Elena Correggia
Leggi i suoi articoliIstituito in linea con l’impegno della Fondazione Bracco nella promozione del merito e delle competenze femminili in collaborazione con la Fondazione Roberto de Silva e Diana Bracco, il Premio Diana Bracco-Imprenditrici ad arte celebrerà la sua seconda edizione alla prossima Artissima. Anche quest'anno sarà accompagnato da una rubrica di approfondimento e riflessione sulla figura dell’imprenditrice nel mondo dell’arte. Sei gli appuntamenti previsti, a partire da un’introduzione sulla nascita della figura della gallerista nel corso del secondo Novecento. A seguire, le interviste con le tre giurate: Chiara Parisi (direttrice del Centre Pompidou, Metz), Giovanna Forlanelli (presidente della Fondazione Luigi Rovati, Milano), Isabella Bortolozzi (fondatrice di Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino), oltre alla vincitrice del premio 2024 e, infine, alla promotrice Diana Bracco.
Medico, imprenditrice nel settore farmaceutico, ma anche collezionista d’arte e promotrice di cultura attraverso la Fondazione Luigi Rovati, che presiede. Dottoressa, la sua formazione scientifica si unisce a un percorso in cui cultura e creatività sono molto presenti: quando nasce in lei la passione per l’arte e come si integra con il suo lavoro?
La mia passione per l’arte nasce durante gli anni in cui, dopo la laurea, ho lavorato nell’azienda farmaceutica di famiglia, che mi ha dato la possibilità di viaggiare in tutto il mondo, e in ciascun Paese cercavo sempre di visitare musei, luoghi o monumenti: questo è stato per me il modo migliore di conoscere e mi ha anche portato alla scoperta dell’arte. Il tutto è stato anche facilitato dal fatto che cultura scientifica e sensibilità all’arte non sono affatto opposti, ma sono due mondi che si integrano. Abbiamo portato l’arte innanzitutto all’interno dell’azienda, un luogo in cui si faceva ricerca scientifica, proprio perché i ricercatori, anche se su argomenti diversi, hanno un approccio al conoscere e al fare che è esso stesso creatività, non diversa dalla creatività degli artisti. Quando si parla di cultura umanistica ci si deve quindi riferire a questa grande sintesi del sapere e la Fondazione Luigi Rovati nasce e sviluppa le proprie attività nell’ambito di questa sintesi.
Per professione, ma anche per interesse personale, è spesso a contatto con numerose artiste e professioniste del mondo dell’arte. Quali sono a suo avviso i fattori che hanno agevolato l’aumento della presenza femminile in questo settore? E come le donne stanno contribuendo a cambiare il mondo dell’arte?
Ho molte amiche artiste e anche amiche galleriste, non credo che ci siano dei fattori particolari che hanno agevolato l’aumento della presenza femminile, ma credo che la curiosità intrinseca di una donna, la voglia di cambiare, l’impegno pratico e soprattutto la costanza hanno contribuito a far crescere molte delle grandi galleriste italiane anche a livello internazionale. Come stanno contribuendo a cambiare il mondo dell’arte? Lo stanno facendo con grande curiosità, andando a recuperare figure di artisti che magari non così conosciuti, ma che hanno comunque contribuito a sperimentare e a creare nuovi linguaggi. Negli ultimi anni però si è anche assistito a un fenomeno, per me fin troppo ossessivo, sulla riscoperta delle donne artiste.
Fare impresa richiede una buona propensione al rischio, ancor più in un settore come quello dell’arte contemporanea. Quali sono gli ostacoli ancora da rimuovere per una piena presenza femminile in questo ambito?
Forse ancora qualche ostacolo c’è: non è facile avere degli aiuti per iniziare, dei sostegni o dei finanziamenti da parte di istituzioni, come le banche, che potrebbero sostenere in particolare questo impegno delle donne. Ma sicuramente uno degli ostacoli maggiori è ancora oggi una minore considerazione e forse anche un pregiudizio nei confronti delle galleriste donne. Ma se pensiamo al duo Ileana Sonnabend-Leo Castelli, sicuramente chi ha vinto e chi ha veramente innovato nell’arte portando Leo a diventare il grande gallerista che è stato, fu Ileana.
Arte e cultura fanno parte da sempre del Dna dell’Italia e costituiscono un fattore essenziale per l’economia del Paese. Perché è ancora così difficile fare impresa culturale in Italia e in che modo riconoscimenti come il Premio Bracco possono favorire una crescita di questo settore?
Credo che sia un po’ da sfatare il mito secondo cui è ancora così difficile fare impresa culturale in Italia, non perché non ci siano le disponibilità, ma probabilmente proprio per un modo generale di operare nel nostro Paese. Fare impresa, che sia culturale piuttosto che un’impresa di tipo commerciale o industriale, è sicuramente complesso, ma di certo ha un grandissimo valore, al di là dell’impatto economico generato. Il fatto che un’azienda come Bracco, che è un’eccellenza nel settore delle lifescience, investa e creda nello sviluppo dell’imprenditoria femminile anche in un settore così diverso, come è quello dell’arte, è particolarmente significativo, in una prospettiva sia strettamente culturale, che sociale ed economica.
Quali sono le qualità che apprezza di più in una gallerista e che incideranno sulla sua scelta nella vincitrice del premio?
Serietà, curiosità e apertura e quindi non lavorare solo con artisti «di moda» con il solo obiettivo del guadagno, ma fare costantemente un lavoro di ricerca, e, soprattutto, sostenere i nuovi giovani artiste o artisti nella loro crescita.
Altri articoli dell'autore
Cento immagini e sette sezioni ricordano l’autore franco-americano che lavorò per l’agenzia Magnum, pochi mesi dopo la sua scomparsa
La rubrica di approfondimento dedicata al premio promosso dalla Fondazione Bracco in collaborazione con la Fondazione Roberto de Silva e Diana Bracco, che celebra la figura dell’imprenditrice in ambito artistico
Complice forse la Biennale 2022, il movimento di inizio Novecento è oggetto di un rinnovato interesse del mercato (a scapito di Astrattismo e Concettuale): Magritte il più amato (forse toccherà i 100 milioni), Leonor Fini con margini di crescita, e Dalí, Miró, Tanning e Sage sempre di successo
Antichi maestri, oggetti da Wunderkammer e Indiana nel menù d’autunno della casa d’aste