e investe la sua stessa sfera autobiografica.
Infine il «Presepe foresta» di Roberto Almagno (2001) e il «Presepe blu notte» di Guido Strazza (2007) rinunciano a un approccio figurativo in favore di suggestive varianti estetiche del modello tradizionale, mentre l’installazione luminosa di Marco Lodola intende, nella sua ludica caratterizzazione pop, comunicare un messaggio di speranza.